Parte seconda-capitolo 1

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Tre mesi prima

"Non dovrai fare nulla, solo parlare con questa persona di quello che vorrai, ti ascolterà senza giudicare. Non sentirti sotto esame, è per aiutarti a stare meglio. Tutti vogliamo solo il tuo bene."

Le parole della preside Pascucci ancora gli ronzano nelle orecchie, mentre siede nella sala d'aspetto della dottoressa Serena Minetti, cercando di scacciare la noia. Ripassa mentalmente lo spartito dell'ultima sinfonia che sta studiando,  le note gli ballano davanti agli occhi socchiusi e le dita si muovono appena a sfiorare dei tasti immaginari. Quando il suo nome viene chiamato, si raddrizza sulla sedia e dopo un paio di secondi per essere certo di aver sentito bene, si alza e entra nello studio. Lo colpisce subito il calore dei colori, non sembra il classico luogo di cura, si vede che è pensato per accogliere piccoli pazienti e forse lui è appena fuori luogo in quell'ambiente vivace.
Ci sono anche alcuni giochi appoggiati in un angolo, che lo fanno sorridere.

"Siediti Mattia e rilassati. Vuoi raccontarmi perché sei qui?"

"Ho dato un pugno a un mio compagno di classe e qualcuno pensa che sia un tipo violento."

"E lo sei?"

"No."

"Perché l'hai fatto allora?"

"Perché è uno stronzo che da il tormento ai compagni più deboli o silenziosi e io non sopporto i soprusi."

"Pensi che la violenza sia la soluzione?"

"No, so di aver sbagliato, ma non ci ho visto più."

Serena lo ascolta, le mani in grembo, parlandogli con un tono calmo e quasi sussurrato, che lo fa sentire rilassato. Era entrato sicuro che non avrebbe aperto bocca e invece si trova a parlare della sua rabbia con facilità, come se si trovasse davanti ad uno specchio.

"Cosa ti ha fatto cosi infuriare da sentire il bisogno di colpirlo?"

Stavolta Mattia non risponde e si ferma a riflettere, parlare così di sé lo porterebbe a scoprirsi davanti a quella donna che sembra simpatica e cordiale, ma che lui non conosce e vuole evitare.

"Non importa, ne parleremo in un altro momento. Vuoi parlarmi della tua famiglia?"

"Devo proprio?"

"Non ti fa piacere parlarne?"

"No, anzi."

"Puoi dirmi quello che vuoi, qui non hai nessun obbligo. Anche le cose spiacevoli, non verrai punito o giudicato per questo."

Mattia la osserva, è una donna ancora giovane, potrà avere qualche anno più di Giulia, ma non crede arrivi ai quarant'anni. Lo osserva con uno sguardo comprensivo, che lo mette a suo agio, anche se ancora non è certo di potersi fidare di lei.

"I miei genitori sono entrambi morti e vivo con mio fratello e la sua compagna, sono la mia famiglia.'

"Cosa provi per loro?'

"Li amo immensamente, anche se non è sempre facile, penso che succeda in tutte le famiglie, non crede?"

Osserva Serena con un'aria di leggera sfida, ma lei rimane impassibile.

"Certo che è normale. Riesci a parlare con loro?"

"Certo, sanno quasi tutto di me. Senta, lo so che sta facendo il suo lavoro, ma le assicuro che non ho scheletri nell'armadio, è solo stato un pugno ad uno stronzo che rompeva le palle, non deve esserci per forza un disagio dietro. Sto bene e prometto di non cascarci più."

"Non sono qui per giudicarti, voglio solo parlare con te, conoscerti."

Mattia decide che è arrivato il momento di fermare il gioco. Improvvisamente non ha più voglia di parlare di sé e si chiude in un mutismo deciso.

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