uno in più

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"Svegliati!", mi disse Paulo, mentre apriva le finestre della nostra stanza.

"Che ore sono?", chiesi, intenzionata a restare a dormire.

"Le 8 del giorno in cui scopriremo se nostro figlio sarà maschio o femmina", rispose, sedendosi accanto a me sul letto.

Mi baciò, accarezzandomi il volto. "Dai, alle 10 abbiamo l'appuntamento", mi incitò.

Sorrisi, e mi alzai. Mi cambiai velocemente, e mi diressi al piano di sotto per fare colazione. Rosa era già sveglia, e stava gustando tranquillamente uno yogurt alla stracciatella.

"Ciao, bella", le dissi, dandole un bacio in fronte e sedendomi davanti a lei.

Ricambiò il saluto, per poi tornare al suo amato yogurt.

"La portiamo a calcio, poi andiamo" mi comunicò Paulo, un'ora dopo.

Salimmo in macchina, e arrivammo alla sede della Roma. Lasciammo Rosa insieme alle sue compagne di squadra, e poi partimmo alla volta dell'ospedale.

Entrammo insieme nel reparto, e attendemmo che la mia ginecologa venisse a chiamarci. Attendemmo qualche minuto, poi sentimmo la sua voce che urlava il mio nome.

Entrammo insieme nel suo ufficio, e mi posizionai sul lettino per l'ecografia. La dottoressa iniziò l'esame, mentre sullo schermo accanto a me comparvero le immagini del feto che portavo in grembo.

Mi commossi, nel sentire il battito del suo cuore. Vidi che anche Paulo era emozionato, felice di poter finalmente vedere tutto ciò che con Rosa si era perso.

"Cari miei, sarà un maschio", comunicò la dottoressa, che spostò lo sguardo verso la Joya, per vedere la sua reazione.

Era felice, come non lo avevo mai visto. Un piccolo Paulo Dybala avrebbe conquistato il mondo, un giorno, con la stessa bellezza di suo padre.

Sentivo la sua mano stringere la mia, come per dirmi: "lo cresceremo insieme, e sarà un figlio fantastico".

I suoi occhi verdi brillavano di felicità, mentre il mondo intorno a noi sembrava di colpo più bello di quanto non fosse mai stato.

Scesi dal lettino, più emozionata che mai. La ginecologa mi prescrisse alcune visite di controllo da fare nei mesi seguenti, ma comunque mi comunicò che il bambino per ora sembrava sano, e la gravidanza sicura.

Mi invitò comunque a prestare attenzione e a non fare sforzi eccessivi.

"Che dici, lo comunichiamo a Rosa?", chiesi, una volta usciti dall'ospedale.

"Appena torna  a casa", rispose, mentre nei suoi occhi regnava ancora quella meravigliosa luce di gioia profonda.

Rosa tornò un'oretta dopo, accompagnata a casa dalla madre di una sua compagna di squadra. Attendemmo che si facesse la doccia e si cambiasse, poi la invitammo a sedersi di fronte a noi, sul divano.

"Rosa... avrai un fratellino", dicemmo insieme, curiosi di quale sarebbe stata la sua reazione.

Notai che il suo sguardo si illuminò di colpo, come se nulla avrebbe potuto renderla più felice. Corse ad abbracciarci, forte come non aveva mai fatto.

"E' qui dentro?", chiese, indicando la mia pancia.

"Certo", le dissi, sorridendo. "Puoi parlargli quando vuoi, raccontargli di te, della tua vita,..."

"Ma mi sentirà?", chiese.

Feci spallucce. "Non si sa, ma almeno penso che sentire la tua voce possa fargli capire che tu sei sua sorella, e che non è solo, anche se non vede nessuno lì dentro"

Rosa accarezzò la mia pancia, e le diede un bacio.

"Come si chiamerà?"

"Pensavamo a Cristiano, ma se non ti piace possiamo cambiarlo", disse Paulo.

"Cristiano va benissimo", disse, "ciao, Cri", aggiunse, rivolta verso la mia pancia.

La abbracciai, felice che l'avesse presa bene.

Quella sera Paulo mi fermò un istante, dicendomi: "Domani Rosa sta con Abraham. Ti devo portare in un posto"

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Partimmo alla mattina presto, dopo che Abraham ebbe portato Rosa a casa sua.

"Dove andiamo?", chiesi, sapendo perfettamente che Paulo non me lo avrebbe mai detto.

"Fai sempre troppe domande", commentò.

Risi, e decisi di non insistere.

"E' un viaggio folle da fare in giornata, ma noi siamo folli, giusto?", aggiunse.

Scoppiai a ridere. "conosco una ragazza che è andata e tornata in giornata da Treviso al Principato di Monaco, quindi non mi scandalizzerò di nulla"

Paulo rise. "Ok, quella è peggio"

Quando capii la nostra destinazione, compresi ogni cosa. Ci trovavamo di fronte alla discoteca in cui ci eravamo conosciuti ormai quasi 10 anni prima.

"E' giorno... sarà chiusa", obiettai, quando Paulo si avvicinò alla porta d'ingresso.

"Essere Paulo Dybala ha i suoi vantaggi, soprattutto se il gestore è Juventino", commentò.

Scoppiai a ridere, e lo seguii all'interno della discoteca. Subito un mare di ricordi riaffiorò nella mia mente, come se ogni cosa fosse accaduta il giorno prima. Rividi di fronte ai miei occhi quella piccola me, ancora insicura e ignara di ciò che la vita le avrebbe riservato.

Rividi gli istanti più incoscienti e allo stesso tempo provvidenziali della mia vita. Se non avessi fatto quella follia, non sarei mai diventata la futura moglie di Paulo Dybala, non avrei una figlia da lui e non porterei in grembo un altro bambino.

Paulo mi prese per mano, trascinandomi lungo la sala, fino a quella porta che 10 anni prima aveva aperto, ubriaco, per portarmi in terrazza.

Fece la stessa cosa, mentre dalla sala improvvisamente si alzò la musica. C'eravamo solo noi, a rivivere un passato che ora sembrava più vivo che mai.

"Qui tutto è iniziato", commentò Paulo.

"Sono debitrice a questo posto", risposi, sorridendo.

Ci lasciammo cullare dalla musica, mentre l'orizzonte torinese si stagliava di fronte a noi. Era trascorsa una vita, era cambiata ogni singola cosa, eppure quella visuale era sempre la stessa.

Mi voltai verso quell'angolo di terrazzo in cui avevo perso la verginità, in cui ero rimasta incinta, in cui avevo cambiato completamente la mia vita, senza nemmeno saperlo.

"Ti amo, Sofi. Sei la mia vita"

"E tu la mia"

La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora