8 - Steve

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Ho perso la cognizione del tempo circa mezz'ora fa. Sono ancora chiuso in bagno con Eddie Munson, questa situazione è al limite del ridicolo.

Fuori di qui i rumori si sono fatti sempre più vicini e poi qualcuno è entrato in casa. Ora ce ne stiamo muti, Eddie seduto a terra con la schiena poggiata alla parete. Io sono rimasto in piedi a braccia conserte, non ho la minima intenzione di toccare nessuna superficie di questa casa, figurarsi il bagno. Cristo santo, non posso crederci che siamo in casa di uno spacciatore. Chi cazzo me lo ha fatto fare? Ora faccio il baby-sitter anche per adulti.

Mi spalmo una mano sulla faccia. Cerco di sospirare senza far rumore, ma Eddie poggia comunque un dito sul labbro inferiore per invitarmi al silenzio. Ha un mezzo sorriso che mi fa sentire preso per il culo, perciò comincio a innervosirmi.

Mi affretterei a trovare una soluzione per sbloccare la porta, se non sentissi dei passi avvicinarsi. Anche Eddie si fa serio e drizza le orecchie. La maniglia si abbassa, ma fortunatamente la porta resta bloccata e dall'altra parte non insistono.

«Qui non c'è nessuno, Jason» sentiamo pronunciare al di là della porta.

«Cazzo» sussurra Eddie, alzandosi in piedi e brandendo un asciugamano arrotolato.

Stavolta sono io a fargli cenno di restare in silenzio. Lui si blocca al centro del bagno, i capelli ancora gocciolanti sul petto tatuato. Eddie ha un sacco di tatuaggi – petto, braccia, gambe –, me ne accorgo solo ora che è mezzo nudo e indossa jeans strappati.

Mi giro verso la porta e avvicino l'orecchio. I rumori diminuiscono e capisco che si stanno spostando verso un'altra stanza.

«Come diavolo hanno fatto a sapere che ero qui?» sussurra ancora.

«Vuoi stare zitto o preferisci essere pestato a sangue dagli amichetti di Jason Carver?» sussurro anch'io, nonostante l'incazzatura imminente.

Eddie mi guarda come se volesse incenerirmi con lo sguardo, l'asciugamano-arma puntato verso di me. È un sentimento condiviso, vorrei dirgli, ma preferisco non rischiare di essere trovati.

Eddie sbuffa, si volta e inizia a sbottonarsi i pantaloni.

«Che cazzo...?» sbotto a bassa voce.

«Devo pisciare. Girati se ti senti a disagio, bambinone.»

Che situazione di merda. Mi volto subito, fisso la porta di legno così intensamente che spero quasi di sviluppare poteri sovrumani e buttarla giù con la sola forza del pensiero.

«Sei un idiota. E basta con questo "bambinone".»

«Mi piace quando mi insulti.»

Ma che cazzo?! Mi giro solo per scoccargli un'occhiataccia. Lui mi guarda da sopra una spalla, strizza l'occhio e torna alle sue faccende. È pazzo. Munson non sarà un assassino ma è completamente folle.

«Non ti facevo così pudico, Steeeve» commenta, trascinando le vocali del mio nome senza alcun motivo razionale.

Incrocio le braccia e rilascio un verso scettico, continuando a dargli le spalle anche se l'ho sentito girarsi. «Non mi conosci per niente, infatti. E fammi un piacere: non fare più ipotesi sul mio conto, ok? Quando uscirai di qui non saremo costretti a frequentarci. Abbiamo già stabilito che non andremo d'accordo in nessun caso.»

«Ma saremo costretti a vederci ogni tanto. Dustin è un amico, non rinuncerò a lui e al Club solo perché mi stai sul cazzo.»

La sua voce tesa e rauca nonostante i sussurri mi convince a voltarmi per affrontarlo. «Ah bene, l'hai ammesso finalmente.»

These Cynical Eyes // SteddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora