Capitolo 54

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Caleb pov's

Nero. Ci sono pochi colori che possono descrivere gli stati d'animo.

Non si dice che qualcuno è rosa di rabbia. O celeste di paura.

Il nero per me è il blackout emotivo, il sequestro emozionale.

Il mio cervello si spegne. E stavolta cessa il suo funzionamento per un motivo ben preciso.

Althea è caduta a terra, con una ferita profonda e sanguinante a livelli vertiginosi.
Mi mancano le parole.

Ogni reazione è talmente rallentata, che mi sembra di essere in un fermo immagine della mia vita.

<<Althea...Althea, apri questi cazzo di occhi.>> lei riapre faticosamente le palpebre, e prende uno di quei respiri che non fanno presagire niente di buono.

È profondo, singhiozzato, quasi strozzato.

Gli occhi sono sgranati su di me, quegli squarci di cielo mi guardano nella speranza di ricevere una mano. Un aiuto che non so come darle.

In quegli stessi occhi, che mi hanno guardato in altri mille modi diversi, si fa largo una consapevolezza.

La resa.

<<Te lo avevo promesso ricordi? Ti proteggerò sempre...forse è stato un po' breve, ma è stato perfetto..>> quell'acqua cristallina mi viene portata via, le palpebre si chiudono come i portoni del palazzo, mentre il suo sangue continua a sporcarmi le mani.

Prendo un respiro profondo e mi rendo conto che c'è un unico modo per portarla in salvo e fare in modo che riceva le cure migliori.

Sento la pelle aprirsi e fare posto a quella presenza che devo ancora imparare a domare alla perfezione. Sulla schiena ho di nuovo quel peso, l'aria che mi accarezza il piumaggio nero.

<<Clark porta il gruppo sulla strada di Gem, state il più compatti possibili. Torno a prendervi.>>

<<Dove la vuoi portare?>> mi chiede Alec, rimasto di fianco al corpo della sorella fino a questo momento.

<<Al palazzo del re, è l'unico posto dove potranno curarla davvero.>>

<<Ma sei impazzito? Ti sei dimenticato cosa vuole farle il re?>> mi urla contro Li, sta per continuare ma Alec si alza e lo ferma.

<<Portala lì, hanno fatto un giuramento di sangue...nemmeno un re può scioglierlo, nel caso provasse a tenerla farò qualunque cosa per liberarla, ora va Caleb. Va. E fa in modo che stia bene.>> lego una fasciatura provvisoria intorno all'addome di Althea.

La stringo a me, consapevole che se la facessi cadere avrebbe morte certa.

La sua pelle calda entra in contatto con la mia, mentre il fluido vitale continua ad impregnare la fasciatura ed i nostri abiti.

La tengo in braccio, mi do la spinta da terra, spiego le ali e spicco il volo.

Mi ero mentalmente preparato all'impatto tra i piedi ed il terreno duro ed arso sotto di noi.

Invece, quando riapro gli occhi, mi rendo conto di essere a sei, forse dieci metri di altezza, e che poter vedere il mondo da quassù è l'occasione più bella che mai potrà capitarmi nella vita.

Vorrei vederla con lei, vorrei che Althea fosse sveglia e potesse parlarmi.

Vorrei sentire la sua voce che commenta i movimenti appena accennati delle mie ali, sono convinto che avrebbe dei consigli da darmi anche su questo, conditi con una dose del suo sarcasmo.

Provo a ricordarmi ciò che mi ha detto, sfrutto le correnti e guardo dall'alto quelle macchie di colore sotto di noi.
Credo che sia per questa peculiarità del volo che i Sirase sono stati i primi cartografi.

Dopo tre ore di volo, inizio a vedere il palazzo. Quell'edificio di manifattura orientale, imponente e completamente bianco, si staglia davanti a noi ad un paio di chilometri di distanza.

Per tutto il viaggio Althea ha emesso solo qualche lamento, la sento bruciare addosso a me e credo che sia il fuoco della metamorfosi.
La sua volpe sta cercando di aiutarla, le ombre l'hanno avvolta e la proteggono.

Inizio a planare in direzione del giardino esterno sacro e non mi sorprendo nel trovare il re seduto sul prato a meditare.

<<Caleb...cosa è successo?- chiede venendomi incontro, si alza da terra con una velocità incredibile -Dove sono gli altri?>>

<<Ci hanno attaccato i Ramiz...vi prego, vi scongiuro salvatela.>> il re batte le mani guantate di fronte a me e due serve si avvicinano immediatamente.

<<Adagiala sul prato.- faccio come dice, anche se mi sembra impossibile lasciarla a terra. Toglie i guanti rivelando le mani, dove la pelle è martoriata e segnata da orribili cicatrici. Passa le mani sopra al corpo esile di lei a qualche centimetro di distanza. Sorride lievemente. Chissà cosa ha sentito?

Althea ha la fronte imperlata di sudore, leggermente corrucciata con delle rughe appena accennate.

<<Chiamate la dottoressa Choin.- aggiunge rimettendosi in piedi. Le due ragazza prendono Althea, la sollevano da terra e la portano via, vorrei seguirle, ma devo tornare indietro, devo riprendere il gruppo e riportarli a casa. Devo essere il generale Osav, prima di essere Caleb. Mi porta una mano tra le scapole. -Starà bene, non preoccuparti. Vieni, raccontami ciò che è successo.>>

<<Sire, devo tornare a prendere gli altri, i Ramiz ci hanno teso un imboscata, anzi più di una durante tutto il tragitto, temo per l'incolumità dei miei amici.>> lui mi guarda sorridente, gli occhi scuri colmi di una luce nuova.

<<Li hai chiamati 'amici' Caleb?>> annuisco alle sue parole.

<<Sì, ed hanno bisogno di me, so che Althea è in mani sicure e che nessuno le farebbe del male qui...vero?>> chiedo, sperando in delle conferme, anche se, come dice Althea, sono solo parole.

<<Te lo giuro Caleb, farò qualunque cosa nelle mie capacità per salvarla e tenerla al sicuro.- deglutisco e respiro profondamente. Lui si toglie la collana e la lascia nella mia mano -Tienila, è un amuleto per il teletrasporto, può essere usato massimo per tre persone alla volta. Fanne buon uso e fa riposare quelle ali, potresti averne bisogno prima di quanto credi.>>

Spazio autrice:

Salve bella gente,
come va? Vi è piaciuto il capitolo?

Venerdì uscirà l'epilogo, ebbene sì, siamo arrivati alla fine di questa storia.

Ci vediamo venerdì solita ora sempre su questi canali.

Un abbraccio,
Belle

La guardia del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora