Tre migliori amiche partono per l'avventura della loro vita. Il sogno nel cassetto: New York City.
Sogni che si avverano, amori, nuove amicizie.
Ella è una ragazza semplice, di buona famiglia, che vive in un piccolo paesino del Michigan. Figlia un...
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Ecco la cara Sasha. Cosa succederà adesso?
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Giunta in albergo, mi cambiai di corsa con un jeans e un maglioncino beige. Recuperai velocemente le mie cose e scesi di nuovo rientrando nel taxi che mi aveva gentilmente aspettato.
"All'aeroporto perfavore." dissi con voce fredda, spenta, spezzata.
L'uomo partì senza parlare e mi ritrovai in meno di mezz'ora al check-in per il primo volo disponibile per New York.
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Blake pov.
Sasha. Dannazione. Quella donna era un incubo, voleva davvero rovinarmi la vita senza nemmeno un briciolo di vergogna. L'avevo amata ed ero stato uno stupido, un idiota, perché per lei era sempre stato un gioco.
"Sasha, sparisci. Tra noi è finita molto tempo fa." Rise. La sua risata che una volta amavo, adesso mi faceva venire la nausea perché riuscivo a percepire la cattiveria nascosta dietro quel suono cristallino.
"Blake, tesoro." Disse avvicinandosi pericolosamente. Poggiò una mano sul mio petto e avvicinò il viso al mio.
"Stammi lontana." Risposi con una smorfia di odio. Non feci in tempo ad allontanarla che un fotografo ci immortalò in quel modo, vicini. Il sorriso maligno sul volto di Sasha mi fece fremere dalla rabbia.
"Tu, mi devi stare lontana. Hai capito? Non ti voglio e non ti vorrò mai."
"Per quella ragazzina? Ma dai Blake. Tu mi ami. E noi ci sposeremo."
"Quella ragazzina è la donna che amo, non te. Non ti sposerò, puoi scordartelo. " Scoppiò nuovamente a ridere facendomi venire la pelle d'oca. Quella donna era pericolosa.
"Oh, io invece scommetto che ci sposeremo. Ti tengo per le palle Blake. Se non mi sposi andrai a fondo insieme alla tua misera azienda."
"Puoi minacciarmi quanto vuoi, io non ti voglio."
Mi voltai, nero dalla rabbia. Dovevo assolutamente raggiungere Ella, dovevo spiegarle. Dannazione, avrei dovuto parlarle tempo fa, che idiota!
Uscii di corsa dal locale chiamando con un cenno l'autista che aspettava in disparte. Portò subito la limousine davanti al palazzo per poi accompagnarmi in albergo. Appena arrivato corsi su per le scale, senza perdere tempo ad aspettare l'ascensore. Corsi così veloce da essere senza più fiato. Spalancai la porta della stanza.
"Ella. Ella. El dove sei?" Guardai tutto intorno, cercai in ogni stanza ma di lei non c'era traccia. Non c'era più niente di suo.
"Oh no, merda." Presi il cellulare e iniziai a chiamarla, mentre correvo di nuovo alla macchina. Niente. Non rispondeva. Dopo dieci chiamate rifiutate, spense il telefono. Dove poteva essere andata? Ma si, doveva essere per forza in aeroporto.
"Portami all'aeroporto, prendi la macchina più agile." Ordinai con rabbia all'autista che dopo qualche minuto si piazzò di fronte a me con la Jeep. Salii a bordo con fare nervoso e frenetico. Dovevo arrivare in tempo. Non potevo perderla. Non volevo perderla.
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Ella pov.
Il momento era ormai arrivato, stavo per imbarcarmi sul volo che mi avrebbe riportata a casa. Il cuore mi scoppiava nel petto, si dimenava, isterico.
Sono la futura moglie di Blake...
Quelle parole si ripetevano nella mia mente, facendomi bruciare gli occhi dalla rabbia e dalla tristezza. Come avevo potuto essere così sciocca da non rendermi conto di essere uno stupido passatempo di un uomo che era già impegnato? Eppure qualcuno me l'avrebbe dovuto dire. Megan o chiunque altro. Nessuno mi aveva avvisato. Nemmeno Kat. Di lei iniziavo a fidarmi e mi aveva pugnalata anche lei.
"Ella, Ella aspetta." una voce, quella voce, irruppe nel silenzio della mia mente facendomi voltare verso di lui.
"Perfavore, non andartene. Voglio spiegarti. Aspetta." Sembrava davvero disperato, evidentemente si era allenato per recitare bene la parte. Lo guardai schifata, con gli occhi lucidi.
"Non voglio vederti mai più Blake. Mai più." Sputai fuori con odio nella voce per poi salire sull'aereo, lasciandomi tutto alle spalle.
Aveva giocato con me e non gli avrei mai più permesso di farlo. Ero stata una stupida. Avevo ferito Ryan per lui, avevo lasciato un lavoro che tutto sommato mi dava soddisfazioni. Avevo lasciato cadere la corazza intorno al cuore e mi ero ritrovata con lo stesso cuore in pezzi.
Ero chiusa in camera da ormai una settimana. Anne e Michelle provavano a instaurare un dialogo ma io ero muta, spenta. Alla fine si arresero e si limitarono a portarmi solo da mangiare.
Era una settimana che tenevo il telefono spento, non avevo la forza di leggere i suoi messaggi. Di positivo c'era che avevo finito il libro, trovando nel dolore l'ispirazione per il finale, non lieto come ci si aspetterebbe ma tragico. Tragico ma che lasciava uno spiraglio giusto per proseguire in una saga, semmai ne avessi avuto la voglia.
Avevo toccato il cielo con un dito e poi ero caduta, senza paracadute. Mi ero sbriciolata sotto il peso della mia anima in frantumi. Mi ero permessa di amare e questo mi aveva distrutta.
Ding dong.
Non volevo alzarmi. Non volevo vedere chi era. Quindi ignorai il campanello di casa. Bussò altre due volte, poi ancora e ancora. Che nervi.
Mi asciugai le lacrime dal viso e con la faccia pallida e gonfia di pianto, scesi ad aprire.
"Blake." richiusi la porta sbattendola.
"Ella perfavore dammi modo di spiegare."
"Spiega alla tua futura mogliettina come mai hai trascinato me a quell'evento, visto che eri già impegnato."
"Ella perfavore aprimi e parliamone."
"Parlane con tua moglie e lasciami in pace, Blake. Non voglio vederti mai più."
"Ella io non ho intenzione di sposare quella donna, è pazza. Ti prego, io ti amo."
Chiusi gli occhi e scoppiai nuovamente a piangere, scivolando con la schiena sulla porta fino a sedermi a terra. Lo odiavo e odiavo il modo in cui avrei voluto solo baciarlo e abbracciarlo, nonostante il male che mi aveva fatto.
"Vai via Blake. È troppo tardi. Io non ti credo più, hai perso tutta la mia fiducia. Vai via." Dissi tra le lacrime, con il cuore che pompava impazzito in petto.
"Ella. Ti amo, ti amo da impazzire, cazzo! Non posso perderti. Non per colpa di quella pazza. Dammi un'altra possibilità."
In un attimo di debolezza, mi alzai e abbassai la maniglia della porta. Il suo profumo mi invase di nuovo e i nostri corpi si scontrarono in un lungo abbraccio soffocante, fatto di scuse e lacrime.
Ero pronta a perdonarlo? Non ne avevo idea, ma di una cosa ero certa. Non riuscivo più a stargli lontana, era un male fisico. La sua lontananza mi doleva nei muscoli e nelle ossa.