-22- Vinco sempre io

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L'ufficio era immerso nelle tenebre, tranne la scrivania.

Burke sembrava fatto di polvere, un'ombra appena più chiara del nero fitto. Di Lord Malfoy si scorgeva solo un luccichio - i preziosi ricami dei guanti - e l'accenno inconfondibile del suo profilo aristocratico.

Per quanto puro fosse il suo sangue, era sempre di fronte a Burke che lord Malfoy doveva passare quando voleva ottenere qualcosa.

Aveva dovuto avviare la macchina della corruzione che l'aveva tenuto alla larga di Hogwarts tramite Burke.

Aveva dovuto far sparire i proprio veleni con l'aiuto del fratello di Burke, il viscido bottegaio di Noctune Alley.

Questa volta lord Malfoy sudava freddo. Quello era un agguato in piena regola. Burke sfoggiava così tanta sicurezza da essersi addirittura seduto alla scrivania come nulla fosse.

Il suo non era un vuoto atto di arroganza.

Ancora una volta, il protocollo del Ministero giocava a loro favore. In quella stanzetta era atteso Draco Malfoy di lì a quindici minuti. Quell'ufficio era giallo, rassicurante, pensato per far sentire al sicuro le persone. Lì Draco avrebbe atteso i Medimaghi per il colloquio preliminare. Sarebbe stato solo, quale migliore se non unica occasione?

Quella era l'unica via per cercare di lavare quell'onta. Anche perché quella bolla di veleno si stava gonfiando a dismisura, sempre di più, lingue iniziavano a parlare ed occhi a cercare dettagli.

Presto, bisognava fare presto, prima che il mondo magico esplodesse.

I due uomini erano in tutto e per tutto predatori in attesa sul sentiero.

"Non cancellerò i suoi ricordi, ne' lì preleverò. Sarà Draco stesso a scagionarti, con le sue stesse parole. Poi con i giusti accorgimenti, tutta questa storia non sarà che un ricordo."

Burke ritenne opportuno ripeterlo mentre il tempo previsto stava per scadere.

"Ho preparato una cassa piena di giusti accorgimenti per questo."

"Allora andrà tutto bene. Hai qualche idea per vendicarti di Weasley?"

"Oh, si." Immenso piacere nella voce di Lord Malfoy.

"Feccia. Non dovevano permettersi di mettere bocca in casa tua. Che pensino ai loro mocciosi."

"Lo... lo voleva lui. Qualcosa é successo, ma perché lo voleva lui."

"Ma certo, certo. Questa é solo feccia che non sa stare al suo posto... finirà tutto, Lucius."

Silenzio.

"Ora ho bisogno di concentrarmi. Non sto scagliando una normale maledizione Imperio."

No, stava scagliando un capolavoro targato Burke. Il suo Imperio poteva essere programmato per durare fin dove il mago desiderava, non alterava la personalità della vittima e soprattutto era estremamente difficile da individuare.

Draco Malfoy non si sarebbe neppure reso conto delle funi invisibili che lo avrebbero manipolato come un burattino.

Tutta l'esistenza di lord Malfoy dipendeva da quanto Burke si concentrava in quel momento.

Passarono dieci, lunghissimi secondi.

La maniglia della porta girò. Draco Malfoy ebbe appena il tempo di rendersi conto che la luce era spenta.

"Imperio."

Un lampo rosso partì dall'oscurità.

*

"Va bene, va bene."

Il Medimago passò un fazzoletto a Draco Malfoy.

"Tutti odiano me e mio padre. Per questo mettono in giro queste voci maligne!"

I maghi della custodia magica potevano finalmente mettere un punto al vaglio dei ricordi di Draco Malfoy ed archiviare quella pratica per sempre.

Non potevano nascondere, quanti ricordavano la grafia di Arthur Weasley, di essere delusi.

Quanto in basso era sceso Arthur Weasley per colpire l'uomo che odiava?

Draco Malfoy abbracciò sua madre, che solo in quell'ultimo colloquio era stata ammessa.

Lady Malfoy piangeva.

E nemmeno lei aveva notato quel non so che di diverso negli occhi del figlio. Era solo stata felice di vederlo mangiare tutte le portate a tavola e correre incontro a Lucius come un tempo.

La sua realtà era come la bugia nei ricordi selettivi di Draco: compiti fatti insieme a Lucius, pacche sulle spalle, orgogliose partite a scacchi, baruffi per via dei brutti voti.

Non c'era nulla.

Solo l'odio dei loro detrattori.

Sanctimonia Vincent Semper.

I giusti accorgimenti.

*

Lucius Malfoy sorrideva, il volto disteso, radiante.

Arthur Weasley non aveva niente da dire di fronte a quel sorriso. Aveva fatto a pezzi una piuma d'aquila sotto la scrivania. Le mani gli si erano riempite di inchiostro rosso.

Malfoy era venuto apposta fin laggiù, aprendo la porta del suo ufficio e sorridendogli.

Forse si rese conto anche della piuma d'aquila.

Il suo sorriso si allargò. Scosse la testa, deliziato.

"Vinco sempre io, Weasley. In un modo o nell'altro."


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