y ella

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ALICE'S POV

Lasciai Sofia e Rosa in hotel: avrebbero visitato la città, mentre io tornavo alla sede della Roma per compiere il mio dovere di giornalista sportiva.

Tra me e Sofia, in realtà, la più adatta per questo lavoro sarebbe stata lei: io lo avevo fatto solo per far felice mio padre.. lei, invece, amava il calcio. Nei momenti più bui della sua vita era stata l'unica cosa in grado di farla sorridere, quella corda che la teneva, quando la sua intenzione sarebbe stata quella di precipitare nel baratro.

La luce nei suoi occhi, quando varcava la soglia di uno stadio, era stupenda. Contagiosa. Sofia avrebbe portato chiunque ad amare il calcio, con lei al suo fianco.

Perchè lei era così: timida, tranquilla, spesso solitaria... solo che, nel momento in cui la conoscevi a fondo, ti travolgeva, per non lasciarti più.

Con questi pensieri per la testa, entrai ancora una volta nella sede della Roma, dove vidi alcuni giocatori che, annoiati, ascoltavano musica dalle loro Airpods.

Chissà cosa stavano aspettando, pensai.

Mi sedetti su un divanetto nella hall, attendendo di essere chiamata per un'intervista che avrei dovuto fare a Mourinho.

Inviai a Sofia una foto del luogo in cui mi trovavo, e, come risposta, ricevetti un dito medio.

Tipico.

"Hola", disse una voce, di fronte a me.

Alzai di scatto lo sguardo dal telefono, e mi trovai di fronte a Paulo Dybala.

Deglutii.

"Scusami se ti ho disturbata", aggiunse subito.

"No... tranquillo."

"volevo chiederti una cosa...", disse, incerto.

Sorrisi, notando che era a disagio.

"La tua... assistente".

"Non è la mia assistente"

"come?", chiese, sbalordito.

"Sofi è la mia migliore amica. E' talmente patita di calcio che l'ho introdotta qua in modo... beh, non troppo ortodosso, diciamo"

Paulo sorrise. "chiunque sia... posso chiederti il suo cognome... o il suo Instagram... vedi tu"

Finsi di essere sorpresa dalla sua richiesta. "Perchè... se posso chiedere?"

Paulo si morse la lingua. "Credo... credo di conoscerla"

Sorrisi. "Cosa te lo fa pensare?"

"Cacchio, devi essere brava come giornalista, se tormenti così le persone", disse l'argentino, ridendo. "Comunque mi ricordo il suo tatuaggio... la rosa, sul collo".

Non risposi, ma gli mostrai il profilo Instagram di Sofia.

Digitò qualcosa sul suo iPhone, fece per andarsene, ma poi si bloccò. "Per caso è di Torino?".

"Lo era. Qualche anno fa."

Vidi Paulo deglutire, sussurrando "y ella... beh, grazie mille. E' stato un piacere conoscerti".

Sorrisi. "Anche per me".

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SOFIA'S POV

Quando Alice tornò in hotel, io e Rosa avevamo appena terminato la visita dei Musei Vaticani. Inutile dire che eravamo esauste.

"Per caso ha iniziato a seguirti?", chiese la mia amica, senza nemmeno salutarmi.

"eh?"

"Dybala"

"no, perchè dovrebbe?", domandai, incerta.

"merda"

Continuavo a non capire. "che succede?"

"oggi mi ha chiesto il tuo Instagram... possibile che sia così scemo da non mandarti la richiesta?", spiegò.

"Non voglio che me la mandi", ribattei.

"Io sì", concluse.

Feci una smorfia mentre, dentro di me, una punta di delusione si insinuava nel cuore. In fondo, ci speravo.

"senti... io e Rosa andiamo a fare una passeggiata", dissi.

"ma siete appena tornate", obiettò Alice.

"pace".

La mia amica sorrise, mentre io e mia figlia uscivamo dalla stanza.

Uscimmo, ancora una volta, all'aria romana. Amavo le città: mi facevano sentire a casa, ovunque fossero.

Trassi un profondo respiro, per cancellare dal mio cuore la delusione. Quando Alice mi aveva raccontato l'accaduto, non potevo negare di aver sperato che, aprendo il telefono, avrei trovato una notifica di Instagram simile a: " @paulodybala  ha chiesto di seguirti".

Tutto ciò non sarebbe mai accaduto, e lo sapevo perfettamente.

Portai Rosa al parco più vicino, e la lasciai correre serena, ignara della tempesta che avevo in testa.

Quando la guardavo, mi sentivo felice. Era nata da un errore, certo, ma era la cosa migliore che avessi mai fatto. Era la mia luce, sempre presente in fondo al tunnel.

Guardai il telefono, spegnendo anche l'ultima fiamma di speranza che ardeva in me.

"pezzo di merda", sussurrai, per poi sorridere. Cosa mi sarei aspettata, d'altronde?

"Rosa! Dai, torniamo in hotel", la chiamai, quando ormai le prime ombre della sera iniziavano a farsi strada.

La bambina mi corse incontro, seguendomi.

La presi per mano e, nel momento in cui stavamo attraversando un parcheggio, un'auto dietro di noi suonò il clacson.

Mi voltai di scatto, per vedere una Lamborghini gialla.

Quando osservai all'interno dell'abitacolo, mi si gelò il sangue nelle vene.

Paulo mi riconobbe, perchè abbassò il finestrino.

"Scusa. Sono di fretta. Di solito non sono così stronzo", gridò.

"Sicuro?", chiesi, provando un incredibile moto d'odio nei suoi confronti.

Paulo percepì la mia ostilità, e mi sorrise.

"dai..."

"guarda che non basta un sorriso per incantare una ragazza"

"sicura?"

"vaffanculo", esclamai, ricordandomi solo in quel momento che Rosa era accanto a me.

"Chi è?", mi chiese, indicandola. "la tua sorellina?"

"Non è un problema tuo"

"sei sempre così acida?"

"solo con chi se lo merita"

"e, sentiamo, cosa avrei fatto per meritarmelo?"

"esisti", conclusi, voltandomi e trascinando Rosa.

Paulo ci seguì, con la macchina.

"mi stai simpatica, lo sai?"

"mi fa piacere"

"potremmo anche parlare, se ti fermassi un secondo"

"credimi, per dirti tutto quello che ho da dirti ci vorrebbe ben più di un secondo"

"come mai così tanti pensieri su di me?"

"ma sei scemo o cosa?"

"cosa".

Alzai gli occhi al cielo, e ringraziai il destino per avermi permesso di raggiungere la porta d'ingresso dell'hotel prima che Paulo potesse aggiungere qualche altra parola.

Forse ero stata troppo dura con lui, pensai.

O forse no.

La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora