41 - 𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜 𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜.

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Ed io sceglierei te, in cento vite,
in cento modi, in ogni tipo di realtà.
Ti troverei e sceglierei te.
Sempre.


𝓓ire che mi sentivo felice era quasi un eufemismo.

Ero al settimo cielo, avevo accanto a me l'uomo perfetto.

L'uomo che amavo più di ogni altra cosa.

Ero felice di non essermi mai arresa con Can. Mai.

E Dio solo sapeva cosa aveva smosso dentro di me la prima volta che mi aveva guardata negli occhi.

Lui aveva fatto la differenza, mi aveva cambiata e adesso, non osavo più immaginare la mia vita senza di lui.

«Dove stiamo andando?» gli chiesi, voltandomi verso di lui, che sorrise, «Non posso dirtelo» mi rispose, con aria divertita, aggrottai la fronte confusa, «Che significa che non puoi dirmelo?» chiesi di nuovo, «Significa che non posso dirtelo» ripeté ridendo, sistemai la cintura e mi voltai completamente verso di lui, «Un'altra sorpresa?» chiesi, trattenendo un sorriso, Can annuì, ma non si voltò.

Che aveva organizzato questa volta?

«Un indizio?» gli chiesi, quasi supplicandolo, lui scosse il capo ed allungò un braccio, poggiandolo sulla mia gamba, «Ti prego!» lo supplicai ancora, avvicinando il mio viso al suo, lui però scosse il capo, «Stavolta non c'è proprio verso di convincermi, mi dispiace» asserì serio, lo fissai in silenzio, aggrottando la fronte.

Non riuscivo nemmeno ad immaginare cos'avesse potuto organizzare.

Mi aveva portata da poco allo chalet, quindi adesso, di che cosa si trattava?

Che sorpresa mi aveva organizzato?

«Stavolta devi essere paziente amore mio» affermò, voltandosi, accennando un sorriso, «Lo so, ma vorrei solo un indizio!» replicai contrariata, «Tu fidati di me» mi disse Can, facendomi l'occhiolino, «Uff! Va bene, aspetterò...» concordai rassegnata, incrociando le braccia al petto.

Probabilmente c'era un motivo se voleva che rimanesse una sorpresa.

Non avrei insistito, avrei aspettato.

Anche se la curiosità si era ormai impadronita del mio corpo.

«Manca molto?» osai chiedere, mentre mi torturavo le mani nervosamente, Can sorrise, visibilmente divertito, «No, siamo quasi arrivati ormai...» rispose con lo sguardo rivolto alla strada di fronte a sé.

Quando guardai fuori dal finestrino vidi che eravamo in una zona della città a me sconosciuta. Era un quartiere molto bello, con tantissime villette a schiera.

«Come mai siamo qui?» gli chiesi, confusa, Can non mi rispose, parcheggiò l'auto ai lati della strada, di fianco il marciapiede e spense il motore.

Proprio non capivo cosa ci facessimo lì.

«Scendiamo» affermò, più come un ordine in realtà.

Feci come disse, recuperai la borsa e scesi.

Can fece il giro dell'auto e mi venne incontro, abbracciandomi da dietro, stringendomi a lui, tra le sue braccia possenti.

«Vedi quella bellissima villetta bianca davanti a te?» mi chiese, indicandomela, annuì, aggrottando di nuovo la fronte, non capendo però dove volesse arrivare.

Era una villa stupenda, a due piani, con un'ampia veranda, circondata da un immenso giardino.

«E' nostra» affermò Can, fiero, «Cosa?» gli chiesi incredula, alzando il tono di voce, lui annuì, mostrando poi un bellissimo sorriso, «E' nostra!» ripeté.

𝐋𝐨𝐬𝐭 𝐨𝐧 𝐘𝐨𝐮 || Can YamanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora