Parte seconda-Giulia

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Con un suono metallico, il grande portone si spalanca di fronte a lei.
Costringe i suoi piedi a muoversi e quando avverte il tonfo della porta che si chiude alle sue spalle, sussulta leggermente.

"Lei è?"

"Giulia Basti, sono venuta per il colloquio con Giovanni Conforti."
La poliziotta si avvicina e con fare poco gentile la perquisisce e controlla il contenuto della sua borsa.

"Avete un'ora, stanza 13."

Procede lungo il corridoio fino a raggiungere la stanza che le è stata indicata e attende. Era riuscita ad ottenere un colloquio privato, grazie a Joele, ma questa piccola conquista non la fa sentire meglio. Non sa come lo troverà e non sa ancora cosa potrà dirgli per far sì che il suo umore possa risollevarsi, anche se di poco. L'avevano arrestato perché poteva essere un pericolo per le persone che gli stavano accanto, con l'accusa di omicidio. In realtà si era costituito quando si erano presentati a casa per interrogarlo, aveva confessato l'omicidio del suo gemello, senza battere ciglio. Vani erano stati i suoi tentativi di farlo desistere, il solo pensiero che Mattia potesse essere coinvolto l'avevano convinto ad autoaccusarsi. Era precipitato tutto così in fretta che neanche lei era riuscita a mantenere la lucidità ed era crollata, ripiegata su sé stessa. Aveva passato giorni in uno stato pessimo, senza mangiare e dormire, con il pensiero fisso di lui, poi Giada era accorsa in suo aiuto, avvertita dalla sua famiglia che non riusciva a fare nulla per farla uscire da quello stallo. L'aveva lavata e nutrita, l'aveva tenuta stretta mentre piangeva, rannicchiata nel letto e aveva accolto i suoi silenzi.
La casa era vuota e silenziosa e tra loro bastava uno sguardo per capirsi.

"Devi andare a trovarlo, ha bisogno di te."

Giulia aveva scosso la testa con poca convinzione, le braccia intorno alle ginocchia, stretta a sé.

"A cosa servirebbe? Gli basterebbe guardarmi per capire quanto sono disperata, gli farebbe solo del male. Sono riusciti a portare via Mattia e ora anche lui. Come faccio Giada?"

"Come hai sempre fatto, con la forza che hai dentro di te. So che stavolta è dura da affrontare, ma so anche che quando avrai pianto tutte le tue lacrime tornerai più forte e determinata di prima. Ti conosco e so che non lascerai sole le persone che ami."

Si era abbandonata tra le sue braccia, lasciando che il calore che sentiva, mentre l'amica la stringeva, curasse un po' le sue profonde ferite. Erano serviti altri giorni, prima che trovasse il coraggio di affrontare tutto il suo dolore, ma come aveva profetizzato Giada, ne era uscita più determinata di prima. Avrebbe lottato con tutte le sue forze per far sì che tutto tornasse come prima.
Lo scatto della porta che si apre le fa sollevare la testa e lo vede.
È dimagrito, un accenno di barba incolta da giorni sulle guance e lo sguardo spento, che si illumina, non appena la scorge. Vorrebbe buttarsi tra le sue braccia ma la presenza della guardia la frena e rimane seduta fino a che non rimangono soli nella stanza. Giovanni le afferra le mani senza dire una parola e le tiene strette tra le sue, come se temesse di perdere quel contatto. Solo i suoi occhi vibrano di una miriade di sensazioni, prima che li abbassi per non cedere alla commozione.

"Non dovevi venire, non voglio che mi vedi qui dentro, ti fa solo male. Devi pensare a Mattia."

"E a te chi ci pensa?"

Giovanni scuote la testa, non gli importa di sé stesso, non più ormai.
L'unica cosa che conta è far tornare a casa Mattia il prima possibile e far sparire l'angoscia dagli occhi di Giulia. Dimenticherà presto e si farà una nuova vita, senza di lui. Starà meglio e non avrà più problemi.

"Per favore, non preoccuparti per me, sto bene."
Le sue parole raccontano cio che i suoi occhi e il modo in cui le stringe le mani, contraddicono; le comunicano tutto il desiderio che li tiene avvinti in quell'istante, tutta la voglia di non lasciarla andare, almeno per quei pochi momenti, rubati ad un mondo che gira al contrario e li allontana sempre più.

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