mare

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Scendemmo dall'auto, mentre il vento ci scompigliava i capelli. Paulo mi aveva portata al mare.

Era autunno, quindi non c'era nessuno.

"Allora, che ne dici?", chiese Paulo, sorridendo.

Dio, quanto adoravo quel sorriso.

"E' perfetto", risposi.

L'argentino prese un borsone dall'auto, e se lo mise sulle spalle.

"E quello?", chiesi, interdetta.

"Attrezzi del mestiere"

Decisi di non approfondire, e lo seguii.

Camminavamo sulla sabbia, accompagnati dal rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Il vento ci cullava, mentre il profumo del sale del mare ci inebriava.

"Che ne dici di metterci qui?", chiese la Joya, posando a terra il suo borsone.

Annuii, osservandolo mentre stendeva sulla sabbia un telo da mare nero, con scritto "Joya" in bianco.

"Pure", commentai, ridendo e indicando la scritta.

Paulo fece spallucce. "Regalo dei miei compagni di squadra, quando ero ancora alla Juventus"

Mi prese per mano, trascinandomi con lui a terra.

Mi baciò, mentre la sua mano mi accarezzava la guancia.

"Ti va di fare un bagno?", chiese.

"Paulo... non ho il costume", gli ricordai.

"Beh, mi vuoi dire che non hai mai fatto il bagno vestita?", commentò, sbalordito.

"Nessuno è perfetto"

Paulo rise, alzandosi in piedi. Allungò un braccio verso di me, invitandomi a stringergli la mano. Quando lo feci, la sua forza mi sollevò da terra.

Mi trascinò, correndo, verso l'acqua.

Ci fermammo un secondo per toglierci le scarpe, già leggermente bagnate dalle piccole onde che giungevano fino a noi. Le gettammo sulla sabbia, senza troppa cura.

Fu questione di un secondo: Paulo mi strinse a se, come mai prima. Le sue braccia erano avvolte al mio corpo, le labbra posate sulle mie.

Si staccò leggermente, per togliersi la felpa che indossava, poi i jeans.

Per un istante, restai senza fiato. Erano trascorsi cinque anni dalla volta in cui l'avevo visto a petto nudo. Era ancora perfetto... forse più di allora.

Gli accarezzai i pettorali, mentre lui sfilava i miei indumenti.

Mi prese in braccio, e si mise a correre.

Iniziai a ridere, mentre sentivo l'acqua sfiorarmi la pelle. Era gelata, ma in quel momento non me ne fregava niente.

Paulo era con me. Stavo vivendo un sogno.

Iniziammo a rincorrerci come due bambini, bagnandoci a vicenda e facendoci i dispetti.

Non mi ero mai sentita tanto libera in vita mia. Mi sentivo bene, con me stessa e con il mondo che mi circondava.

Quando fummo completamente fradici, Paulo si avvicinò a me.

Iniziò a baciarmi. Prima lentamente, poi con un'enfasi sempre maggiore.

Sapevo cosa stava per succedere. Sapevo che era sbagliato, perchè l'acqua non aveva cancellato l'esistenza di Rosa. Lei c'era, eccome. Tra me e Paulo non poteva funzionare. Non potevo legarlo per sempre a me, anche dopo che si fosse stancato di me... di noi.

La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora