31 - Eddie

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Quando chiudo la chiamata, il telefono mi cade dalle mani, sento il tonfo con cui si scontra con l'asfalto, il rumore rimbomba nel silenzio. Mi fa male lo stomaco come se avessi ricevuto un pugno improvviso a piegarmi in due. Mi giro a destra e sinistra, stordito, e apro la bocca per cercare ossigeno, anche se ho la sensazione di annaspare.

Due minuti fa riuscivo ancora a respirare, nonostante il nervosismo. Poi è squillato il telefono. Ho visto il numero di Steve, ho pensato avesse qualcosa di importante da dirmi e ho risposto. Mi aspettavo la sua voce apprensiva, piena del solito amore a cui non riesco ancora a fare l'abitudine, invece ne ho sentita un'altra. Più sottile, acuta. Il saluto di un angelo.

Un angelo che si è trasformato nel diavolo.

Devo correre all'indirizzo che mi ha dato prima che sia troppo tardi. Sono talmente stordito che non ricordo in che direzione sia la strada che cerco, né se posso arrivarci rapidamente a piedi. Il cuore mi martella nel petto come se avesse tutte le intenzioni di lacerarmi la carne e balzare fuori.

D'impulso mi metto a gridare l'unico nome a cui chiedere aiuto. Tento di mantenermi saldo, ma l'urlo diventa fin troppo presto un singhiozzo.

«Eddie!» esclama Hopper sbucando da un intrico di alberi. «Santo Iddio, ragazzo, stai bene? Eravamo qui, ma non abbiamo visto niente. Ti ha colpito?»

«Hopper...» ripeto in un sussurro. Indico il cellulare a terra. «Ha preso Steve.»

Le sue braccia mi stringono alle spalle per scuotermi e farmi tornare in me.

«Chi? Chi è stato?»

«È lui il colpevole» articolo a mezza bocca.

«Eddie, respira. Dimmi il nome.»

«Ballard» esalo alla fine.

Impallidisce. «Che diamine stai... sei sicuro?»

«Mi ha detto che se voglio rivedere Steve devo raggiungerlo. Adesso.»

«Tu in queste condizioni non vai da nessuna parte. Saremo noi a...»

«Tu non capisci» lo interrompo prendendolo per il bavero della giacca. «Lo ucciderà come ha fatto con Chrissy e Jason, non si fermerà davanti a niente, se non lo accontenterò. Vuole me. Se vedrà la polizia, se la prenderà con lui.»

Mi obbligo a non immaginare cosa gli farebbe, non è questo il momento di andare fuori di testa. Lascio Hopper e mi afferro un polso con la mano. Conficco le unghie nella pelle per costringermi a rimanere lucido e non permettere al terrore di distrarmi.

«È escluso che ti avvicini da solo. Dimmi dov'è.»

«Muoviamoci, intanto, inventeremo un piano strada facendo. Ma non possiamo perdere altro tempo. Se Ballard crederà che sto tentando di inventarmi qualcosa per fregarlo, sarà Steve a farne le spese.»

Finalmente Hopper si lascia convincere e andiamo verso la sua volante. Mentre lui si coordina con gli altri agenti e dà disposizione di tenere pronti i rinforzi, io ne approfitto per infilarmi in una delle auto vuote della polizia. La chiave è stata lasciata nel quadro, fortunatamente, perciò non perdo neanche un istante a mettere in moto e dare gas prima per seminarli.

***

La porta è stata lasciata socchiusa, probabilmente in mio onore. La spalanco lentamente, quasi mi aspetto di sentire il cigolio sinistro da film dell'orrore, invece mi accoglie il silenzio. La casa è immersa nel buio notturno, l'argentea illuminazione che mi permette di spostarmi viene dalla luna piena. Esamino l'intero primo piano, ma l'abitazione sembra deserta. Non so neanche se Ballard abiti qui o abbia scelto questa location per l'occasione.

These Cynical Eyes // SteddieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora