Capitolo 45 parte 2

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Althea pov's

La paura è un sentimento sottovalutato da molti. Ogni giorno, una persona normale potrebbe incrociare fino a mille persone, eppure non saprebbe dire qual è la peggior paura di ognuna di loro, della maggior parte non conosce nemmeno il nome.

Noi, invece, abbiamo vissuto per quattro mesi l'uno di fianco all'altro, per un mese abbiamo camminato ed affrontato difficoltà senza ricorrere all'aiuto di nessun altro all'infuori del nostro gruppo. Nessuno di noi, però, sa quali siano le paure dell'altro. Forse conosco solo quella di Li. Lui è terrorizzato dalla trasformazione, o meglio dal dolore che si prova durante la trasformazione.

La cosa peggiore fra tutte non è la mia ignoranza verso le paure degli altri, bensì la domanda che mi accompagna da quando sono entrata in questa foresta e sono stata divisa dagli altri: Qual è la mia peggior paura?

La prima volta che mio padre mi ha presa in braccio per farmi volare avevo quattro anni e lui disse testuali parole. "La vita è troppo breve per avere paura." Dopo questa esclamazione si lanciò da una scogliera alta una trentina di metri, mentre io avevo chiuso gli occhi, potevo anche accettare di morire in stile spezzatino su una scogliera, ma l'idea di guardare mi faceva raggelare il sangue nelle vene. Poi dicono che sono cresciuta spericolata, meno male che non ho mai cercato di emulare mio padre.

Il volo non mi ha più spaventata, l'altezza nemmeno, cioè non che nel tempo libero adori farmi oscillare su una parete a strapiombo, però non la posizionerei tra le mie paure. Fino a tre settimane fa ero terrorizzata dalla potenzialità di essere scoperta, ora che è successo, che il nodo si è stretto attorno al nostro legame, neanche questo mi spaventa.

Scegliere, ecco cosa mi spaventa. Dover scegliere tra due alternative difficili ed avere il terrore di sbagliare. O ancor peggio la paralisi, non riuscire a scegliere. Ma come si affronta la possibilità di scelta? Come viene rappresentata a livello fisico e non psicologico, una fobia che di fisico ha ben poco? Forse sarebbe più facile scegliere un animale feroce come peggior paura, quello saprei affrontarlo...o magari un Rapax o un Demagon. No grazie, ho già incontrato entrambi ed avrò gli incubi per mesi prima di riuscire a dimenticarli.

Solo ora, mentre questi mille pensieri mi attanagliano la mente, mi rendo conto che c'è una cosa che sento che nella mia testa non c'era mai stata. Silenzio.

È un silenzio assordante, innaturale, qualcosa che avevo desiderato per anni e che ora mi ha fatta paralizzare nel bel mezzo del sentiero. Non c'è nessuno che parli, non c'è nessun pensiero che entri nella mia mente, che viene captato dalle mie abilità, c'è solo una voce a senso unico, la mia. E non mi ero mai resa conto di quanto fosse fastidioso interagire solo con i propri pensieri.

Abbasso lo sguardo sulle foglie cadute che coprono avidamente il sottobosco, ci sarebbero mille colori se la luce del sole potesse filtrare dalle foglie degli alberi, qualche milione di sfumature diverse, invece c'è solo buio intorno a me, un'oscurità che, mi rendo tristemente conto, di star creando io. Dalla pelle le lingue d'ombra hanno preso il sopravvento sul resto, non c'è un singolo millimetro quadrato di pelle che non sia coperto da quel gelido strato. Provo a riassorbirle, ma niente, loro continuano ad uscire finché di fronte a me non prende posto una figura. Alto, moro, gli occhi verdi cromo che ho sognato di rivedere per mesi, sono di fronte a me, è vivo, in carne ed ossa. Le mie gambe iniziano a farsi di gelatina, non capisco più niente di quello che ho intorno, provo a correre verso di lui, ma quando sono ad un passo lui mi guarda disgustato.

<<Non sai ancora controllarti? Stammi lontano, Althea. Tu sei una delusione per tutti, compreso quel Sirase da strapazzo con cui hai stipulato il nodo, davvero pensavi che ti avrebbe protetta da tutto? Meno male che mamma e papà non ci sono più, almeno non hanno dovuto vedere quello che sei diventata.>> schiudo le labbra incredula, mentre quelle parole mi arrivano dritte come pugnalate al cuore.

<<Ma...Alec, io sono qui per salvarti.>> lui ride di gusto e scuote la testa.

<<Non ho bisogno di essere salvato, volevo solo essere lasciato in pace...vattene, Althea. Non cercarmi più.>> mi spintona a terra, l'impatto con il suolo, duro e freddo, non mi rende così agevole rialzarmi in piedi. Appena riesco a tornare in posizione eretta, di lui non c'è più la minima traccia.

Non riesco a parlare con Li e Caleb, mio fratello non è più il ragazzo che ricordavo, la mia mente è vuota e silenziosa, il legame con Caleb sembra essersi dissolto. Non riesco più a controllare le mie ombre, a breve verrò inghiottita dal mio animale e quello sarà il punto di non ritorno.

Appoggio la schiena al tronco di un albero, delle lacrime calde e salate mi solcano il viso, le sento cadere sui pantaloni e bagnare quel tessuto morbido e scuro. Chi volevo prendere in giro? Sono solo una ragazzina, solo Althea, solo una ragazza che ha creduto troppo nelle sue capacità. Nella realtà dei fatti non sono nessuno. Vivo captando le informazioni dagli altri, sentendo i pericoli dal modo in cui pulsa il terreno, ma appena questi poteri mi vengono meno, torno ad essere solo Althea, una ragazzina, che così com'è non riesce ad orientarsi nemmeno dentro ad una stupida foresta.

Rannicchio le ginocchia al petto, incastrando la testa tra il petto e le ginocchia. Sono solo pensieri- continuo a ripetermi. Eppure li sento dentro più di qualsiasi altra voce abbia mai udito.

Sono qui, sul suolo umido, sopra alle foglie cadute tristemente come lo sono io nella mia testa. Sono qui rannicchiata, ma la verità è che sono nella mia testa, nella medesima posizione, chiusa a guscio, nella speranza che nessun altro mi veda così.

All'improvviso, come un fulmine che squarcia il cielo sereno, sento una mano sulla spalla, non è fredda, o forse in questo momento io lo sono di più. La carezza che si irradia sulla schiena è rassicurante, confortante, inviterebbe chiunque a prendere quella mano aggraziata e affusolata.

<<Althea...>> dolce come il miele, letale come il veleno. La leggenda diceva questo ed era fottutamente così.

<<L'avevi predetto ed eccoci qui...la mia anima è segnata al tuo dito da decenni, ancor prima che nascessi.- alzo la testa di scatto e la trovo seduta di fianco a me, gli occhi chiari e rassicuranti di sempre, le labbra scarlatte ed i capelli nero pece. -Sei venuta ad infierire o è giunta la mia ora? Perché nel secondo caso, non ho la forza di combattere.>> un sorriso le attraversa il viso per un secondo, ha vinto, l'aveva detto e tutti lo sanno. Nonostante tutto, nonostante le mille prove da superare, i mille stratagemmi che la gente usa per tenerla lontana, alla fine lei vince sempre.

<<Mi dispiace che non sia andata come volevi.>>

<<Almeno tu non mentirmi Adax...so che non ti dispiace e non vedevi l'ora che arrivasse questo momento, da quando ho riportato in questa vita mio padre. Lo sappiamo entrambe. Verrò con te, ho solo bisogno di qualche secondo.>>

<<Non abbiamo fretta, dolce incantamenti...posso aspettare, per un'anima come la tua.>>

Spazio autrice:

Salve,

bene, il libro è finito, andate in pace...SCHERZO!

Non odiatemi grazie.

Lo so, è un capitolo triste e più lungo del solito. La ricomparsa di Adax mi ha fatto accapponare la pelle, ed ogni volta che rileggo il capitolo mi metto a piangere come una bambina.

Sì, l'ho scritto io, non giudicatemi. Mi emoziono da sola...

Vi aspetto la prossima settimana, solita ora, sempre qui su questi canali.

Un abbraccio,

Belle

La guardia del reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora