Parte quarta- capitolo 5

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Buio e silenzio, il suono del suo respiro.
Giovanni fissa il soffitto, avvertendo Angela muoversi appena al suo fianco. Anche stanotte non riesce a dormire, anche stanotte qualcosa si agita in lui e non sa cosa gli accada.
Erano appena arrivati a Roma per l'unica tappa italiana del loro lungo tour in giro per il mondo, che durava da due anni, un continuo itinerare che se da una parte l'aveva riempito di stimoli, dall'altra, l'aveva sfinito. Non sapeva mai dove si sarebbe svegliato e spesso, quando apriva gli occhi, doveva recuperare il cellulare per capire che giorno e che tappa fosse nel suo itinerario.
Era stanco ed agitato in quei giorni e non se ne dava una spiegazione. Erano ormai cinque anni che aveva lasciato l'Italia definitivamente e quella era la prima volta che vi faceva ritorno. Da quando era sceso dall'aereo un mare liquido di ricordi l'aveva invaso, stordendolo. I suoni, gli odoori e certi colori che non scorgeva da tempo, gli avevano invaso i sensi e fatto montare quello strano turbamento che non l'aveva lasciato tutto il giorno.
Aveva fatto le prove in uno stato di nervosismo mentre Angela lo fissava perplessa e aveva dovuto far leva su tutto l'autocontrollo di cui disponeva per non scattare come una molla. Avevano cenato e tornati in camera fatto l'amore con passione, ma anche quell' unione dei loro corpi non gli aveva dato soddisfazione.
Lei si era addormentata subito mentre lui era rimasto a fissare quel soffitto come se dovesse scorgervi qualcosa che lo venisse a salvare.
Ma gli occhi non ne volevano sapere di chiudersi, ogni volta che li serrava, un volto gli appariva, colpendolo come uno schiaffo.
Sposta con delicatezza il lenzuolo e appoggia i piedi sul fresco marmo della lussuosa stanza d'albergo.
Deve uscire, deve provare a respirare l'aria di quella fresca sera Romana, sperando di trovare pace. Da uno sguardo al cellulare e vede che è da poco passata la mezzanotte e vestitosi, cercando di non far rumore, imbocca l'ascensore, trovandosi presto in strada.
Deve chiudere gli occhi non appena l'odore caldo della primavera che incombe lo investe improvviso, ricordandogli altre primavere trascorse non troppo distante da quel luogo. È incredibile come sia potente la forza di un profumo che ti riporta in un secondo ad attivare tutti i recettori di mente e corpo, attraversandoti di piccoli brividi. Si costringe a riaprirli, per non smarrirsi in quella nebbia e a guardare ciò che lo circonda. Sono luoghi che non riconosce e quella sensazione lentamente sparisce, rimanendo latente in un angolo della sua testa. Percorre le strade ancora affollate di gente, camminando con lentezza, riempendo lo sguardo di tutto ciò che lo circonda. Una musica attira la sua attenzione, proviene da un locale di cui si intravede l'entrata, con delle scale che portano in un piano inferiore e due ragazzotti ben piantati che ne sorvegliano l'ingresso.
Attirato da tutto ciò si avvicina alla fila di gente che attende di essere accettata all'interno del locale e si accorge immediatamente di non avere nessuna speranza di entrare, perché sembra sia richiesto una specie di invito. Sta per girare i tacchi ed andarsene quando scorge una ragazza che viene fatta entrare mostrando un tesserino che è molto simile a quello che ha lui per l'ingresso degli artisti nell'area prove del teatro. Con un po' di astuzia e sperando che non si accorgano dell'inganno, forse può riuscire ad entrare. Sorride della sua insolita furbizia, non sa perché ma gli sembra che poter accedere a quel locale, stanotte, sia per lui fondamentale. Si avvicina al buttafuori sulla sua destra e gli mostra velocemente il tesserino, in modo che possa registrare nella sua testa forma e colore, ma non leggerne il contenuto, poi, con la faccia tosta più convincente che riesce a produrre, fa finta di scattare in avanti, come se fosse stato spintonato e si volta verso il ragazzo che gli sta alle spalle, il volto adirato e poco disposto al dialogo.

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