Capitolo 9

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Contro la volontà di Ludovica siamo in macchina per andare alla scoperta di questo bellissimo territorio.

«Comunque tu sei pazza, siamo andate a letto alle 4 e la tua sveglia è suonata alle 7.30. Rebecca, ti rendi conto che questa cosa è illegale?» Mi dice con un tono non proprio amichevole.

«Non ho la minima intenzione di cambiare il programma della giornata di oggi solo perché hai complottato contro di me con Neil e mi hai trascinata a una festa contro la mia volontà».

«Melodrammatica. Ti abbiamo accompagnata a conquistare il tuo principe della noia».

«Ludo, non iniziare».

«Becca, se ne è andato poco dopo mezzanotte! Neanche Cenerentola!»

«È una persona responsabile che se lavora va a letto ad un orario decente. È co-scien-zo-so». Scandisco.

«Quanto ci sei rimasta male? Non mentire, ti conosco».

«Un po'!» Ammetto, «ma del resto se doveva lavorare non poteva fare l'alba come noi. Tanto più che fa il medico».

«Almeno hai conosciuto Elenia che è super simpatica» e, guardando fuori dal finestrino, aggiunge: «Quando vieni dalla città pensi di avere tutto. Poi esci fuori dal grigio e ti accorgi che il mondo è a colori. Guarda un po': il sole è alto, le colline colorate d'autunno, è tutto così meraviglioso».

Dopo esserci rimpinzate in un agriturismo e aver fatto una pennichella sul prato, la trascino verso la prossima tappa.

«Ci sarà mai una volta che lascerai le cose al caso?» Non le rispondo e mi dirigo alla macchina.

«Che ne so tipo Carpe Diem» mi urla dietro.

Durante il tragitto la convinco ad aiutarmi a trovare un modo per conquistare il mio principe, non è d'accordo, ma acconsente. Cioè siamo amiche con peculiarità diverse. Lei è brava con gli uomini, quindi, pretendo che condivida con me le sue strategie.

«Per iniziare quel tipo è troppo noioso e borioso per provarci con te, quindi se vuoi lui, devi provarci tu».

«Io non ce la faccio», taglio corto. «Altre idee?»

«Non capisco da dove nasca la tua insicurezza, sei una donna indipendente, bellissima, tonica, in carriera. Cazzo hai fondato una società e hai dei dipendenti. Aiuti le aziende che non riescono a camminare con le loro gambe. E non riesci a camminare tu con le tue gambe; cazzo Becca, ogni tanto mi sconcerti».

«Ne abbiamo parlato mille volte. Non lo so Ludo. Prima o poi andrò da un analista a farmelo spiegare. Nel lavoro sono una bomba, con gli uomini un disastro».

«Tutta colpa di quel coglione di Giorgio, sempre detto che non faceva per te. Ha fatto solo danni. Comunque anche tu hai le tue colpe. Prima su tutte, come ti dico sempre, non devi essere amica degli uomini. Ho visto come ti guardano al bar. Un paio di persone una ripassatina te la darebbero, ma tu sarai intenta a farti raccontare i loro drammi amorosi o a fargli da mamma. E in quel momento cambieranno idea, perché nessuno vuole dare una ripassata alla propria mamma». Effettivamente l'immagine che mi si presenta è orribile.

Dopo altri dieci minuti buoni di predica su come gestisco le mie relazioni con gli uomini, finalmente siamo arrivate. Il mare. Eccolo. La vista della lunga spiaggia deserta, senza gli ombrelloni e senza il caos estivo ferma ogni discorso facendoci venire la voglia di goderci, senza parole questo spettacolo.

Camminiamo lungo la spiaggia chiacchierando di cose più leggere accompagnate dal rumore delle onde, ma, mentre siamo sedute su un muretto, Ludovica mi guarda: «Io so che tu odi parlare di certe cose, ma io odio vederti scegliere le persone sbagliate e farti sfuggire quelle giuste. Chiudiamola qui, ma io ti voglio bene e voglio il meglio per te. Non accontentarti. Promettimelo».

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