Capitolo 35 parte 2

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Althea pov's

Riflettere sulle parole di Caleb mi ha fatto rimanere mentalmente distaccata dal gruppo, fino a poco fa. Abbiamo montato il campo, ci fermeremo qui per stanotte ed io ho il primo turno di guardia, Li di fianco a me non vuole andarsene, soprattutto da quando ha sentito un barlume di ripensamento nelle mie azioni.

Alla fine è proprio lui a rompere il silenzio che si era creato tra noi.

<<Al...tra noi c'è sempre stato un rapporto sincero e devo chiedertelo...- lo invito a proseguire -...Sei davvero sicuro di quello che mi hai detto? Vuoi davvero fidarti di lui? Dopo quello che ha fatto?>> diverse volte avevamo parlato con Li della possibilità che un giorno sarebbe venuto fuori che sono un'incantamenti. Ed ogni volta la discussione si concludeva con me in lacrime e la prospettiva dell'essere rinchiusa in un palazzo dove mi veniva chiesto di leggere nella mente delle persone.

<<Pensi che mi venderebbe?>> lui fa spallucce.

<<L'unico Sirase buono, che ho conosciuto, è stato tuo padre...tu gli sei entrata dentro la mente e non mi hai mai voluto dire cosa hai visto, il che significa che probabilmente non era un santo nemmeno lui. Uccidono per sopravvivere.>> a queste parole distolgo lo sguardo da lui e mi mordo il labbro. Sa quanto mi faccia male ritornare a quel giorno, quanto queste parole mi feriscano nel profondo.

La posizione di stasera non è delle migliori, leggermente infossati, in mezzo agli alberi, ci fa essere un bersaglio più facile. Sospiro e guardo le cime scure degli alberi, nella vana speranza che possano suggerirmi una risposta.

<<Mio padre era una brava persona...Li, nessuno di noi è un santo, io stesso ho ucciso ed anche tu.>>

<<Era una situazione ben diversa.- commenta lui, guardandomi con gli occhi sgranati ed iniettati di una rabbia che non riesco a comprendere -Al, la punizione delle Alte era ingiusta e lo sai anche tu, tutti al villaggio lo sanno.>>

<<L'ho ucciso, però, sono state le mie mani a macchiarsi di sangue...non le tue, né delle Alte, ma le mie. E nessuno al villaggio ha alzato un dito per obbiettare.- la mia reazione lo lascia di stucco, non avevamo mai parlato di quella giornata ed avevo accettato le conseguenze delle mie azioni senza protestare, ricordo il dolore bruciante di ogni frustata, eppure lo avrei rifatto, altre cento volte, se avessi avuto la certezza di poter rivedere i miei genitori -Non mi parlare di giusto o sbagliato perché nemmeno tu ne conosci la differenza.>>

<<Al..>> lo zittisco con un gesto della mano.

<<Non pretendo che tu mi sia accanto in ogni situazione, che accetti tranquillamente tutte le mie scelte...ma non tirare in ballo cose che non sai.>> sto per mettermi in piedi quando lui mi afferra il polso, come alla nostra ultima discussione, vuole evitare che me ne vada, anche se conosce molto bene le conseguenze.

<<Non parlarmi così...io ti sono stato accanto, io ti ho appoggiato anche in questa follia, io ci sono sempre stato, compresa l'ultima discussione con lui.>> non riesco più a trattenere le parole, per quanto cerchi di mettere un freno alla lingua, infine mi scivolano fuori.

<<C'eri anche quella notte e te la sei dato a gambe...quelle frustate erano per entrambi, mentre tu non hai alzato nemmeno un dito per fermarle, non hai fatto nulla....non so se posso fidarmi ed ho qualche migliaio di dubbi che mi animano la mente, ma sicuramente in questo momento non mi stai aiutando a risolverli.- lui schiude le labbra per obbiettare -Mi è stato bene, non ti ho chiesto niente, non ho fatto niente quel giorno e nemmeno nei mesi successivi. La realtà però, è questa...ed ora, abbassa il muro che hai tirato su per non far sentire agli altri la nostra conversazione.>> esegue, senza problemi ed io faccio il giro del campo, Dan mi vede e prova ad avvicinarsi.

La guardia del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora