Capitolo 14

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La situazione al lavoro è stata super incasinata in questi giorni. È uscito un bando europeo per finanziare progetti di impresa che valorizzino il territorio e l'economia circolare e quindi mi sono messa a scrivere il progetto. Facevo troppa fatica da sola quindi una sera ho deciso di mettermi in macchina e correre a Milano per farmi aiutare dal mio team. Dopo due settimane di fatiche e notti insonni siamo riusciti a consegnare il progetto. È stata una faticata e, per la prima volta, ho consegnato un progetto a due ore dalla deadline. Mai più.

Il mio corpo non regge queste cose e son giorni che ho la nausea e dei dolori alla pancia, dormo male, ma soprattutto sono tre giorni che ho nausea, vomito e dolori.

Oggi uscirò con Federico e spero di riuscire a sistemare le cose con lui, dopo la nostra prima volta fallimentare ho bisogno di capire cosa è successo, perché è successo!

Un po' che non sono in piena forma, un po' i suoi aneddoti da medico, ma sento che la serata non sta prendendo il volo. Forse ha ragione la mia amica, lo avevo idealizzato e non era interessante come mi imponevo di credere. Chi lo sa. La cosa strana è che, di tutta la serata, l'unica volta in cui ho sorriso in maniera spontanea è quando ho sentito da lontano una risata simile a quella di Neil. Per fortuna è arrivato il cibo così mi concentro su quello.

Ma nulla. Anzi. Il senso di nausea che provo da giorni peggiora tanto che non tocco cibo e inizio a sentire come se mi stesse salendo la febbre alta.

«Non ti piace? Se vuoi lo faccio cambiare».

«No, no. Non è il piatto il problema. È che non mi sento molto bene».

«Effettivamente sei pallida», si alza e si avvicina a me. Mi tocca la testa.

«Hai la febbre, », dice lontano, «anche il battito è un po' debole».

«Non mi sento bene», dico sentendo la mia voce flebile e le forze venire sempre meno.

«Becca, ci sei?» Sento come se parlasse da lontano, mi solleva e io mi abbandono nelle sue braccia perdendo completamente i sensi.

* * * *

Mi sveglio dolorante, rendendomi velocemente conto di essere in ospedale e fuori dalla finestra è notte fonda. Mi sistemo meglio nel letto scomodo, ma una fitta fortissima mi lacera. Vedo Elenia addormentata sulla poltrona con un libro in mano. Come nei film suono il pulsante rosso e arriva subito un'infermiera sulla cinquantina. Il suo viso è molto dolce e mi spiega quello che è successo: sono svenuta nel ristorante, mi hanno portato in ospedale mentre farfugliavo di avere un forte dolore alla pancia. Quando mi sono svegliata mi hanno dato dei forti antidolorifici e dagli accertamenti hanno capito che era appendicite e mi hanno operata. L'operazione è andata bene, ma adesso avrò bisogno di un po' di riposo.

«Posso farmi gli affari tuoi?» Mi sussurra per non svegliare Elenia.

«Dipende», mi sento ancora così debole che la voce mi esce come un sussurro.

«No, perché io e le altre infermiere ci chiedevamo quale di quei due bellissimi ragazzi che ti hanno portata qui fosse realmente il tuo ragazzo».

«In che senso?»

«Ieri sei arrivata tra le braccia dello specializzando più bravo e ambito dell'ospedale, rincorso dal barista più desiderato del paese».

«Non la seguo, io ero con Federico ieri, non capisco cosa c'entra Neil».

«Interessante», aggiunge l'infermiera.

«Eppure Neil c'era ed era davvero agitato e preoccupato. Era lui che guidava la macchina».

«Ma io ero con Federico, Neil non era con noi», dico mentre cerco di ricostruire, ma nulla. Ricordo il ristorante, poi nulla.

«Non si stanchi troppo signorina, deve stare tranquilla, provi a dormire», mi dice dolce l'infermiera prima di uscire dalla stanza. «Vedrà che domani anche i ricordi andranno meglio».

Mi corico cercando una posizione dove le fitte non mi trafiggano da parte a parte, ma sembra inutile, a quanto pare l'anestesia e gli antidolorifici stanno piano piano lasciando il mio corpo. Guardo Elenia dormire, è rimasta qui tutta la notte, a dormire su una poltrona scomoda. Solo con la dolcezza di quest'immagine riesco ad addormentarmi.

Ho le palpebre pesanti, ma un forte brusio mi fa svegliare. Distinguo bene le voci, sono Neil e Elenia, che discutono.

«Io non me ne vado», scandisce Neil con voce arrabbiata.

«Deve rimanere tranquilla, non serve che stiamo qui in due.»

«Sei qui da tutta la notte.» Risponde lui veloce.

«Neil, anche tu non hai chiuso occhio. L'hai portata qui, poi sei andato a prendere le sue cose e sei tornato. Io ho dormito. Tu non hai chiuso occhio. Hai fatto il tuo, torna a casa, dormi, riposa. Ti chiamo quando si sveglia», dice Elenia con la sua voce dolce e calda.

«No.» Risponde secco lui. La sua risposta fa capire che non è stronzo solo con me.

«Ci siamo preoccupati tutti, ma Federico ha detto che è andato tutto bene. Torna a casa, riposa. Ti chiamo quando si sveglia».

«Federico», gli sento fare eco. Poi rumore di passi e una porta che sbatte. Di nuovo il silenzio e mi riaddormento stravolta.

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