cinque anni prima

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Se, cinque anni fa, mi avessero chiesto cosa volevo dalla vita, io avrei risposto: "la felicità".

Per me la felicità era l'avere una carriera sfavillante, una famiglia, e una casa in una grande città. Non credevo di credere troppo.

Ancora non sapevo, però, che il destino per me aveva altri piani.

Doveva essere una semplice serata con le amiche, in discoteca, e invece mi ha cambiato la vita.

Non si può certo dire in meglio, ma neanche in peggio. E' andata diversamente da come me l'ero immaginata, diciamo.

Non avevo mai avuto un ragazzo: uno ci aveva provato, dichiarandomi addirittura amore eterno, ma io non lo volevo. A parte lui, tutti dicevano che ero carina, ma nessuno ci aveva mai provato seriamente con me.

Così, all'età di 19 anni, mi trovavo ancora priva del "primo bacio".

Fa ridere, vero? Pace, è andata così.

La colpa, probabilmente, era anche mia. Volevo che accadesse con una persona che amassi, non con la prima che mi capitava a tiro in discoteca.

Quella sera, però, avevo deciso di lasciarmi andare. Avrei baciato qualcuno.

Ancora non lo sapevo, ma sarei andata molto oltre.

Avevo indosso un abito corto, nero, abbinato a delle scarpe con dei tacchi vertiginosi.

Prima di uscire di casa, dopo aver rifinito il trucco, accarezzai la piccola rosa nera, tatuata alla base del mio collo.

Era il mio portafortuna.

Uscii dal mio appartamento, e trovai in strada l'auto della mia migliore amica, che mi attendeva. Percorremmo velocemente le vie torinesi, fino a raggiungere la discoteca.

Quando entrammo, ci tuffammo subito nella mischia.

Bevvi un paio di drink, decisa più che mai a lasciarmi andare.

Ad un tratto, senza quasi che me ne accorgessi, una mano sfiorò la mia. Mi voltai di colpo e, certa di aver visto di fronte a me Paulo Dybala, sorrisi.

"E' l'alcool", pensai, "mi sta giocando brutti scherzi".

Il ragazzo di fronte a me ricambiò il sorriso: "ti va di ballare?", mi chiese. Ero così ubriaca, da essere certa di aver percepito un accento argentino.

Annuii, lasciando che le sue forti braccia mi trascinassero nel mezzo della pista.

Tempo un altro paio di bicchieri, e ci trovammo l'uno avvinghiato all'altra, in una danza di lingue a cui mai avrei pensato di saper partecipare.

Stavo bene. Stavo baciando uno dei miei calciatori preferiti, e a mala pena me ne rendevo conto.

"sígueme!", sussurrò al mio orecchio, prendendomi la mano e trascinandomi fuori dalla folla

"Che fai?", gli chiesi, ridendo. In realtà ero così ubriaca che, oltre a ridere, non sarei riuscita a fare altro.

Mi trascinò verso un terrazzo, che non sapevo nemmeno esistesse. Improvvisamente una folata di vento gelido mi colpì il volto, mentre, di fronte a noi, compariva l'orizzonte torinese, con le sue meravigliose luci notturne.

Chiuse la porta alle nostre spalle, impedendo ad altri di seguirci.

Mi fermai un istante, appoggiata al parapetto, ad osservare il mondo di fronte a me. Improvvisamente, sentii le sue mani avvolgermi, da dietro, mentre le sue labbra lasciavano su di me una lunga scia di baci intorno al collo.

Stavo sbagliando, e lo sapevo. Ma, in fondo, era solo una serata di follia, quella che avrebbe sancito l'inizio dell'università, l'inizio di una nuova vita.

Cosa c'era di male?

Mi voltai, baciandolo con foga. Lasciai che la sua lingua tracciasse delle sottili linee sul mio collo, giungendo ben presto fino al seno.

Vidi Paulo fermarsi, per un istante. "Che bella", disse, osservando la rosa nera tatuata sulla mia pelle.

Sorrisi. "E' il mio portafortuna", confessai.

"E stasera?", chiese, "te ne ha portata?".

"Credo proprio di sì", commentai, maliziosa.

"Ti ricorderò per sempre come la Rosa Nera allora, fantastica ragazza", aggiunse, ricominciando a baciarmi.

Ci nascondemmo in un angolo del terrazzo, lasciando che i nostro vestiti scivolassero a terra, insieme ad ogni tipo di precauzione.

Ero troppo ubriaca per rendermi conto che stavo facendo l'errore più grande della mia vita, e certamente anche Paulo.

Il suo membro mi penetrò. Era la mia prima volta.

Percepii un dolore atroce, che fu presto sostituito da un piacere incredibile, che mai avrei pensato di poter provare.

Percepii alcune gocce di sangue scendere lungo le mie gambe nude.

"Non pensavo...", disse Paulo, improvvisamente impaurito.

"Tranquillo", risposi, all'orecchio.

Ci rivestimmo, riuscendo a mala pena a reggerci in piedi. La mia testa girava, girava, senza farmi capire più nulla.

"adiós, mi rosa nera", sussurrò Paulo al mio orecchio, prima di stampare sulle mie labbra un ultimo bacio, riaprire le porte del terrazzo, e sparire in mezzo alla folla.

Rientrai, con le gambe che faticavano a reggermi in piedi.

Da quel momento in poi, non ricordo più nulla. Mi trovai a casa, la mattina dopo, comodamente stesa sul mio letto, ancora ignara del fatto che nel giro di pochi giorni mi sarei trovata tra le mani un test di gravidanza positivo.


La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora