Capitolo Uno

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- Dior - 

"Torna qui brutta troietta!" 

La sua mostruosa voce rimbombò per tutto il corridoio deserto, inviando una scarica di paura e terrore nella mia direzione, ma non smisi di correre. Le mie gambe bruciavano ad ogni passo che facevo ed i miei piedi sanguinavano a causa delle rocce su cui stavo correndo. Non mi alzavo in piedi da quelli che mi sembravano anni, il mio corpo era quasi paralizzato per quell'intrappolamento, ma non mi fermai. Come una bambola rotta, inciampai diverse molte, ma non mi fermai. Le ferite ed i lividi bruciavano sul mio corpo, rendendomi debole.

Una delusione proprio come lei mi chiamava sempre.

Brutta, come lei mi aveva sempre descritta.

Debole.

Non sarei mai stata come la mia famiglia.

Sarei sempre stata il brutto, piccolo e debole anatroccolo, come lei aveva sempre detto. 

Ansimo.

Devo fermarmi.

Non riesco a respirare.

Per favore -

"Non riuscirai mai a fuggire da me!"

No!

Devo continuare.

Combatti contro il dolore Delilah, puoi farcela.

Continuai, andando contro il mio stesso corpo ed i suoi desideri. Non potevo fermarmi, non potevo riprendere fiato o mi sarei pentita della mia decisione. Avevo finalmente avuto una possibilità e l'avrei sfruttata.

Dai, ci sei quasi!

Era troppo bello per essere vero. Sentii una mano fredda e sudicia afferrarmi per la spalla e trascinarmi a terra, poi vidi il suo piede comprimermi lo stomaco per bloccare ogni mio possibile movimento. Feci un rantolo di dolore e la pregai, senza parlare, di lasciarmi andare. Cercai di allontanare il suo piede, ma non accennava a muoversi da lì. Mi arresi quando spinse il suo piede ancora più in profondità. Non riuscivo neanche a respirare.

"Te l'avevo detto, non riuscirai mai a fuggire da me. Sei fortunata che non ti abbia sparato, sii fottutamente grata di questo e torna nella tua stanza," mi ordinò ed io annuii rapidamente.

"Oh e non credere che mi sia dimenticata della tua punizione, devi solo aspettare."

No.

Ero stata così stupida.

Perché l'avevo fatto?

Sarei dovuta rimanere lì.

Come avevo fatto anche solo a pensare di avere la forza per scappare?

Stupida, stupida, stupida ragazzina.

Mi ero comportata male, mi avrebbe ferita.

Mi alzai velocemente e zoppicai in direzione della mia stanza, come una prigioniera quale ero. Mi sedetti sul 'letto', che non era altro se non un vecchio e sporco materasso, nessun copripiumino, nessun lenzuolo, nessun cuscino, niente.  Non era neanche tutto, molte delle molle all'interno del materasso mancavano, rendendo la superficie disomogenea che non faceva per niente bene alla mia schiena, ma era pur sempre meglio di niente. 

C'era un gabinetto, un lavandino ed una piccola finestrella che mi permetteva di vedere il mondo al di fuori di quelle quattro pareti.

Era la mia parte preferita della stanza. Vedevo sempre le persone camminare con i loro bambini, vedevo sposi, appuntamenti e persone sole. Era affascinante. Vedere altre persone mi affascinava, dal momento che non avevo più visto nessuno se non lei e le persone che invitava. Ogni tanto mi fermavo a guardare fuori da quella finestrella e speravo di riuscire a scorgere mio padre o i miei fratelli, ma questa possibilità era veramente minuscola.

La mia guardia del corpoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora