Capitolo 36.

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Quando le porte dell'ascensore si aprirono, dall'altra parte comparvero Blake, i gemelli e le mie amiche

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Quando le porte dell'ascensore si aprirono, dall'altra parte comparvero Blake, i gemelli e le mie amiche. Erano tutti preoccupati. Il viso di Blake si contrasse in una strana smorfia quando vide me, praticamente spalmata addosso ad Austin.

"Portatele dell'acqua. È claustrofobica." Disse Austin aiutandomi ad alzarmi. Il suo intervento mi diede decisamente una grossa mano a spiegare il perché stessi così attaccata a lui, almeno gli altri avrebbero pensato che mi stesse confortando.
Lo ringraziai silenziosamente, solo con lo sguardo poi, presi la mano che Blake mi teneva tesa e sprofondai tra le sue braccia.

Che strana sensazione, un attimo prima ero in paradiso, tra le braccia di Austin e tra le braccia di Blake, mi sentivo altrettanto bene. Non sapevo come giustificare ciò che sentivo, non aveva senso. Amavo Blake, ne ero sicura, tenevo a lui davvero tanto. Era entrato nella mia vita da pochi mesi, però era stato in grado di superare le mie barriere, le mie incertezze, ed era riuscito ad entrarmi dentro. Mi faceva stare bene, non mi faceva mancare le attenzioni e nemmeno l'amore, era davvero il ragazzo perfetto, l'uomo perfetto.

Invece Austin lo conoscevo da tutta la vita, conoscevo tutto di lui, tranne che il padre fosse così stronzo da picchiare lui e la madre. Sapevo che fosse uno stronzo perché spesso lo vedevo fuori casa sua a borbottare o prendere a parolacce i cani dei vicini, ma non avrei mai immaginato la tragedia in cui vivesse il mio Tin. Oltre questo, ci conoscevamo alla perfezione. Era sempre stato un po' geloso di Ryan, che era stato il mio migliore amico per tanti anni, soprattutto perché stando nella stessa classe, passavamo le giornate insieme. Ma Austin era un tipo diverso di migliore amico, era un rapporto più profondo. Crescendo, i nostri sentimenti di amore fraterno, si sono sviluppati in un'attrazione letale. Era l'unico, fin da sempre, a cui avevo fatto leggere i miei racconti, l'unico che conoscesse la vera Ella. L'unico che avessi mai amato e non era facile ammetterlo, ma non avevo mai smesso di farlo. Mi ero solo rifugiata, nascosta, evitando di fare il primo passo.

Come avrei affrontato tutti questi sentimenti? Quale avrebbe prevalso? Non ne avevo idea, ma in quel momento, tra le braccia di Blake, mi sentivo bene.

"Come ti senti adesso piccola?"
Mi disse lui con tono preoccupato, mentre mi spostava i capelli dal viso.

"Bene, Austin mi ha evitato il peggio, è l'unico che sa come fare." Risposi con un sorriso timido, appena accennato. Blake sollevò un sopracciglio poi mi sorrise.

"Vieni, andiamo a bere un po' di acqua."

"Acqua? Sei serio? Ho bisogno come primissima cosa di uno shot di tequila, poi possiamo iniziare a ragionare." gli feci la linguaccia e ci allontanammo dal maledetto ascensore.
Sentivo lo sguardo di Austin seguirmi da dietro...e cavolo se mi pesava.
Se fino a quel momento ero addirittura felice di farlo incazzare, mo ero resa conto che mi sentivo in colpa. Dopo tutto ciò che mi aveva confessato, avevo di nuovo a cuore il suo bene e l'idea di ferirlo, mi uccideva.

....

La festa stava procedendo piuttosto bene, la musica era bella e allegra e tutti, ma proprio tutti, ballavano. O quasi.
Mentre io e Blake danzavamo sulle note di una famosa canzone anni 2000, abbracciati, notai dietro le sue spalle lo sguardo di Austin, fisso su di noi.
Era appoggiato vicino al bancone del bar, con un bicchiere che conteneva qualcosa che doveva essere Scotch, tra le mani. I nostri occhi si incrociarono e giurerei, che gridavano dolore, vuoto, perdita.

Provai ad accennargli un sorriso, ma non ottenni nulla di positivo. Si scolò d'un fiato tutto il contenuto del bicchiere, lo lasciò sul bancone e uscì dalla sala, dandomi le spalle.
L'istinto di seguirlo era fortissimo, ma non potevo.

Dopo un po', Blake fù praticamente cacciato via da Diana, che prese il suo posto, seguita poi dalle altre. Ballammo tra ragazze per quasi tutto i resto della serata, brindammo e ci divertimmo come matte.
Era davvero bello uscire tutte insieme, passare delle ore di spensieratezza e A fine serata, mi feci riaccompagnare da Blake. Voleva che andassi a dormire da lui, ma in qualche modo la carta della stanchezza, funzionò.
Non che non volessi stare con lui, ma avevo bisogno, almeno per quella notte, di pensare alle cose succese e di dormirci sù.

.....

Avevo bisogno di parlare con Austin, così, dopo aver indossato il mio bellissimo pigiama di spongebob, presi la scopa dal mobile vicino al bagno e aprii la finestra.
Mi sporsi leggermente e con la mazza, diedi qualche colpo alla finestra di Tin.
Uno, due, tre. Ancora nulla.
Dopo più di un minuto,a finestra si aprì e vi si affacciò un Austin a petto nudo, con una sigaretta tra le labbra.

"Sei andato via." Posi fine al silenzio.

"Già." rispose lui, cacciando il fumo della sigaretta in una densa nube grigiastra.

"Perché?"

"Ella, ci ho pensato molto, è stato solo un errore."

Il cuore mi balzò in gola e una grande sensazione di delusione mi cadde addosso col peso di un macigno.

"Non puoi...non puoi dire sul serio, Austin."

Lui fece altri due tiri, rimanendo in silenzio.

"Dimmi perché." Insistetti, sporgendomi ancora di più.

"Ferma. Sei impazzita? Perché si El, è stato un errore. Tu ti sei lasciata trasportare e io ne ho approfittato. Non dovevamo."

"Sei serio? Quindi ora sono anche incapace di intendere e di volere?"

"È così. Tu stai con...Blake." sputò il suo nome fuori a fatica, come fosse una parolaccia, roteando gli occhi e sbuffando leggermente.

"Lo so, Austin. Ma non mi pento. È....complicato."

"Non c'è niente di complicato El, ho capito che stai con lui e che non lo lascerai di certo per lo stronzo che ti ha fatto soffrire. Non posso nemmeno dirti che sbagli. Fai bene a tenertelo stretto, lui è perfetto per te. Ti meriti di essere felice."

"Intanto ciò che mi merito o meno, lo decido io, non te. Forse si, forse hai sbagliato. Se sapevi che saresti fuggito per l'ennesima volta, era meglio che mi stessi alla larga. Sai una cosa Austin? Hai proprio ragione, sono stata stupida a pensare anche solo per un breve momento, che avrei potuto lasciar andare un uomo perfetto, un uomo che amo, per un fottuto, stupido, codardo come te." Gli buttai addosso le parole di getto, con rabbia e delusione, mentre le lacrime solcavano le mie guance, senza fermarsi.

"Ella, tu non lo lascerai, io non ce la faccio a vederti con lui."

"Codardo e anche egoista. Io ho sofferto anni, anni interi Austin, in cui ti vedevo con altre ragazze. Anni. Pensi che potrei lasciare tutto da un momento all'altro? Come si fa a lasciare una persona che ami e che ti ama, con la quale non ci sono problemi ed è tutto semplice, naturale e perfetto. Come? Come gli spiego che sono fottutamente pazza di te?" Feci una piccola pausa per riprendere fiato. La sua espressione era un misto di tristezza e timida gioia.

"Se non sei disposto ad aspettare, a darmi tempo, a lottare per riconquistarmi, allora scappa, come hai sempre fatto. Io sono stufa. Passa una buona notte Austin, ci si vede." Chiusi la finestra, sbattendola, per poi buttarmi sul letto e scoppiare in un pianto isterico, abbracciando il cuscino. Piansi per minuti? Ore? Non lo sapevo con certezza. Morfeo pose fine alle mie sofferenze, richiamandomi tra le sue braccia, dove mi cullò per le ore successive.

Dreaming In New York CityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora