Capitolo Ventinove

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- Lucifer - 

Mi ero sentito un fottuto stronzo a casa sua.

Nonostante fossi ancora arrabbiato e lei aveva bisogno di essere rimproverata, non riuscivo ad evitare di volerla abbracciare e dirle che andava tutto bene, che in fondo non ero così arrabbiato con lei. I suoi occhi lucidi e le labbra imbronciate mi avevano fatto dimenticare il motivo per il quale ce l'avevo con lei.

Ma non potevo fingere che non fosse successo nulla.

Durante la mattinata si era comportata segretamente con la sua nuova amica, Cameron mi sembrava si chiamasse, che per me andava bene, però mi aveva anche confuso perché Delilah non mi teneva mai nulla nascosto. Dopo quell'episodio mi aveva praticamente buttato fuori da casa sua, facendo aumentare i miei sospetti.

Sapevo di essere appiccicoso, ma non mi importava.

Di solito quando le dicevo che me andavo lei mi pregava di rimanere, quindi era strano che lei mi dicesse che sarei stato una distrazione. Comunque alla fine mi ero arreso e me n'ero andato. Doveva scrivermi un messaggio ogni ora e l'aveva fatto all'inizio, poi aveva improvvisamente smesso.

Inizialmente non ci avevo rimuginato troppo, stava facendo i compiti e poteva accadere che fosse talmente concentrata da dimenticarsi di scrivermi. Ma dopo che non la sentivo da più di due ore e mezza mi venne qualche dubbio.

Cominciai ad andare in panico.

Scrissi a Dante che non aveva la minima idea di dove fosse e né lei né i suoi fratelli mi rispondevano al cellulare.

Immaginate ora che la persona che più amate al mondo possa trovarsi in una situazione di pericolo.

Definitemi drammatico, se volete, ma ero spaventato a morte.

Sapevo cos'era accaduto in passato e sapevo che diverse persone stavano cercando Delilah, che sembrava essere un bersaglio per molti. Stavo diventando paranoico.

Era l'unica persona che non potevo perdere.

Non volevo neanche pensare all'evenienza.

Se se ne fosse andata, sarei andato con lei. Non sarei mai potuto rimanere qui senza di lei.

La sua esistenza mi teneva in vita.

Lasciai la sua casa con il cuore dolorante. Non potevo perdonare e dimenticare ciò che aveva fatto così facilmente, ma cazzo, era difficile rimanere arrabbiati con lei. Il suo lieve tirare su con il naso rimbombava nel corridoio mentre mi dirigevo alla porta, non potevo neanche girarmi perché sapevo che se l'avessi fatto sarei corso da lei e le avrei baciato quelle lacrime che le scorrevano sul volto.

Ora che ero seduto in auto, mi fermai a guardare la borsa che Delilah mi aveva dato.

Non avevo idea di cosa potesse essere quindi la posai sul sedile del passeggero, sul sedile di Delilah.

L'avrei aperta a casa.

Con un sospiro, misi in moto e mi allontanai, non prima di aver lanciato uno sguardo alla sua finestra per assicurarmi che la ragazza fosse all'interno e sfortunatamente, non la vidi.

Il tragitto fino a casa era stato orribile.

Provavo una sensazione dolorosa che non voleva lasciarmi andare.

Avevo provato a scacciare quella sensazione anche mentre infilavo la testa nella borsa che stringevo tra le mani. Non appena arrivai al mio appartamento, mi sedetti sul bordo del letto e la aprii.

Sollevai le sopracciglia quando vidi diverse cose al suo interno.

Delle rose bianche, un bigliettino, una piccola scatola di gioielleria e degli snack per cani.

La mia guardia del corpoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora