Confessioni a Coney Island

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Alla fine Paul mi ha chiesto di incontrarlo il giorno successivo, per l'una di pomeriggio, davanti all'uscita principale del campus. E quindi ora sono qui ad aspettarlo. Ho parlato sia con Nora che con Tyler di quello che avremmo fatto e che alla fine ci saremmo visti per cena. Loro mi hanno solo ricordato di chiamarli se fosse successo qualcosa e di avvisarli se avessimo fatto tardi a cena. 

"Ehi Giuly" mi chiama Paul. Finalmente è arrivato, stavo cominciando a congelarmi qui in piedi al freddo. 

"Ciao Paul! Come va?" gli chiedo abbracciandolo.

Mi sorride leggermente e annuisce. Poi mi fa segno di seguirlo e scendiamo a prendere la metro. Viaggiamo per un po' in silenzio, poi parliamo in generale degli esami, di come sono andati e dei risultati che stiamo aspettando e finalmente giungiamo a Coney Island: un quartiere molto famoso di New York per le sue attrazioni di Luna Park proprio sulla costa atlantica. 

Giungiamo verso l'oceano e subito sento l'odore del salso, anche se questo luogo è davvero così diverso dal mare italiano. 

"Come mai siamo qui?" gli chiedo mentre percorriamo l'inizio della passerella verso l'acqua.

Paul sospira. "Mi è sempre piaciuto questo luogo, lo trovo pacifico e pieno di confusione allo stesso tempo" mi risponde, "E poi anche perché mi piace l'oceano" continua mentre il suo sguardo è verso l'orizzonte.

"Ti va se ci sediamo?" gli chiedo quando ormai siamo alla fine della passerella con le attrazioni.

"Certo" mi dice e ci accomodiamo su una panchina che da verso l'oceano, "Di cosa volevi parlarmi?" mi chiede poi.

Sospiro e sorrido lievemente. "Credo che tu lo sappia bene. Siamo tutti molto preoccupati" gli dico.

Paul sospira ancora e scuote la testa. "Non ci posso credere Giuly! Sei incredibile, a te davvero ti piace ficcare il naso negli affari altrui!" continua arrabbiato e si alza in piedi.

Io lo guardo, stupita da questa improvvisa sfuriata e anche un po' offesa. Ma lo capisco, ho toccato un argomento privato, forse difficile per lui. Non voglio in alcun modo forzarlo a parlare, a dirmi esattamente cosa pensa e come mi sente, ma voglio che sappia la verità.

"Paul, capisco che ora sei confuso, preoccupato e forse anche ferito, ma quello che io vorrei semplicemente dirti è quello che tutti pensiamo. Da quando voi due avete litigato il gruppo si è praticamente rotto. Tutti ci sentiamo divisi a metà tra te e Giovanni e non vogliamo che sia così. Ci sembra sempre di fare un torto all'altra persona, ci sembra sempre di divertirci quando realizziamo che con noi potrebbe esserci anche l'altro di voi che non è presente e non siamo più felici, perchè alla fine voi due siete molto importanti come amici per noi. Non vogliamo forzarvi ad essere qualcosa che non siete, se non lo volete essere, ma vorremmo poter avere entrambi i nostri amici ancora insieme" gli dico sospirando e con gli occhi lucidi. "Ogni volta che mi siedo in mensa e guardo alla mia sinistra e non ti vedo la tristezza si fa sentire. Non solo in me, ma in tutti quanti" continuo con voce rotta.

Paul mi guarda. Sta piangendo. Si siede accanto a me e mi abbraccia e insieme rimaniamo stretti un po', mentre lo sento sfogarsi. Poi, quando si è calmato, con gli occhi rossi mi guarda e mi dice: "Anche voi mi mancate. Questo mio allontanamento forse è stato eccessivo, ma quello che è successo quella sera con Giovanni mi ha fatto mettere in dubbio tutto della mia vita. Insomma, ho sempre pensato che mi piacessero le ragazze, poi però arriva lui che con la sua personalità e il suo essere italiano mi fa letteralmente girare la testa. E si, ho sentito qualcosa quando mi ha baciato, quella sera nello spogliatoio, ma poi ho avuto paura. Tutto sarebbe diverso da com'è sempre stato, io sarei diverso, tutto cambierebbe e io non voglio che cambi".

Lo guardo e sorrido lievemente. "Capisco la paura che dici, Paul. Ma davvero vuoi vivere per sempre la bugia per paura della verità?" gli chiedo prendendogli le mani.

Lui sospira. "Non lo so Giuly, non so cosa fare" mi sussurra.

Annuisco. Sono convinta che sia assolutamente normale. 

"Cosa ne dici se, intanto, torni a stare con noi più spesso, magari a volte anche con Giovanni. Non ti farebbe piacer rivederlo, nonostante l'imbarazzo magari?" gli chiedo dolcemente.

"Si, la sua presenza mi manca alla fine. Spero solo che l'imbarazzo non diventi un problema" ammette piano. 

"Te la sentiresti quindi di rivederlo? Non credo che si aspetti che parliate subito, ma anche solo la tua presenza quando c'è anche lui aiuterebbe" sussurro, "Si sente terribilmente triste perché l'hai rifiutato, ma soprattutto in colpa per aver rotto il gruppo, anche se in realtà un gruppo non si rompe a meno che qualcuno non decida di farlo" continuo guardandolo.

Paul si volta preoccupato verso di me. Spero che comprenda che tutto questo non è davvero la strada giusta per sistemare le cose, non va bene correre via da quello che si sente, o da chi si è davvero. Però capisco anche che non sia facile, insomma, è tutto nuovo e diverso da come l'ha sempre immaginato o visto e quindi comprendo che sia strano abituarsi a questo cambiamento.

"Ci posso provare" mi dice sorridendo debolmente, "Alla fine mi manca. Mi manca stare con lui, mi manca stare tutti insieme, sentirmi parte di qualcosa di speciale e anche essere qualcuno di speciale" continua sorridendo con gli occhi lucidi. Io lo abbraccio forte.

"Sono felice che ne abbiamo parlato Paul, siamo davvero tutti tristi per questa divisione" continuo dicendogli abbracciandolo. Poi ci stacchiamo e ci sorridiamo. Lui si volta verso l'oceano e sospira. 

"Solo che sarà un po' imbarazzante" ammette.

"Ne siamo tutti consapevoli, infatti si tratta solo di un invito a quando te la senti. Il tavolo e il tuo posto alla fine sono lì per te, sempre ad aspettarti. Anche se ci dovesse essere qualcun'altra, non significa che il posto sia stato sostituito, ma solo tenuto in salvo" gli dico annuendo.

Rimaniamo in silenzio, noto poi che c'è un ragazzo che vende Cotton Candy. "Oddio Paul, vado subito a comprarne un po', tu ne vuoi?" gli chiedo tutta emozionata.

"Certo! Andiamo!" mi dice riprendendosi subito e così prendiamo lo zucchero filato rosa, lo mangiamo camminando e ridendo di cose sciocche. Poi decidiamo di salire sulla ruota panoramica e anche su altre attrazioni, me ne fa provare anche una super pazza che se l'avessi saputo non ci sarei neanche mai salita. Ma alla fine ha fatto bene a trascinarmi lì, è stato davvero figo e lo vorrei rifare quanto prima, più libera e consapevole!

"Oddio sono già le sei!" esclama Paul guardando l'ora sul suo orologio.

"Cavolo, meglio se andiamo subito alla metro allora!" esclamo e insieme ci dirigiamo verso New York.

"Siamo in tempo?" mi chiede Paul mentre varchiamo l'ingresso del campus.

"Si, gli altri sono tutti al tavolo" gli dico sorridendo.

"C'è anche Giovi?" mi chiede un po' preoccupato.

"Si, ma mi hanno detto che ha già tentato di scappare almeno tre volte per fare in modo che tu ti sieda al tavolo con noi" gli dico sorridendo calorosa.

Lui annuisce e sospira. Gli stringo la mano e gli sorrido sicura. Voglio che sappia che ci siamo per qualunque cosa. "Se non te la senti possiamo dire loro che andiamo da un'altra parte io e te" gli dico, ma lui scuote il capo.

 "No, voglio provare a riavvicinarmi" mi dice deciso.

Annuisco e insieme andiamo al tavolo dagli altri. 





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