-8- Perché?

163 7 0
                                    

Draco si era sforzato di capirlo. Lo aveva fatto fin dalla prima volta che aveva aperto gli occhi, si potrebbe dire. Aveva bevuto Lucius Malfoy come un nutrimento, se ne era inebriato fin dalla culla, cercando di compiacerlo e di essere bravo per lui. Anche le sue prese di posizione, i capricci, manifestazioni di un carattere individuale, ruotavano tutte intorno a Lucius.

Generazioni di Malfoy approvavano l'andamento delle cose dalle loro cornici elaborate, gli sguardi eterni nei ritratti, ogni successo ed ogni lacrima era condivisa. Le cose potevano solo mettersi in modo favorevole, per i Malfoy. Se Lucius falliva, Draco ne avvertiva lo stato d'animo con precisione sconvolgente. C'erano grandi cose all'orizzonte per i Malfoy, Draco ci aveva creduto con tutto se' stesso, non era mai esistita nemmeno un'opzione diversa.

Draco disprezzava tutto ciò che minacciava il giusto ordine delle cose. I Babbani erano solo feccia, le amicizie andavano selezionate con cura e valutate in base a quanto profonde e pure fossero le radici del loro albero genealogico.

Fino a quel momento, il modello non aveva mai fallito.

Fino a quel momento, Draco riteneva di aver avuto successo nel tentativo di capirlo ed essere almeno un po' come lui.

Fino a quel momento.

Perché quella mattina, fuori dalla serra di Erbologia, era stato trascinato nel folto di una siepe, lontano dagli occhi indiscreti degli altri.

Non era certo la prima volta che lui piombava ad Hogwarts e lo traeva in disparte per parlargli.

Draco aveva adorato quei momenti. Quando suo padre era stato Consigliere della Scuola, aveva camminato più lentamente possibile al suo fianco, sfoggiandosi al suo fianco, quasi fosse padrone di Hogwarts.

D'altronde, Lucius aveva la faccia di chi si sente tale.

Lucius non lo aveva mai trascinato a ridosso della serra, lontano da tutti.

Draco Malfoy vedeva i suoi occhi grigi assorbire lo stesso colore del cielo, livido quel giorno. I prati intorno al Castello erano umidi di pioggia, nuvole acquose toglievano saturazione al reale.

C'erano gocce di pioggia sul cappuccio del mantello da viaggio di Lucius.

Draco si agitò nella stretta dei suoi guanti neri, ma fu una faccenda rapida, Lucius mise tra di loro quei pochi, necessari centimetri.

"Non sapevo che venissi a scuola."

"Severus mi ha detto che non hai voluto saltare Trasfigurazione."

"Ho voti pessimi."

Draco non riusciva a parlare, ne' ad alzare il volto. Poteva solo fissare un punto lontano, l'ingresso della serra.

"Draco."

Cercò di fare ciò che non aveva mai fatto. Ignorarlo.

"Draco. Sto parlando con te."

La frase, pronunciata già un milione di altre volte, gli diede i brividi.

Draco Malfoy sentì il freddo dei suoi guanti di pelle nera sotto il mento. Gelò. Pietrificò. Sentì il proprio corpo spostarsi e per un folle, inutile momento credette che fossero in arrivo delle scuse.

Scuse per quella voragine di grigia disperazione che gli si era spalancata dentro.

Scuse per il livido come un'ala di corvo sotto le clavicole.

Scuse per aver dovuto sorridere quando avrebbe voluto gridare.

Invece, il volto freddo e pallido di Lucius, bello come il suo non sarebbe mai stato, lo scrutava solennemente.

"Quest'anno non sarà come tutti gli altri."

Una stretta dolorosa nello stomaco, ancora una volta la mente di Draco Malfoy deviava in quel baratro grigio, cercava qualcosa che aveva perso, mentre il Malfoy più anziano gli parlava nel pieno della sua autorità e si aspettava di venire ascoltato con la massima attenzione.

Il ragazzo, nel mantello nero di Hogwarts, fece un secco cenno d'assenso con la testa.

Se voleva ghiaccio, quello avrebbe avuto.

"Ho capito."

"Quest'anno mi aspetto che tu sia estremamente prudente. Non voglio - per nessuna ragione, Draco - che tu ti metta a litigare con Potter."

Quelle parole furono come un lampo, sul volto pallido ed appuntito di Draco.

Il ragazzo che era un tempo avrebbe chiesto 'perché?' questo, invece, era troppo impegnato a scrollarsi di dosso la sensazione bruciante sotto il mento, dove era stato toccato.

Lucius ammiccò. "Lo so che per te é difficile, soprattutto dopo quello che é appena successo."

Draco fece per aprire bocca. Gli era venuto in mente che, se c'era qualcuno in grado di spiegare il mistero del nome di Potter nel calice, era proprio Lucius.

Ma bastò una sua sola occhiata a zittire Draco.

Una delle proverbiali, tipiche occhiate di Lucius.

"Tieniti lontano da lui. Lo farai?"

"Certo. Ora devo andare..."

In quel momento la mano in lucida pelle di drago scattò ancora, il ragazzo se la sentì dietro la nuca. Il suo mondo iniziò a vorticare furiosamente.

Un secondo dopo puntava i gomiti contro un petto vasto, enorme rispetto al mucchietto di foglie fradice che Draco si sentiva di essere.

Parlò.

O meglio si sentì parlare.

"N-no... perché... no..."

Un piccolo bacio raggiunse la base del suo collo.

"No..."

E poi Lucius gli sfiorò le labbra con la mano libera, senza particolare forza, eppure così violentemente da zittirlo. Le sue carezze avrebbero dovuto essere confortanti. Avrebbero dovuto calmare i suoi singhiozzi. Quando Draco era ancora al secondo anno e si svegliava da incubi feroci, lo facevano. Erano innocenti, ruvide, rarissime: venivano da un uomo non avvezzo al contatto fisico. Quando Draco era ancora molto più piccolo, Lucius non aveva mai sospirato in quel modo contro il suo collo.

Era durato poco, ma abbastanza per porre a Draco una sfida.

Non svenire.

Era già finito quando riaprì gli occhi, e Lucius si stava allontanando.

Draco prese a correre nella direzione opposta, verso la serra di Erbologia. Non poteva sapere che tutti i suoi compagni erano ancora in attesa sul prato, perché la professoressa Sprout aveva avuto un contrattempo e la lezione non era ancora iniziata.

Non poteva sapere di essersi lasciato alle spalle un Harry che, debitamente acquattato nel sottobosco, aveva visto tutto.



KittenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora