ti capisco

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Dopo aver lasciato Rosa all'asilo, mi recai al liceo dove insegnavo. Dovevo ammettere che fare la prof non era poi così male.

Forse era quella piccolissima differenza d'età che mi separava dai miei studenti, ma riuscivo a rivedermi in loro. Alcuni, soprattutto, erano come lo specchio di me stessa.

Non era finita da molto, l'adolescenza. Sentivo che le sue ferite erano ancora vive sulla mia pelle. Il tempo le stava ricucendo. La polvere degli anni stava coprendo antichi pensieri, antiche paure.

Ora ne avevo di nuove, ben più grandi.

Entrai in aula, costringendo la mia classe a prendere posto.

Parlai loro di Burri e dei suoi quadri. Parlare di arte, era una cosa fantastica.

Era uno dei pochi argomenti di cui non mi sarei stancata mai.

Alcuni di loro erano attenti, mi ascoltavano, prendevano appunti. Altri mi osservavano con uno sguardo stralunato, di chi avrebbe voluto essere ovunque, meno che in quell'aula.

Quando suonò la campanella, li salutai.

"Professoressa!", gridò una ragazza, raggiungendomi in corridoio.

Si chiamava Ilaria. Era simpatica, un po' timida. Era alta più o meno come me, e degli abbondanti capelli neri le ricadevano ordinatamente sulle spalle, intonati ai suoi occhi colore della pece.

Mi voltai verso di lei.

"Vorrei parlarle... posso?", chiese.

"Ma certo!", la rassicurai.

"magari in privato... in un posto dove nessuno possa sentirci"

Le sorrisi, e la accompagnai fino al cortile. A quell'ora era deserto.

"dimmi tutto", la esortai.

"io... non so se sia giusto stare qui, a parlare con lei, ma...", iniziò, lasciando che le sue parole si spegnessero.

"puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa. Non ti giudicherò, e non dirò mai nulla a nessuno. Giuro", dissi, mettendomi una mano sul cuore.

Vidi le labbra di Ilaria piegarsi in un sorriso.

"Io...", disse, per poi respirare profondamente. "Ho paura di essere incinta"

La guardai, mentre il mio cuore batteva forte nel petto. La capivo, più di chiunque altro.

"Forse non avrei dovuto parlarne con lei, solo che... ho paura di dirlo ai miei genitori, ma ho bisogno di un consiglio adulto, non come quello delle mie amiche"

Le presi le mani, stringendole nelle mie.

"Nessuno può capirti più di me. Parlo per esperienza personale", le dissi.

"Le è successo?", chiese, curiosa.

Sorrisi. "Ho una figlia di 5 anni"

"Cavolo! Lei sembra così giovane..."

"L'ho avuta a 19 anni, quando stavo per iniziare l'università. Quando l'ho saputo mi è caduto il mondo addosso."

Ilaria mi fissò per qualche istante, senza dire nulla. Forse aveva paura di farmi domande troppo indiscrete, o forse non pensava che una professoressa potesse celare questi segreti.

"Non le è mai venuto in mente di... abortire?"

Annuii. "La prima idea era stata quella, ma alla fine ho deciso di farla nascere, e di crescerla completamente da sola"

Ilaria sorrise. "Che coraggio"

"Ce ne vuole meno di quanto sembri. Quando sei in una situazione così, non pensi più. Decidere di farla nascere è stata una decisione tanto improvvisa quanto il momento in cui è stata concepita"

"Cosa l'ha spinta a non abortire?"

"Non lo so, di preciso. Forse una vecchia serie tv che adoravo quando ero adolescente. Si chiama "una mamma per amica", e parla di una ragazza che, rimasta incinta a 16 anni, ha cresciuto sua figlia da sola, come fosse la sua migliore amica. Una parte di me ha sempre voluto che una cosa così succedesse. L'altra aveva una paura micidiale."

"Ed è felice?... della scelta, dico"

Sorrisi. "Felicissima. Rosa è la parte migliore di me"

Dopo qualche istante di silenzio, le chiesi: "da quanto sospetti di essere incinta?"

"Una settimana. Il problema è che non ho occasioni per comprare un test di gravidanza", rispose, preoccupata.

Strinsi le sue mani nelle mie. "Te lo compro io. Domani, quando preferisci, te lo do"

"Lo farebbe sul serio... per me?"

"certo che lo farei"

Vidi un timido sorriso comparire sul volto preoccupato di Ilaria. "Grazie. Non so come sdebitarmi. Nessuno farebbe questo per me... praticamente senza conoscermi".

Le accarezzai una guancia, mentre una lacrima le scivolava sulla pelle. Per un attimo pensai a Rosa, al momento in cui sarebbe cresciuta. Non le avrei mai permesso di fare i miei stessi errori, pensai. Lei avrebbe dovuto ottenere tutto ciò che voleva, senza problemi.

"Sorridi, che quando lo fai sei bellissima", le dissi, alzandomi e riaccompagnandola in aula.

Trascorsi tutta la mattina a fare lezione. Mi piangeva il cuore all'idea che Ilaria potesse essere incinta. 

I miei pensieri negativi furono spazzati via da una telefonata di Paulo, proprio nell'istante in cui stavo uscendo dalla scuola, per andare a prendere Rosa.

"¡detente donde estás!", esclamò, senza nemmeno salutarmi.

"E' una minaccia?", chiesi, ridendo.

Paulo riattaccò subito, mentre la sua Lamborghini gialla parcheggiava accanto a me.

"che onore", commentai, salendo nell'auto.

"che vuoi fare?", chiese.

Lo osservai, con sguardo interrogativo.

Vidi un sorriso comparire sul suo volto. "Abbiamo varie opzioni: una è andare a prendere Rosa e mangiare tutti e tre insieme in qualche posto carino. La seconda è pranzare solo noi due, e andare a prendere la bambina più tardi. La terza decidila tu"

Scoppiai a ridere. Pensai che, in fondo, un po' di tempo sola con Paulo non avrebbe potuto farmi che bene.

"Voto per la seconda", decisi.

"sì señora"

"Chiamo l'asilo, per dire che passerò a prendere Rosa più tardi"

Paulo annuì, mentre io afferravo il cellulare e componevo il numero. Dissi che avevo un problema al lavoro, e che avrei avuto un po' di ritardo. Mi assicurarono che non ci sarebbe stato alcun problema.

"Mi sento un po' una merda", ammisi, dove aver riattaccato.

Paulo si mise a ridere. "Perchè?"

"Rosa è la da sola..."

"vedrai che si starà divertendo. Ormai sta crescendo... deve iniziare ad essere indipendente!"

Sorrisi, mentre seguivo con lo sguardo diverse vie romane che si susseguivano di fronte ai miei occhi.

"Dove andiamo?", chiesi, incuriosita.

"Tu vuoi sapere troppo"

Paulo continuò a guidare per circa un'ora, senza mai dirmi dove fossimo diretti. Mi piaceva quest'aria di mistero, ma allo stesso tempo mi divertivo ad infastidirlo.

Lo guardavo, mentre i suoi occhi erano concentrati sulla strada di fronte a noi. Osservavo la sua bellezza. Osservavo quelle sue meravigliose iridi verdi. Osservavo i suoi capelli, che mai come in quel momento avrei voluto accarezzare.

Distolsi lo sguardo. Tra di noi non avrebbe potuto esserci una fine felice.

La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora