Capitolo Diciassette

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- Dior - 

Papà mi spinse nel sedile del passeggero, facendomi urlare per la sorpresa. Le lacrime mi bruciavano nelle pupille, mentre le mie mani tremanti afferravano la cintura di sicurezza. Ero determinata a non piangere. Ero io nel torto, non meritavo di piangere.

Papà entrò in auto, facendola tremare leggermente data la sua stazza, quel cipiglio non voleva saperne di lasciare il suo volto.

Faceva male.

Faceva più male di quanto potessi preventivare.

Papà non si era mai arrabbiato con me, mi aveva sempre trattata come l'unica persona che lo rendeva felice, ma quell'uomo se n'era andata ed era stato sostituito da uno a cui usciva il fumo dalle orecchie, era un padre deluso.

Non mi azzardai ad aprire bocca, spaventata dalla sua possibile reazione. Invece, mi soffermai a guardare le sue mani che stringevano il volante con forza, al punto da sentirmi male per lui. 

Mi mancava Lucifer.

Non potevo credere che ci eravamo baciati.

Stava andando tutto alla perfezione, fino a che non era apparso papà.

Mi domandavo se i gemelli lo sapessero. Oh Dio, pure loro mi avrebbero odiato!

Non sapevo cosa avrei fatto se fosse stato realmente così. Non potevo vivere senza il loro amore!

Papà guidava velocemente, superando i limiti consentiti. Mi stava facendo paura. Andare ad alta velocità era divertente, ma non quando c'era una persona arrabbiata dietro al volante. Quello non era divertente, ve lo assicuro.

"Puoi r-rallentare per favore?" Sussurrai, ma non pensavo mi avesse sentito, visto che in risposta aumentò ulteriormente la velocità.

Avevo troppa vergogna di chiederglielo ancora, quindi lo lasciai fare ciò che voleva.

Mi feci scappare una lacrima.

Dio Delilah, non riesci a trattenerti per una volta?!

Sei imbarazzante.

La asciugai velocemente, nascondendo ogni traccia della tristezza che provavo e guardando fuori dal finestrino per cercare di distrarmi. Sorprendentemente dopo qualche minuto rallentò, facendomi tirare un sospiro di sollievo.

"Grazie," dissi a bassa voce.

Non rispose e la cosa non mi lasciò scioccata.

Mi ricordava Lucifer la prima volta che ci eravamo incontrati.

Maleducato ed inarrivabile.

Dopo qualche altro minuto, finalmente giungemmo a destinazione.

Papà sgattaiolò fuori dall'auto in tempi record, sbattendo la portiera. Lo seguii poco dopo, riluttante nell'entrare in casa. Era la prima volta che non sarei voluta entrare.

Vidi i miei fratelli in cucina, erano tutti al cellulare e seduti in silenzio. Papà si diresse verso il suo ufficio, lasciandomi in piedi alla porta d'ingresso. Sospirai tristemente, insicura di cosa fare.

Camminai lentamente verso la cucina.

"Ciao," dissi gentilmente, guadagnandomi la loro attenzione.

Udii un coro di 'buongiorno', che mi misero a mio agio, loro non erano arrabbiati come papà. Probabilmente neanche lo sapevano.

Sorrisi ampliamente, correndo verso le braccia aperte di Dominic. Mi strinsi contro il suo petto, trattenendo a stento le lacrime per quanto mi era mancato quel gesto.

La mia guardia del corpoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora