questa volta ci sei

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Eravamo sposati da cinque mesi. Probabilmente, i migliori della mia vita. Rosa ormai aveva compiuto 10 anni, e stava crescendo a vista d'occhio.

Mi sembrava trascorso un secondo da quando l'avevo presa in braccio per la prima volta, tanto tempo prima. Era trascorsa una vita, mentre ogni singolo dettaglio era mutato, ad eccezione della sua esistenza.

Cristiano, invece, ormai si trovava nella mia pancia da nove mesi. Eh, già. Il momento fatidico era sul punto di arrivare. Presto avrei potuto prendere in braccio un nuovo minuscolo esserino, questa volta un maschio.

Mi svegliai, con Paulo steso accanto a me. Ogni giorno, sapevamo che sarebbe potuto accadere di tutto. Da un momento all'altro avrei potuto sentire le acque che si rompevano, segnalando l'imminente arrivo di Cristiano.

"Cómo estás?", mi chiese Paulo, non appena si accorse che mi ero svegliata.

"Bene"

"Pensi che sia il giorno?", aggiunse. Me lo chiedeva tutte le mattine.

"Non lo so, come faccio a saperlo? Finché non si rompono le acque, ne so quanto te", ribattei, ormai snervata da tutte quelle domande.

Ci alzammo e andammo a svegliare Rosa, che non vedeva l'ora di stringere tra le braccia il proprio fratellino. "ma quando nasce?", chiese, non appena mi vide comparire sulla porta.

"Amore... non lo so. Dovrebbe nascere in questi giorni", spiegai.

"Ma non puoi dirgli di muoversi?", chiese, esasperata.

Sorrisi. "Glielo dirò, vediamo se mi ascolta", risposi, dando qualche leggero colpetto alla mia pancia enorme.

A quanto pare mi ascoltò, perchè cinque ore dopo mi trovai su un letto d'ospedale, con dei crampi atroci al ventre e Paulo che mi teneva per mano, spaventato come non mai.

"Paulo, renditi conto che sei più agitato di me"

"Tu ci sei già passata... per me è la prima volta"

"SONO IO CHE DEVO PARTORIRE, TU MI DEVI SOLO TENERE LA MANO", gridai, esasperata. 

Paulo non rispose, rendendosi conto che in fondo il suo intervento nel parto sarebbe stato estremamente limitato.

Un'infermiera entrò nella stanza dell'ospedale. "Credo che manchi poco", constatò, e fece preparare il letto perchè fosse spostato in sala parto.

Paulo mi seguì.

"E' il primo figlio?", chiese l'infermiera.

"No. Secondo"

"Il primo è nato di parto naturale?"

"sì..."

"allora sa già come si fa", commentò, sorridendo.

Annuii, certa però che non sarebbe cambiato nulla dalla prima volta. L'unica differenza sarebbe stata la persona che mi stringeva la mano: prima mia madre, ora Paulo.

Quando entrammo in sala parto, non sapevo se avere paura per il dolore che avrei provato, o essere felice perchè presto avrei stretto tra le mani mio figlio e mi sarei liberata di quel pancione insopportabile.

Paulo, invece, era molto più agitato di me. Sudava come se la madre fosse lui.

Trovai la forza di ridere. "Stai tranquillo Paulo, davvero", dissi, cercando di calmarlo.

Sistemarono il letto, mentre un'enorme fitta mi fece urlare di dolore.  Mi fecero aprire le gambe.

"E' pronto", comunicò l'infermiera.

Da lì in poi fu un inferno, esattamente come il parto di Rosa. Il dolore era inimmaginabile, e la fatica che stavo facendo neppure.

Paulo mi stringeva la mano, anche se ad un tratto la allontanai perchè mi infastidiva: avevo bisogno di tutte le mie forze, e non potevo preoccuparmi di fargli male stringendo troppo le dita.

Dopo un'ultima, straziante, spinta, Cristiano uscì da me, e pianse, urlando con tutta la forza che aveva nei polmoni.

Quando mi voltai verso Paulo, notai che aveva le lacrime agli occhi. Lavarono il bambino, e glielo porsero.

Non appena si posò tra le sue braccia, smise di piangere. Paulo mi osservò confuso, non sapendo bene se fosse una cosa positiva o negativa.

Con le ultime forze che mi rimanevano, allungai le braccia e lo presi. Lo strinsi a me molto delicatamente, cercando in tutti i modi di non fargli male.

Dopo la "fase di secondamento", le infermiere mi riportarono nella mia stanza, dove trovai Paulo, i miei genitori e Alice, la mia migliore amica.

"Tra qualche ora arriverà anche mia madre", comunicò la Joya. "Ha preso il primo aereo da Buenos Aires".

I miei genitori e Alice si accertarono che stessi bene, poi uscirono. Paulo si sedette al mio fianco, stringendomi la mano.

"sei stata bravissima", disse.

Sorrisi. "Tu sembravi pronto per morire", commentai.

Paulo rise. "Era la prima volta per me... credimi che vedere un parto non è così semplice come sembra"

"E pensa partorire!"

Paulo sorrise. "scusa"

"Ti somiglia tanto. Spero che abbia i tuoi occhi, come Rosa", commentai, riferendomi al bambino appena nato.

"Io spero che abbia il tuo coraggio"

Lo guardai, sorridendo.

"Avrei voluto esserci anche l'altra volta... non me lo perdonerò mai", aggiunse.

"Ma perchè? Non è stata mica colpa tua... e poi ci sei oggi, e questo è l'importante"

"Avrei voluto vedere la testolina di Rosa uscire, e le sue manine muoversi"

Sorrisi. "La stai vedendo crescere, e questo basta. In fondo hai perso solo cinque anni... sai quanti ce ne saranno ancora?"

 Paulo annuì, e mi baciò. "Sono proprio fortunato"

"A chi lo dici", commentai, sorridendo.

"Ah, comunque questo non me lo farai crescere interista", aggiunse.

Scoppiai a ridere. "Lo cresciamo neutro, così quando sarà il futuro Paulo Dybala potrà scegliere senza problemi la squadra per cui giocare", proposi.

"ci sto", confermò la Joya.

Qualche ora dopo, venne a trovarmi Alicia, la mamma di Paulo.

"Come stai?", mi chiese.

"Benissimo", affermai, sorridendo.

Si sedette al mio fianco, e mi prese le mani. "Sono orgogliosa di voi... Avete due figli stupendi"

Abbassai lo sguardo, commossa. "Grazie mille, davvero"

"Cri somiglia tantissimo a Paulo", le feci notare.

Alicia sorrise. "E' vero, ma spero che prenda qualcosa anche da te. Sei proprio bella, sarebbe un peccato se non ti somigliasse nemmeno un po'"

Le sorrisi, imbarazzata, mentre le sue braccia mi stringevano.

Le volevo bene come a mia madre.


La rosa nera II Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora