Capitolo 26

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Nemmeno si erano accorti che tra una chiaccherata e l'altra, tra un litigio e un chiarimento, si era fatta mattina e il sole stava sorgendo.
Dalla portafinestra del salotto, Marinette vide l'orizzonte iniziare a illuminarsi e tingersi di rosso, e le stelle diventare sempre più fievoli a causa del cielo azzurrognolo.
Il primo a guardare l'orologio in maniera stranita fu proprio Adrien, il quale sobbalzò dal divano e si scusò immensamente con Marinette per non averle dato la possibilità di riposare.
"Non avrei dormito in ogni caso sapendo che Louis ha la febbre." Gli aveva detto abbozzando un sorriso tirato.
In ogni caso, quel chiarimento tra i due ragazzi era d'obbligo e ancora adesso, dopo ore di chiacchere, non erano giunti a nessuna conclusione e né Adrien e né Marinette avevano accennato al passato burrascoso conseguente alla loro precoce separazione.
Avrebbero avuto bisogno di più tempo a loro disposizione per raccontare tutte le loro avventure, o per meglio dire disavventure, capitane negli ultimi quindici anni, e poche ore erano bastate a malapena ai due per discolparsi a vicenda, solo perché nessuno  aveva avuto il coraggio di prendere un aereo o tirare su la cornetta del telefono.
"Immagino..." Aveva detto Adrien reprimendo uno sbadiglio, ora che la tensione del momento e l'adrenalina nelle sue vene stava scemando sempre di più, il biondo si stava rilassando e i nervi non erano più tesi come una corda di violino.
"Vai a casa, sarai molto stanco." Gli fece notare Marinette sbadigliando a sua volta.
Ad Adrien scappò un sorriso che mascherò il suo risentimento verso di lei, nonostante avesse delle giustificazioni plausibili, nessuna di esse però convinse appieno Adrien, Marinette non aveva scuse per il gesto ignobile nei suoi confronti, ma capiva anche perché lo aveva fatto.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Adrien continuava a guardarla e chiedersi dove quell' esile ragazza avesse trovato un coraggio da leone per affrontare tutto da sola, dalla gravidanza al parto, per poi passare alla parte più difficile e complicata, ovvero la crescita di suo figlio.
Ma ora sarebbe stato diverso, lui era tornato e aveva tutte le intenzioni per stare vicino a loro.
Nonostante i dissapori tra i due ragazzi, Adrien doveva ammettere con sé stesso che Marinette non gli era indifferente e più la guardava, e più le farfalle nello stomaco sfarfallavano incessantemente solleticando le pareti e mandando così impulsi al cervello liberandogli la mente.
"Non mi sono nemmeno accorto del tempo trascorso..." Mormorò lui.
"Nemmeno io se è per questo. Per fortuna è domenica e non devo andare al lavoro."
"Che stupido, non ti ho chiesto nemmeno come sta andando." Adrien avrebbe continuato a parlare con lei per ore e viceversa.
"Mi hanno promosso capo stilista, ora dirigo io il reparto, ma devo comunque sottostare agli ordini del mio superiore."
"Sono davvero felice per te, ti meriti davvero il successo che stai avendo." Le poggiò una mano sopra la sua e subito Marinette si sentì pervadere da un senso di beatitudine e leggerezza.
I suoi occhi erano sinceri e al contempo tristi, leggeva la voglia di rimanere lì con loro, ma al momento Marinette non poteva dargli ciò di cui necessitava.
"Ti ringrazio." Sorrise lei tirando le labbra.
Ora che Marinette si era liberata di un grosso fardello poteva tranquillizzarsi e rilassare i nervi.
Sbadigliò sonoramente, ma riuscì comunque a mettere una mano davanti la bocca spalancata, facendo sogghignare Adrien.
"Vuoi che rimanga? Così ti riposi un po'" Gli uscì senza pensarci, come se fosse una cosa del tutto naturale.
Marinette lo fissò stranita e allo stesso tempo lusingata da quel gesto, sarebbe stato bello se fosse rimasto e badato a Louis per qualche ora affinché lei si potesse lasciar trasportare dalle braccia di Morfeo, ma era anche vero che non gli avrebbe permesso di rimanere lì.
Non perché non voleva che restasse da sola con suo figlio, più che altro per non confonderlo e dargli il modo di porgli delle domande a cui sarebbe stato difficile rispondergli.
"Ti ringrazio, ma non è necessario e poi anche tu devi riposare."
I cinque rintocchi del campanile li avvertì dell'orario di quel preciso momento.
Adrien si alzò per togliere il disturbo, ma fu in quel momento che la porta della camera di Louis si aprì scricchiolando e che il bimbo uscì da lì stropicciandosi gli occhi chiamando la mamma.
"Tesoro... Non dovevi alzarti." Marinette si prodigò subito di raggiungerlo mentre Adrien rimaneva impalato dietro di lei.
Louis aveva i capelli neri scompigliati e la fronte fresca grondava di sudore, persino il pigiamino era fradicio.
"Non sto più male, mammina."
"Lo vedo, ma è meglio se ritorni a letto." Louis guardò oltre sua madre notando che il suo amico era ancora a casa sua.
"Sei rimasto con la mia mamma?"
Adrien ebbe un tuffo al cuore, era la prima volta che sentiva la sua voce in chiaro rivolgergli la parola con sincerità.
"Sì, piccolo. Le ho fatto compagnia. Nel caso avesse bisogno."
"Ma stava andando via... Salutalo."
Louis alzò la mano con la quale teneva il pupazzo di Plagg e l'agitò più volte.
"È Plagg quello?" Gli chiese.
"Come fai a saperlo?" Fece di rimando il piccolo con la faccia sorpresa avvicinandosi a lui per mostrarglielo.
Adrien lo prese tra le mani ed ebbe subito la sensazione che fosse un prodotto artigianale imbastito da Marinette.
"Ne ho sentito parlare..." Disse alzando gli occhi al cielo con indifferenza.
Louis guardò prima a destra e poi a sinistra, sincerandosi che sia madre non lo stesse ascoltando o guardando, facendo segno ad Adrien di abbassarsi per parlargli all'orecchio.
"È il dio della distruzione. Lo sapevi? Chi lo possiede si può trasformare in Chat Noir." Sussurrò.
"Io l'ho visto." Parlò piano per seguirlo nel suo gioco e intanto Marinette continuava a supervisionare quella scenetta con occhi innamorati, rivolti a entrambi.
"Davvero? Anche la mia mamma." Confermò impaziente.
"Lo so."
"Ah!"
"Siamo amici da tanto tempo." Ammiccò Adrien.
"Perché non ti ho mai visto?" Louis assottigliò gli occhi con fare sospettoso.
"Ho fatto un lungo viaggio." Rispose lasciandolo alquanto perplesso.
"Sai anche il mio papà lo sta facendo."
A quelle parole, il cuore di Adrien si strinse in una morsa e poté percepire il momento esatto in cui si spezzò, e anche Marinette se ne accorse.
Deglutì e intervenne tempestivamente a salvare la situazione.
"Ora basta, Louis. Adrien è stanco, deve riposare." Lo disse in tono calmo, sorridendo mentre prendeva il bambino in braccio e lo portava lontano da suo padre.
"Può venire a giocare con me, più tardi?" Chiese innocentemente alla madre.
"Cer..." Stava per dire entusiasta prima che Marinette lo interrompesse.
"Forse... Bisogna vedere se la febbre è passata del tutto." Tirò gli occhi verso Adrien.
"La mamma ha ragione, piccolo. Ma ti prometto che ci vedremo ancora."
"Davvero?"
"Sì!" Affermò scompigliandogli la testolina.
"Tieni." Gli allungò il pupazzo dalle sembianze di Plagg che lui accettò. "... Te lo presto."
"Perché?"
"Ti proteggerà. La mamma dice che i wami lo fanno e che danno poteri."
Adrien sorrise e si sentì lusingato da quel gesto così spontaneo.
"Sei sicuro che non serva a te? Lo sai che potresti trasformarti in 'Chat Noir' se pronunci la formula magica?"
"Sì e un giorno sarò proprio come lui. Forte e coraggioso."
"Sai, Louis, ti confido un segreto..." Si avvicinò al piccolo e gli sussurrò all'orecchio che lui era meglio di Chat Noir.
Il piccolo aprì al massimo la bocca dopo aver udito quelle parole, sembrava lui sapesse che lo ammirava ed emulava ogni giorno e sentiva che si poteva fidare di quell'amico della mamma.
Louis continuava a guardarlo con molta complicità e stima, senza accorgersene gli appoggiò la manina sulla sua guancia.
"Sei molto gentile, signore."
"Ora è meglio che vada, ma ci vedremo presto. Ciao, piccolo." Poi Adrien salutò anche Marinette prima di chiudere la porta d'entrata.
*
Una volta a casa, Adrien si fiondò sotto la doccia con Plagg al seguito, proprio come i bei vecchi tempi.
Aprì l'acqua calda e la fece scivolare su tutto il corpo per lenire le ferite legate alla sera prima, ma nessun acqua bollente uguagliava il calore di quella manina appoggiata sulla sua gota.
Il cuore gli batteva ancora forte nel petto per l'emozione, quel piccolo fanciullo non lo conosceva affatto, eppure entrambi erano riusciti a stabilire una connessione con un solo sguardo.
"Sono padre, Plagg..." Mormorò notando lo spiritello farsi strada attraverso il vapore caldo, e un misto di emozioni scossero lo stomaco del biondo che brontolò.
"Lo so."
Era ovvio che ne fosse a conoscenza, pensò tra sé Adrien, al quale salì nuovamente il nervoso perché Marinette lo aveva tenuto all'oscuro.
"È il bambino più bello del mondo: ha gli occhi di mia madre e il sorriso di Marinette."
"Aggiungiamoci anche il tuo carattere testardo e la ricetta è preparata." Sentenziò ricordando la fatica di Marinette nel farsi ascoltare, soprattutto alla sera quando arrivava il momento di lavarsi i denti e correre a letto.
"Davvero?"
Plagg annuì con il capo.
"Voglio passare più tempo con lui." Adrien chiuse il rubinetto e si avvolse con la spugna morbida frizionando prima il proprio corpo dalle gocce d'acqua e poi i capelli, scompigliandogli.
"Dai modo a Marinette di abituarsi alla tua presenza."
Il biondo sospirò "Lo so che l'ho fatta soffrire, ma non è giusto avermi negato la mia paternità... Se solo me lo avesse detto... Forse ora le cose sarebbero diverse tra noi."
Plagg fece spallucce "Non è mai troppo tardi per tornare indietro."
"Credo di non averla mai dimenticata, Plagg. L'amo ancora." Buttò fuori poggiando le mani sulla porcellana fredda del lavabo.
"Allora diglielo."
"Non credo sia una buona idea." Adrien alzò appena il volto riflesso sullo specchio, vide un ragazzo di trent'anni che si disperava ancora per la stessa ragazza, dalla quale aveva avuto un figlio.
"Perché no?"
"Sono sicuro che lei non mi vuole più nella sua vita, ma non potrà esimersi. Abbiamo un figlio insieme..."
"Tecnicamente sì."
"Che vuoi dire? Che se Marinette lo volesse mi negherebbe il fatto di vedere Louis?"
"Dico solo che non è ufficiale. Cioè... Non è che me ne intenda di queste cose, ma una volta l'ho sentita mentre confabulava con sua madre su questo. Sabine insisteva perché te lo dicesse."
"Marinette mi ha detto anche questo..." Mormorò infilandosi il pantalone di cotone nero, rimanendo poi a petto nudo.
"... Comunque hai ragione, pensandoci bene, Louis, ha il cognome di Marinette. Ma mi basterà riconoscerlo. Più tardi la chiamo e glielo dico." Adrien allungò una mano e schiacciò il pulsante per abbassare la tapparella, non aveva per niente sonno, ma doveva riposare.
Tra qualche ora sarebbe arrivato suo padre e doveva essere pronto per accoglierlo e raccontargli la novità... Chissà come l'avrebbe presa.
"Ti ha dato di volte il cervello, forse?" Sputò fuori il kwami della distruzione come la vipera fa con il veleno.
"... Come puoi chiedere a Marinette una cosa del genere?"
"Si tratta di mio figlio, Plagg. E ho tutte le intenzioni di riprendermi ciò che mi è stato negato."
"Non così, non è la giusta via... La farai infuriare e rischi che non ti voglia vedere mai più."
Pensandoci bene, Plagg aveva ragione; mannaggia alla sua impulsività e se non avesse avuto quell' esserino petulante con lui a consigliarlo al meglio, sicuramente avrebbe commesso un errore gravissimo.
"Va bene, Plagg. Ci andrò con i piedi di piombo. Però più tardi la chiamerò per sentire se Louis sta bene."
Adrien si sistemò meglio sotto le coperte.
"Pensa anche a lei." Aggiunse il dio della distruzione in tono arrendevole.
"Sempre."
*
Continua

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