Capitolo 29: La parola chiave è Fiducia.

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Quando aveva quattordici anni Percy era entrato nel Labirinto, una creatura senziente ideata dall'immortale (ormai non più) Dedalo. All'epoca era riuscito a orientarsi al suo interno grazie all'aiuto della sua amica mortale Rachel, a sconfiggerne il mostro che custodiva e ad uscirne vivo evitando che diventasse un passaggio utilizzabile per assaltare il campo mezzosangue. Non c'erano mostri fra le mura di Hogwarts (non più almeno), ma non c'era neppure la magica vista della ragazza ad indicargli la strada. Il castello era enorme e, come se non bastassero le scale che cambiavano quando e come volevano, Annabeth continuava a farmarsi per ammirare i soffitti a volta, le statue poste ad ogni nicchia e le colonne portanti. Percy aveva scoperto la simpatica peculiarità delle scale a sue spese quando era quasi precipitato dal terzo piano. Sul serio, perché la gente ideava strutture capaci di ragionare? E perche queste ultime sembravano odiarlo così ostinatamente?
Al quarto tentato omicidio, questa volta da parte di uno scalino fasullo che gli inghiottì un piede, Percy colpì violentemente il corrimano scatenando le urla di indignazione dei quadri lì intorno.  Non credeva che le scale avessero un sistema nervoso, mentre il dolore alla mano lui lo avvertiva chiaramente, ma provò lo stesso una certa soddisfazione.
"Maleducato!" "Attaccare chi non può muoversi? Ai miei tempi ti avrebbero già disconosciuto!" "Che villano!"
"Sir Rogan ha pienamente ragione!"
"Oh andiamo! È lei che mi ha attaccato per prima! Lo avete visto tutti!" Sbottò il ragazzo in direzione del muro. I ritratti lo guardarono infastiditi e Percy scorse una dama vestita di giallo sussurrare qualcosa alla fanciulla vicina.
"Scusatelo, Percy sembra non avere il minimo rispetto per l'arte..." Sospirò Annabeth raggiungendolo. I quadri sorrisero non appena entrò nella loro visuale, per qualche motivo la figlia di Atena era subito riuscita a entrare nelle loro grazie. "..una così cara ragazza." Udì Percy. "Chissà cosa ci avrà trovato in quel burbero lì.." "Però è carino." Percy strabuzzò gli occhi girandosi di colpo e individuando subito un gruppo di donne e fanciulle che, radunatesi nel quadro di un giardino di rose, lo guardavano ridacchiando. Quando capirono di essere osservate alcune andarono nel panico, altre risero o ammiccarono coprendosi i volti con dei ventagli dorati.
Che Zeus mi fulmini. Pensò il semidio sull'orlo dell'esasperazione.
Annabeth gli passò un braccio intorno alle spalle. "Non essere arrabbiato Testa d'Alghe."
"È quasi un ora che giriamo a vuoto e non abbiamo ancora capito in quale torre si trovi l'ufficio dell'Oracolo!" Spiegò irritato salendo gli ultimi gradini ed imboccando il corridoio sula destra. "Non è un Oracolo ricordi? Inoltre non faremmo prima a chiedere informazioni?"
Lo corresse la bionda sorridendo leggermente.
"Ricordami com'è finita l'ultima volta?" Chiese Percy facendo il finto tonto.
"Oh andiamo, guarda il lato positivo."
"Eravamo nei sotterranei Annabeth, cosa c'è di bello in un luogo tanto lugubre?"
"Tanto per cominciare degli ottimi archi romani in pietra lava...oh, e dai sto scherzando! Torna qui!" Esclamò divertita la figlia di Atena mentre con gli occhi seguiva il suo ragazzo addentrarsi nel corridoio lasciandola indietro.
Bastò il suono della sua risata a farlo desistere e tornare sui suoi passi. "Ok Sapientona, ma un'altra parola e prometto di scappare in mare attraverso le tubature e di stabilirmi definitivamente nel palazzo di mio padre."
La minacciò rubandole un bacio.
"Non sopravvivresti un giorno senza di me, neppure sott'acqua!" Gli occhi grigi della ragazza lo squadrarono provocatori. "Tu dici?"
"L'altro giorno ti sei quasi soffocato da solo infilandoti la maglietta."
"Si era ristretta nella lavatrice del campo!" Si difese il ragazzo dagli occhi verdi.
"Perché l'avevi impostata male." Rimarcò la bionda.
"Solo perché ero di fretta!"
"E perché eri di fretta?" Cinguettò con finta ingenuità lei.
"..."
"Quindi?" Annabeth si puntellò sui piedi di fronte a lui, beffarda come chi sa di aver vinto. Il ragazzo la guardò intensamente per una frazione di secondo prima di azzerare le distanze e rubarle un bacio a fior di labbra.
Lei sgranò gli occhi. "Percy!" Esclamò con tono indignato, ma in realtà sorrideva.
"Avevo dimenticato della mia lezione di scherma, non avevo ancora mangiato perché mi ero fatto un bagno nel lago più lungo di quanto tu mi avessi consigliato, ero in ciabatte e alla fine sono arrivato in ritardo di quindici minuti." Percy pronunciò tutto in un soffio, tanto veloce che la ragazza quasi si perse, ma non fece in tempo a dire niente che lui aggiunse: "Quindi si, hai ragione...senza di te la mia vita va a rotoli abbastanza facilmente."
"Abbastanza?" Annabeth alzò un sopracciglio.
"Si beh, un po' più di abbastanza, ma non esageriamo ok?" Le loro mani si incontrarono e si strinsero con dolcezza mentre i due si incamminavano nell'intricato castello.

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