126. Voglio tornare a casa

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SETTE ANNI PRIMA

TOUYA POV

"Chi sei? E perché sei nel giardino di casa mia?" Chiese la bambina tirando su con il naso e pulendosi con la manica della maglietta rosa che indossava.
Come mi trovai in quella situazione?
Ah giusto, ero tornato a casa sperando di trovare una famiglia diversa. Sperando di trovare un padre di diverso.

Perché ho pensato che lui sarebbe potuto cambiare? Perché stava picchiando Shoto in quel modo? Perché non sono mai venuti a cercarmi? Non ero così lontano da casa eppure hanno preferito credermi morto.
Cos'avevo fatto per meritarmi tutto questo?
Troppe immagini e dubbi affollavano la mia mente mentre mi allontanavo da quel posto che non si poteva considerare casa.

Mio padre era ancora lì, in quella stanza, a picchiare mio fratello fino al vomito e al sangue e non potevo capacitarmene. Non volevo. La mia mente non riusciva ad assimilare quelle immagini. Uscì come un fantasma da quella casa, dirigendomi verso il giardino dei vicini per potermene andare inosservato ma non avevo tenuto conto della bambina seduta in mezzo al cortile che piangeva.
Me ne sarei dovuto andare senza fermarmi, senza guardarmi indietro, perché la mia testa non sarebbe riuscita a gestire anche quello e fu così in seguito.

Ma il mio corpo si mosse da solo, si fermò nel mezzo del cortile e si girò verso di lei avendo riconosciuto la piccola Mei che ormai si era fatta più grande.
La bambina girò la testa di scatto quando sentì una presenza dietro di lei e per me fu troppo tardi per potermene andare.
"Chi sei? E perché sei nel giardino di casa mia?" Chiese la bambina tirando su con il naso e pulendosi con la manica della maglietta rosa che indossava.

Mi lasciò spiazzato, cosa potevo mai rispondergli ora? Era un miracolo che non mi avesse riconosciuto ma con le cicatrici che mi ritrovavo in faccia sarebbe stato impossibile. Forse una parte di me ci sperava, ci contava quasi.
Mei si alzò e mi venne incontro fissando il mio viso con occhi curiosi ma non sembrava né spaventata né disgustata da ciò che vedeva.
"I tuoi genitori non ti hanno mai detto di non parlare con gli sconosciuti?" Gli chiesi aspettandomi una certa timidezza da parte sua, ma il suo viso non sembrava minimamente intimidito dalla presenza di uno sconosciuto nel suo giardino.

"E i tuoi che non ci si intrufola in casa degli altri?" Chiese di rimando incrociando le piccole braccia al petto con una certa arroganza così ridacchiai. Era cresciuta con un bel caratterino.
"Touché" Dissi annuendo "Quindi chi sei?" Chiese nuovamente lei piegando la testa di lato.
"Un vecchio amico di famiglia. Tu perché piangevi?"
Una parte di me sapeva già la risposta a quella domanda ed era spaventata dall'avere ragione. Un'altra parte, per quanto piccola, sperava ancora che le cose fossero migliorate.

Il viso della bambina s'incupì di nuovo, perdendo la sfrontatezza di poco fa.
"Non posso dirlo." Abbassò la voce, abbastanza da poter sentire, in lontananza, le urla di mio padre dall'altra parte della casa.
"Si tratta delle urla che sentiamo da quella casa?"
Lei annuì senza aggiungere altro per poi tornare a sedersi sul muretto in cui si trovava poco fa. Mi andai a sedere al suo fianco, tenendo una certa distanza per paura che potesse essere troppo disgustata dalla mia vista.
"È sempre così?" Chiesi girando la testa verso di lei, mentre Mei fissa un punto vuoto davanti a sé.

"Spesso. E non so cosa fare per farle smettere." Rispose tirando nuovamente su con il naso e asciugandosi con la manica. Di certo Aiko non sarà contenta una volta che si vedranno.
"A volte dobbiamo rassegnarci al fatto che non è possibile farle smettere."
Mi resi conto che quelle parole erano più per me stesso che per lei. Per anni avevo sperato di far sparire le urla da quella casa e, in quel momento, non solo non erano sparite, ma erano anche aumentate.

L'immagine di mio fratello steso per terra sul suo stesso vomito non voleva lasciare la mia mente è un brivido mi percorse la schiena rammentandomi quella sensazione d'impotenza e terrore davanti a mio padre. O quello che sarebbe dovuto essere un padre.
"Hai un viso familiare." La voce di Mei ruppe il silenzio che si era creato mentre tornò a scrutare il mio viso con attenzione.
"Te l'ho detto che sono un amico di famiglia, mi avrai visto in qualche foto o in giro." Dissi cercando di far cadere l'argomento.
Ma in fondo ero felice.

Forever and Always - Shoto x OCDove le storie prendono vita. Scoprilo ora