Capitolo 28: La situazione è sotto controllo

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Finalmente dopo due ore consecutive di incantesimi illusori ("Jade ora tocca a te." "Scusi io sono Jade..." "Cosa? E questo allora..?" "Io sono Mindy in realtà." "Miseriaccia...") paralizzanti ("..." "Ehm Ron? Ha funzionato... ora che faccio?" "..." "Aiuto?") ed esplosivi ("Fai attenzione, Lia è 'Bombarda' non 'Bombarba', si esatto! No! Non addosso a me!") i tre amici si diressero verso il limitare del bosco per montare la guardia durante le ore di studio sui libri, le lezioni di rune antiche sarebbero ricominciate solo dopo il ritorno di Hermione. Quando raggiunsero un posto tranquillo dove riposarsi, Ron aveva i capelli bruciacchiati e il volto sporco di fuliggine, Grover uno zoccolo paralizzato e i capelli di Jason erano ancora di un innaturale colore verde menta, la maglia leggermente carbonizzata e stracciata ai lati, ma nel complesso stavano bene.
Arrivato alla radura il satiro si accasciò contro il tronco di un albero scivolando a terra. "Non c'è la faccio più! Detesto la magia.. e sono uno satiro!" Si lamentò giocherellando con il suo flauto di canne.
Un fiore giallo spuntò vivace quando fischiettò un motivetto improvvisato.
"Ti capisco." Sbuffò Ron sedendosi di fianco a lui. "Ed io sono un mago!"
"Io non sono né un mago né un satiro, ma dopo oggi non so se voglio andare allo spettacolo di magia del padre di Piper..." Decretò Jason corrugando le sopracciglia. "Decisamente troppo impegnativo, ma soprattutto pericoloso." Aveva gli occhiali abbrustoliti a causa di un incantesimo fallito di un semidio che si era sfortunatamente trovato di fronte. Grazie Neal. "Magari potremmo fare..che so una pausa?" Suggerì speranzoso Grover. Ron non avrebbe avuto nulla da obbiettare, ma avendo ormai intuito l'animo da leader del compagno si girò a sua volta verso il figlio di Giove. Jason non sembrò apprezzarlo e si mosse a disagio lanciando occhiate alla radura. Si erano posizionati vicino ai rigogliosi giardini della quarta capanna. Nonostante tutto riusciva ancora a vedere le fronde degli alberi oltre il lago, la un gruppetto di semidei in armatura controllavano le difese impedendo agli animali fantastici più ostinati di oltrepassare il confine. Jason scorse Phin della casa di Ermes cercare di tranquillizzare una ninfa, non riusciva a sentire quello che si stavano dicendo, ma lo spirito della natura si muoveva irrequieto indicando a grandi gesti il fitto bosco. Era chiaro che qualcosa lì dentro doveva averla turbata.
Il semideo si sfregò il viso con una mano. "Manca ancora qualche ora al tramonto, Nico e Will dovrebbero essere i primi a tornare..." Cominciò a dire. "..ed ecco vorrei essere di ritorno per quando arriveranno. Scusate." Aggiunse in risposta agli sguardi sbalorditi dei due. "Uff. Sapevo che l'avresti detto." Disse Ron con un'alzata di spalle. "Prima però dovremmo darci una sistemata." Puntualizzò porgendo una mano a Grover e aiutandolo ad alzarsi. "Tu dici?" Scherzò Jason. Ron alzò un sopracciglio. "Sei ridotto peggio di Fred quando George l'ha spinto nel Roveto Incantato..." "Oh bene! E Fred sarebbe?"
Il sorriso di Ron si spense e Jason capí di aver toccato un tasto dolente. "Scusa non dovevo.." "No, vedi..." Il rosso soppesò le parole, faticando a trovarne di adatte. "Lui è...lui era mio fratello." Disse quindi con una smorfia, come se qualcuno gli avesse dato un pugno sullo stomaco. "Ma va bene, cioè no non va affatto bene, ma io sto andando avanti. O almeno ci provo. Noi tutti ci stiamo provando...lui avrebbe lo avrebbe voluto."
Jason lo capiva, non avrebbe voluto, ma era così. Eppure l'immagine di Ron così affranto e in difficoltà gli appariva semplicemente sbagliata. Il ragazzo gli era sempre sembrato un tipo così allegro, forse anche un po' maldestro e sotto alcuni aspetti superficiale, ma questo? Queste emozioni rientravano negli aggettivi a cui non aveva neanche pensato fino a quel momento.
"Caspita, mi dispiace tanto. Io... so cosa provi, o almeno in parte credo." Riuscì a dire finalmente il ragazzo, lo sguardo basso.
"Sono morti in così tanti, troppi, da quando sono un semideo. Ricordo ancora ogni singolo compagno caduto della mia coorte, tutti ragazzi con famiglie e amici che se ne sono andati troppo presto..." "Contro Gea?" Rammentò il mago. Jason si incupì ancora di più.
"Si. Anche." Sospirò il figlio di Giove.
La situazione si faceva sempre più deprimente.
"Le guerre fanno proprio schifo." Decretò all'improvviso Ron guardando verso l'arena, dove un gruppetto di figli di Ecate stava mostrando ai più piccoli come impugnare la bacchetta. Lo disse con una tranquillità disarmante, come se bastasse questo a far capire al mondo che la questione 'guerre' era sbagliata e doveva finire immediatamente.
"Si, fanno decisamente schifo." Sussurrò il biondo accennando un un sorriso.
Avete presente quando finite un lavoro complicatissimo e rimanete a fissarlo incantati? Bene, le parole dovettero aleggiare nel vento per almeno cinque minuti prima che Grover inciampasse in una radice e i due si riscuotessero da quello stato di trans.
"Scusate!" Urlò il satiro aggrappandosi al ramo della quercia per non cadere, evidentemente l'incantesimo paralizzante non si era ancora sbloccato. "Non volevo interrompervi!"
"No tranquillo." Disse Jason scuotendo il capo.
"Stavamo solo...pensando."
"Si, esatto." Concordo Ron. "Sai quanto tempo abbiamo per pensare nella vita? Cioè se sopravviviamo al bosco."
Grover si batté un pugno sulla mano aperta.
"Si, chiederò alle ninfe un po' di aiuto, Juniper sarà contenta di vedermi, ormai è sempre agitata."
"Allora forza andiamo.." Riprese il rosso pulendoli le mani sulle tasche dei jeans. "Il nostro turno comincia fra poco."
Jason sorrise. "Su ragazzi, siamo sopravvissuti a tre ore di studenti semidivini iperattivi e agitati; quanto mai potrà essere difficile?"
Se ve lo state domandando: tanto.
I tre raggiunsero il limitare del bosco in una manciata di minuti, facendo una tappa solo alla cabina uno, dove Jason si cambiò indossando la maglia del campio Giove, l'ultima pulita che ormai possedeva. Decise di raccogliere anche qualche pezzo di armatura, giusto un pettorale in oro imperiale ed un busto in cuoio per proteggersi la schiena (chi capisce capisce).
Quando uscì trovò Ron e Grover ad aspettarlo, il primo non sembrava essersi neppure spostato dal punto in cui lo aveva lasciato, solo la felpa verde cachi faceva intendere che doveva essersi cambiato. Grover invece sembrava aver derubato un negozio di flauti, aveva almeno tre fischietto appesi al collo, di cui due intagliati ed uno in alluminio fin troppo simile a quello del coach Edge, un flauto di canne era legato al fianco sinistro insieme ad alcuni sacchetti di stoffa, cinque in totale contando quello che stringeva fra le mani. Jason non sapeva come avrebbe fatto a muoversi nel bosco così carico, ma dopotutto si trattava di un satiro; aveva inoltre notato con sollievo che riusciva nuovamente a muovere il suo zoccolo, azione non poco importante in quel momento.
Sentendolo uscire i due si girarono a guardarlo e Ron strabuzzò gli occhi alla vista dell'armatura.
"Miseriaccia! Pensi c'è ne sia davvero bisogno?" Domandò socchiudendo gli occhi con fare dubbioso.
Jason in risposta alzò appena le spalle.
"Così mi sento più tranquillo. Del resto non sappiamo neppure a cosa andiamo incontro. Piuttosto, tu hai solo quella felpa?" Chiese indicando il giaccone verde che aveva notato poco prima.
"Si, ho pensato di potermi mimetizzare meglio cosí..." Borbottò il mago con semplicità, continuava a guardare l'armatura luccicante con vivace curiosità.  "Inoltre sono abituato a lottare in divisa scolastica o pantaloni babbani."
Nessuno fece domande sull'argomento e i tre si diressero verso il primo luogo di osservazione.
"Ma non pesa?" Non riuscì a trattenersi Ron a metà percorso.
"Abbastanza, ma ci si abitua in fretta." Rispose Jason controllando di aver legato per bene i lacci di cuoio.
"Percy odiava quelle cose all'inizio, neppure a me piacciono in effetti, sono troppo dure da masticare." Commentò Grover.
"Comunque è propio bello qui..." Riprese Ron guardandosi intorno, probabilmente volendo evitare che calasse di nuovo quel silenzio imbarazzante. "La nostra Annabeth si è data da fare in effetti." Spiegò il satiro compiaciuto. "Ha disegnato lei le nuove capanne e ideato le nuove strutture... i figli di Atena amano questo genere di cose."
Ron annuí pensieroso. "Magari avessimo qualcuno così ad Hogwarts, farebbe comodo alle ristrutturazioni." "State ristrutturando?" Chiese Jason, la spada che tintinnava ad ogni passo. Ron si sentì inquieto, era davvero cosi che quei ragazzi vivevano?
"Sì beh, l'ultima battaglia ha causato un po' di danni.. ma a quanto pare la nostra preside vuole ricostruirlo esattamente come era prima." Fece una pausa soprappensiero. "Penso sia perché sarebbe un cambiamento troppo grande. Sai, la nostra scuola é stata un punto fisso nei secoli, considerata sicura, questo genere di cose da sicurezza immagino..." "Ma non si può neanche fingere che non sia accaduto, sarebbe come disonorare tutti coloro che sono morti per quella causa!" Esclamò il semidio con veemenza.
"Lo so..nessuno di noi era d'accordo, Harry in primis. Stiamo erigendo una statua, in memoria ai caduti. Noi... lo stiamo facendo alla vecchia maniera sai, senza la magia. Incideranno tutti i loro nomi..oh e appenderanno i loro quadri ovviamente."
C'era una nota di ilarità nell'ultima frase che non passò inosservata ai sui compagni. Jason alzò un sopracciglio guardandolo.
"Scusate, scusate." Rise il mago scuotendo la testa. "Solo che significherebbe avere un Fred Weasley a piede libero per la scuola per.. beh per sempre. La McGranitt impazzirà me lo sento." Questa volta non c'era traccia di tristezza nella sua voce, solo nostalgia, ma poteva anche essere solo bravo a mascherarla.
Arrivati al fossato una semidea in armatura li aiutó ad attraversare porgendogli una passerella in bronzo, sembrava sollevata nel vederli. "È già finito il turno?"
Se intendeva suonare indifferente stava facendo un pessimo lavoro poiché era chiaro come il sole che avrebbe preferito trovarsi in qualunque altro posto, magari perfino nelle stalle di Xanto. La radura oltre il fiume creato da Percy era stata trasformata in un piccolo campo di battaglia con tanto di trincee marchiate cabina nove e fuochi da campo per la notte.
"La situazione è sotto controllo " Assicuró quando Jason le chiese aggiornamenti, purtroppo la sua espressione presagiva tutt'altro. "Non ci sono stati attacchi di alcun tipo. È tutto molto...tranquillo." "E perché mi  sembri più preoccupata che se vi avessero sfondato ogni singola barriera?" La semidea lo guardò impacciata e torturandosi distrattamente un unghia. "Per un semideo questa è la classica calma prima della tempesta, non vorrei mai..." Ron non seppe mai cosa la semidea non volesse perché uno scossone gli fece quasi perdere l'equilibrio, ma credeva che la risposta più azzeccata sarebbe stata: 'che accadesse qualcosa di ancora peggio' o anche 'essere qui'. Quest'ultima era la più logica al momento.
"Cos'è stato?" Belò Grover. La semidea alzò gli occhi al cielo. "La tempesta oserei dire... seguitemi!" E si mise a correre fra le trincee.
I tre non poterono fare altro se non andarle dietro correndo, sbuffando o saltellando. Lascio a voi scegliere chi fece cosa.
Alla fine si fermarono dietro l'ultima barricata in bronzo prima del bosco, la più grande fra tutte. Il terreno era disseminato di elementi in metallo, probabilmente pezzi di scorta, armi e si scorgeva anche un kit di pronto soccorso. Dietro agli scudi era affisso un pannello di controllo che a Jason ricordo molto le sfere di Archimede. "Scommetto che Leo si è divertito molto a fare queste cose qui." Commento a bassa voce così che nessuno lo udisse. Intanto la semidea si era inginocchiata e stava parlando con due compagni che trafficavano davanti ad uno schermo.
Sembrava agitata. "Allora? Cosa vedete?!" Chiese sempre mordicchiandosi le punte della mano. Grover allungò il collo cercando di sbirciare oltre le loro spalle. "Ti ho già detto che non si vede niente Christi! Non so cosa abbia causato questo colpo e neppure cosa abbia spaventato così tanto Tulla!" "Tulla è spaventata?! Ma lei è letteralmente una delle ninfee più testarde di questa posto!" Esclamò Grover avvicinandosi nervoso. "Oh non ditele che ve l'ho detto!" "Che è Tulla?" Chiederò in coro Jason e Ron. "Una ninfa del bosco! Orgogliosa come poche, non chiederebbe aiuto se la situazione non fosse critica... oh no, no no no." Si agito il satiro. "Non va affatto bene."
"August non dovremmo avere più inquadrature?" Sottolineò Christi indicando quadratini neri sullo schermo. Un ragazzo bruno occhialuto e che indossava in armatura simile a quella di Jason, ma che non avrebbe potuto avere più di quindici anni annuì.
"Hai detto bene, dovremmo. Qualunque cosa ci sia là dentro è stata capace di distruggerne già quattro, a quanto pare..." "Come fate a dire che è una sola?" Notò Ron. "Insomma, dovrebbero esserci più di un paio di animaletti magici là dentro no?" Christi e August si scambiarono un'occhiata preoccupante. "Tulla ha parlato di qualcosa di grande, nemmeno lei sapeva descriverlo con chiarezza perché non l'aveva visto, ma ne percepisce la presenza e se è bastato questo a farle lasciare il suo albero nonostante il pericolo imminente... Inoltre, quando ce l'ha descritto ne parlava al singolare; ha parlato di qualcosa di grosso e potente." Spiegò August deglutendo.
"Molto potente." Aggiunse il terzo semidio staccando finalmente gli occhi dal tablet che teneva in grembo. "È già riuscito a fare a pezzi tre quarti dei nostri robottini da ricognizione ed erano in bronzo celeste, Mason non ne sarà affatto contento."
August cominciò a maneggiare alcuni pezzi di ricambio. "Questi non sono messi cosa male in realtà Caleb..." Fu a quel punto che Ron notò un particolare alquanto bizzarro, su quella lastra argentea che August stava mostrando all'amico, un enorme ammaccatura sembrava avere la particolare forma di una...
"Impronta?! Quella è un'impronta?!!" Urlò Ron con gli occhi spalancati.
August lasciò cadere l'oggetto a terra, il rumore che ne conseguì ricordo inquietantemente quello di ossa che si scontravano fra loro. Ecco dunque così erano quei cocci: i resti metallici dei piccoli automi.
"Questi sono...?" Balbettò il mago indicando terra.
"Elisot secondo, settimo e ottavo." Presentò a dovere Christi indicando ognuno di loro, o almeno quel che ne rimaneva, aveva lo sguardo triste. "Eliot nono era appena stato corazzato.. non se lo meritava." Singhiozzò poi coprendosi il volto con le mani. Caleb alzò gli occhi al cielo. "Christi, erano dei robot. Pezzi di metallo, nulla di più." "Ritira subito quello che hai detto!" Urlò lei. "Non erano solo semplici oggetti! Erano frutto di settimane di duro lavoro! Ed erano bellissimi!" Concluse piangendo ancora più forte. Jason e Ron si scambiarono un'occhiata incerta, fortunatamente per loro August sembrò essere abituato a questo genere di avvenimenti; si spostò a sedere vicino alla semidea e le passò un braccio intorno alle spalle. "Hey, stava scherzando. Lo sai che Caleb ha un pessimo senso dell'umorismo." La rassicurò. "Tutti gli Eliot sono stati importantissimi in questi giorni... non li abbandoneremo, manderemo una squadra di ricerca non appena il bosco sarà messo al sicuro." "Davvero?" Domandò lei alzando gli occhi gonfi di lacrime. "Certo.." "Seh, credici." Commento acido Caleb ricevendo una gomitata da Jason e uno 'sguardo carico di disapprovazione' da Grover. "Ahi, dicevo per dire." Si difese. "Voi figli di Efesto dovreste imparare la differenza fra meccanico e umano."
"Un figlio di Ares che vuole insegnarmi il significato di umano! Cos'è una barzelletta?" Rispose rabbiosa la ragazza, ma Caleb non la stava più ascoltando, occupato ad osservare il tablet che intanto aveva cominciato ad emettere luce. Una seconda scossa li raggiunse all'improvviso. "Ma che diamine..?" Disse pigiando vari pulsanti sullo schermo. "Eliot quinto?! Sta bene?" Piagnucolo Christi spaventata. Caleb non rispose osservando con più attenzione lo strumento lampeggiante.
"Che succede?" Si insospettì Ron avvicinandosi per vedere meglio. Poco prima quando Jason aveva colpito Caleb lui aveva scorto alcune immagini riportate dalla videocamera, erano per di più alberi e terra fangosa, ma adesso qualcosa era cambiato: le immagini erano sfuocate, distorte, sembrava che i cristalli si fossero rotti ed a tratti scomparivano lasciando spazio ad un messaggio pop-up che recitava la scritta 'errore' a lettere cubitali, fino a quando il video non si bloccò sull'ultima immagine che Elio quinto riuscì a inviare: una massa luminosa fluttuava a mezz'aria far le ombre nello sfondo i cui occhi sembravano guardare proprio nella loro direzione.
Grover deglutì a fatica.
"Cosa significa?" Chiese Ron pallido.
Questa volta la risposta non si fece attendere.
Jason aveva il viso contratto da una smorfia.
"Significa che dobbiamo entrare."

Angolino dell'autrice:
Finalmente! Scrivere questo capitolo è stato più lungo del previsto nonostante le idee non mancassero.
Scusate l'assenza, ma sono stata sommersa da verifiche e dai nuovi corsi di alternanza scuola-lavoro... :/
Piccola curiosità: tutti gli esseri che cito sono realmente esistenti nel mondo di Harry Potter, cosa credete che sia lo spaventoso mostro del bosco?

Intanto...
Jason: "Significa che dobbiamo entrare."
Ron: *lo fissa*
Grover: *lo fissa*
Christi, August e Caleb: *lo fissano*
Christi: mi sembra ragionevole.
Ron: *impreca in greco-romano che neanche lui sa dove l'ha imparato*

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