Feci sedere Rosa sul divano, e accesi la tv.
Notai subito che mia figlia era una tifosa sfegatata, esattamente come sua madre. Erano interiste fino al midollo, e mi faceva piacere, anche se non approvavo troppo i loro colori. Mi emozionavo sempre, comunque, nel vedere queste storie di amore per le proprie squadre.
Improvvisamente, però, gli occhi di Rosa si velarono di lacrime.
"Cosa c'è, tesoro?", le chiesi, anche se sapevo perfettamente quale fosse il motivo di quelle lacrime.
"Non ho mai visto una partita senza la mamma... non voglio che se la perda", ammise, "Poi lei si mette sempre la sua maglia portafortuna... come faremo a vincere, senza?"
Sorrisi. "vedrai che faranno il possibile per vincere lo stesso... e la tua mamma saprà perfettamente cosa sta succedendo in campo. Lo sai anche tu, no? Sofia sa sempre tutto"
Rosa sorrise, leggermente. Non l'avevo convinta.
La abbracciai, stringendola più forte che potevo. Mai come in quel momento mi ero reso conto di quanto avessi bisogno di lei.
Perchè lei aveva bisogno di me, ma io senza di lei sarei morto, costretto a convivere con un dolore più grande di me.
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Il giorno dopo, mi svegliai molto presto. Preparai un'abbondante colazione per Rosa, e attesi che si svegliasse.
Quando sentii i suoi piedini minuscoli scendere le scale, mi si scaldò il cuore. Era tenerissima.
Facemmo colazione insieme.
"Andiamo un po' in ospedale dalla mamma, poi vieni con me alla sede della Roma... va bene?"
Rosa annuì, felice. Sembrava che il sonno le avesse ridato le serenità. Le lacrime della sera prima apparivano ormai lontane.
Il mio dolore, invece, era più vivo che mai. A stento avevo chiuso occhio. Ogni volta che mi assopivo appariva di fronte a me l'immagine di Sofia, su quel letto d'ospedale.
I genitori di Sofia erano ancora lì... temevo che avessero dormito in ospedale, senza nemmeno andare nell'hotel a cui avevano accennato.
"Vi ospito io questa notte. Non accetto rifiuti", dissi. Già Rosa rischiava di perdere sua madre.. volevo che almeno i nonni le stessero accanto.
Elena, la mamma di Sofia, sorrise. "Grazie per tutto quello che stai facendo. Capisco perchè Sofia si sia innamorata di te... sei un ragazzo straordinario"
Sorrisi, commosso. "E lei deve essere fiera di sua figlia. E' la persona più straordinaria che abbia mai conosciuto"
Il mio sguardo si posò proprio su di lei, sul suo volto addormentato, dietro a quel vetro spesso.
Rosa le stringeva la mano, mentre suo nonno la teneva in braccio.
Sentii una lacrima scendere, scorrere lungo la mia guancia.
Non appena uscirono, mio fiondai in quella maledetta stanza.
"Hola, mi amor", sussurrai.
La baciai.
Era così... fredda. Come se nel suo corpo non ci fosse più l'anima.
Mi sedetti al suo fianco. "Oggi porto Rosa alla sede della Roma", le dissi. "ieri abbiamo giocato insieme a calcio... sembra che le piaccia molto"
Udii la sua voce, nella mia testa. "tale padre, tale figlia", diceva.
Sorrisi, e voltai lo sguardo verso il pavimento. Vederla lì era devastante.
"ci vediamo dopo", sussurrai.
Vidi che Elena aveva appena terminato di parlare con un medico, quindi mi avvicinai a lei per sapere cosa le avesse detto.
"Dice che è stabile. Il fatto che non peggiori più essere positivo, però se non inizierà a migliore nelle prossime ore, potrebbe non farcela"
Incassai il colpo, e non dissi nulla. Non ce la facevo più.
"Vieni, piccola", dissi a Rosa, prendendola per mano e accompagnandola lungo il corridoio.
Ci recammo direttamente alla sede della Roma. Per un istante, decine di scene mi passarono di fronte agli occhi. Sofia che mi salutava, Sofia che mi sorrideva, Sofia che mi parlava, ...
"Vieni, ti presento i miei compagni di squadra", la incitai, notando il suo sorriso.
Proprio in quel momento vidi Abraham fare il suo ingresso in sede.
"Ma che bella bambina! Chi è?", chiese.
"Mia figlia", esclamai, pentendomene subito. Rosa non sapeva che ero suo padre. Vidi i suoi occhi posarsi sui miei, increduli.
"Ah! Ecco da dove vengono quegli occhioni, allora!", commentò Abraham, chinandosi verso Rosa e stringendole la mano.
"Piacere, Tammy", si presentò.
"Rosa", sussurrò la bambina.
Le presentai altri miei compagni di squadra, notando nei loro sguardi, ogni volta, lo stupore più puro.
Quando fu il momento di andare ad allenarmi, affidai mia figlia ad una delle assistenti, Emma.
Giocarono un po' insieme, guardando i nostri esercizi.
"ma... sul serio è tua figlia?", mi chiese Abraham, in un attimo di pausa.
Annuii.
"La madre è... Oriana?"
"Oh, no", risposi in fretta, ridendo. "E' una storia un po' complicata... diciamo che Rosa è il frutto di una serata in cui mi sono lasciato andare un po' troppo. Non ho saputo nulla di lei, fino a qualche mese fa. Purtroppo sua mamma è in ospedale, che lotta per sopravvivere"
"Oh, Dio.... cosa le è successo?", chiese, preoccupato.
"E' stata investita, ieri"
"ma... state insieme?"
Sorrisi. "non ufficialmente, ma ci amiamo molto. Purtroppo non sono mai riuscito a dirglielo, però"
Abraham sorrise. "Vedrai che presto si sveglierà, così potrai dirle i tuoi sentimenti, e potrete crescere insieme quella fantastica creatura", disse, indicando Rosa.
Sorrisi, riconoscente. Man mano che le ore passavano, dubitavo sempre di più che avrei potuto rivedere la luce dei suoi occhi.
"sarai un padre meraviglioso", mi assicurò, battendomi una mano sulla spalla, e correndo verso il campo per tornare ad allenarsi.
Mentre correvo e calciavo palloni, vidi Emma venire velocemente verso di me.
"che succede?", le chiesi.
"Ha telefonato una certa Elena... ha detto di avvisarti che devi andare subito all'ospedale"
Deglutii. "Cos'è successo?"
"non lo so"
Corsi all'interno della sede, presi in braccio Rosa, e mi fiondai in macchina. Non mi ero ne fatto la doccia, ne cambiato, ma in quel momento non me ne poteva fregare di meno.
Premetti il piede sull'acceleratore, fin quando la mia auto non fece il suo ingresso nel parcheggio dell'ospedale.
Scesi velocemente dal veicolo, e mi precipitai all'interno della struttura.
"Sofia è peggiorata", disse Elena, con le lacrime agli occhi. "I suoi battiti sono rallentati, e sembra avere delle difficoltà respiratorie"
"no... non può essere", sussurrai, con le lacrime che ormai mi rigavano il volto.
Mi abbracciò, lasciando che il mio dolore si mischiasse al suo.
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La rosa nera II Paulo Dybala
RomanceArrivare a 19 anni senza aver mai baciato nessuno... folle, no? Chi l'avrebbe mai immaginato, che proprio nella notte in cui avevi deciso di lasciarti andare, ti saresti trovata con una figlia da Paulo Dybala. Figlia di cui lui, ovviamente, è ignaro...