Capitolo 1

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Traslocare fa schifo, ma alle volte è necessario. Ho trent'anni e un ex fidanzato da lasciarmi alle spalle. La storia in breve.

Sono nata in un piccolo paese, ma sono scappata appena finito il liceo. Arrivata a Milano mi sono trovata a dividere l'appartamento con una sconosciuta, bella come una modella, dal sorriso radioso, ma davvero troppo rumorosa e casinista. Nel piccolo appartamento di Porta Romana, il bivio su come potevano andare le cose si è palesato subito: o ci scannavamo o rientravamo nella categoria de "gli opposti si attraggono". Per fortuna abbiamo preso la seconda strada e da allora Ludovica e io siamo inseparabili. Ci siamo sostenute, laureate, innamorate (lei decisamente più volte di me), lasciate (anche qui lei mi ha superata), finché, quattro anni fa, abbiamo deciso di crescere e interrompere il nostro coinquilinaggio. La mia decisione di seguire il cuore e andare a vivere con Giorgio, per fortuna non ha scalfito la nostra amicizia, anche se delle belle litigate per colpa sua le abbiamo fatte. Ma le rose non sono fiorite e la storia con Giorgio è finita, come previsto da Ludovica. C'è voluto un po' per uscire da quella relazione e, anche se sono certa che sia la scelta giusta, mi sento come se fossi stata travolta da un autotreno: emotivamente distrutta, fisicamente debilitata, visivamente sciatta.

E così ci ritroviamo a oggi. Dopo mesi di malessere ho deciso di darmi una scrollata: mi trasferisco per qualche mese e mollo Milano.

Quattrocentosettantatrè chilometri dopo, guardo le pile di scatoloni e il mio umore oscilla tra la grande tristezza e la voglia di spaccare il mondo, come del resto ogni volta che faccio dei grandi cambiamenti nella mia vita. Prima di farmi sopraffare dalle emozioni, decido di lasciare la mia ossessiva tabella di marcia da trasloco, per concedermi un giretto di perlustrazione nel paese che mi ospiterà per i prossimi mesi.

È fine agosto, non si sente quell'odore di afa mista ad asfalto che caratterizza l'estate cittadina e i mattoncini medioevali sostituiscono il tipico cemento milanese. Ho sempre avuto un debole per i paesi del centro Italia. Sono lì, nel mezzo, lontani dal rumore delle metropoli, ricchi di storia, cibi sublimi e immersi in paesaggi meravigliosi. Sulla carta qui non manca nulla: supermercato, macelleria, edicola e un piccolo ospedale. Tutto bellissimo e perfetto per il detox che voglio fare nei prossimi mesi. Passeggiando mi viene un grande ma: durante il mio giro di perlustrazione ho visto troppe vetrine solo cartelli vendesi e affittasi, qualche vecchietto ai necrologi e donne di mezza età all'uscita del supermercato.

Ma dove sono finiti tutti?

* * * *

«Finito!» affermo.

«Già?» Risponde la mia amica traforandomi un timpano.

«Gli scatoloni che ho spedito erano organizzati secondo le stanze: cucina, salotto, bagno. Le valigie con i vestiti alla fine erano solo sei, l'appartamento era arredato con pure le stoviglie», rispondo orgogliosa del mio metodo ancora una volta super efficiente: «Anche tu riusciresti a fare un trasloco in pochi giorni in queste condizioni».

«Se lo dici tu!» Il tono di Ludovica è decisamente sarcastico. «Io dubito».

«Comunque, con la scusa di fare la spesa ho fatto un giretto. Il paese è bello, proprio come nelle foto su internet: immerso nelle colline, la rocca che domina dall'alto, circondato dalle mura, il verde a portata di mano, scalinate e volte ovunque, le case con i mattoncini a vista, un sacco di chiese. Ma Ludo, c'è un problema», faccio una pausa per trovare le parole giuste, «il paese è vuoto».

«In che senso vuoto?»

«Non so come spiegarti, ma ci sono pochissime persone in giro. Forse devo ancora togliermi dagli occhi la frenesia di Milano, ma in un'ora di camminata avrò incontrato sì e no dieci persone, eccezione fatta per un groviglio di giovani davanti a un bar».

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