Parte prima-capitolo 11

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Alla fine avevano ceduto la camera da letto a Joele e Miriam e avevano dormito sul divano letto della sala.
Giovanni aveva faticato ad addormentarsi per il dolore, non riusciva a trovare una posizione che gli impedisse che le fitte lo tormentassero e avevano passato parte della notte a parlare di vecchi ricordi. Avevano surclassato quelli poco piacevoli e si erano lasciati andare ai momenti più dolci e cullati dalla memoria erano scivolati lentamente nel sonno. La prima a svegliarsi era stata Giulia, ancor prima che suonasse la sveglia per portare a scuola Mattia. Si era divincolata dolcemente dall'abbraccio nel quale la bloccava Giovanni ed era rimasta a fissarlo per qualche istante, il respiro pesante e quella piccola ruga di espressione fra le ciglia anche nel sonno più profondo. Gli aveva lasciato un leggero bacio sulla guancia ed era scesa dal letto, rabbrividendo leggermente per il fresco della mattina. Più tardi sarebbe andata a correre per spazzare via un po' di tensione e liberare le endorfine nel suo corpo, immersa nella natura e respirando a pieni polmoni l'aria profumata di primavera, avrebbe osservato la natura che la circondava ringraziando la quiete che riusciva a catturare da tutto ciò che i suoi occhi riuscivano a cogliere. Si sarebbe fermata in riva al lago per osservare i piccoli animali che sbucavano dal bosco per andare ad abbeverarsi e avrebbe sorriso del fatto che non fossero spaventati da lei che sarebbe rimasta immobile a guardarli, quasi riconoscendo che lei facesse parte di quella natura ancora incontaminata, in equilibrio con il respiro del bosco.
Ora deve preparare la colazione, perché Mattia si sveglierà a breve, anche se ha ancora un attimo per sé e mentre prepara il caffè pensa a quanto ama la quiete della mattina che le permette di calmare i pensieri e di accogliere il silenzio dentro di sé. Non la spaventa l'assenza di rumori, non l'ha mai spaventata neanche la solitudine, alle volte da ragazzina l'ha anche ricercata, perché non si sentiva in sintonia con il mondo e stare con sé stessa era molto più piacevole che donarsi a chi le potesse far del male. Poi aveva conosciuto Giovanni e per quanto si fossero persi di vista per un lungo periodo, con lui non aveva mai sentito il fastidio di condividere i propri pensieri o il proprio tempo e spazio, era sempre stato così naturale e facile, anche i silenzi avevano un buon sapore con lui, perché invece che dividerli li mettevano in connessione. Ora quella tranquillità viene interrotta dai passi di Miriam che scende le scale e le rivolge un sorriso assonnato e adombrato da leggere occhiaie sul viso.

"C'è il caffè appena fatto."

Miriam arriccia leggermente il naso, come se l'idea non la convincesse troppo.

"Hai del succo di frutta?"

"Certo, in frigo."

Si riempie un bicchiere di succo alla pera e siede accanto a lei, sgranocchiando un paio di biscotti e fissandola con la coda dell'occhio.

"Mi dispiace per ieri, ma era necessario che tu sapessi. So che Joele farà il possibile per evitare che la cosa possa danneggiarti, è preoccupato per te, anche se finge di non darlo a vedere."

"Lo so, ormai ho imparato a riconoscere anche i suoi silenzi. Chi l'avrebbe detto che si sarebbe rivelato un genitore così attento, anche con la piccola Elena mi sembra che stia facendo un buon lavoro."

Giulia scorge una piccolissima ombra attraversare lo sguardo di Miriam e se ne chiede il perché. Da quando aveva avuto Elena aveva abbandonato il lavoro pericoloso sul campo e la squadra guidata da Joele, per un lavoro più tranquillo di indagine senza essere in prima linea, in un'altra unità, che le permettesse di conciliare lavoro e famiglia e sembrava che l'equilibrio reggesse.

"Credi che sarebbe così contento anche se sapesse di una nuova vita in arrivo?" Per un attimo Giulia non realizza, poi il suo viso si apre in un sorriso di gioia.

"Vuoi dire che..."

"Si, e sei la prima a cui lo dico. L'ho scoperto solo qualche giorno fa, ma non ho avuto ancora il coraggio di dirglielo."

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