Capitolo 6

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Mi fermo qualche minuto di troppo davanti alla porta della pizzeria, ma poi prendo coraggio ed entro. Non che serva coraggio per entrare in pizzeria, però tutta la questione di usare la pizzeria per cercare di vedere Federico mi stressa e mi mette ansia. Il problema adesso è che la tipa della pizzeria mi sta osservando camminare avanti indietro e penserà che sono pazza. Okay. Le dimostro che non lo sono ed entro.

«Ciao, vuoi cenare?», mi chiede la giovane.

«No, in realtà vorrei una pizza da asporto».

«Ti serve il menù o sai già?»

«Prenderei una radicchio, speck e taleggio. Solo una cosa, il radicchio... È fuori forno, in cottura o cotto a parte?»

«Vado subito a chiedere al pizzaiolo». Dalla sua faccia è come se dopo la nostra breve conversazione avesse avuto conferma della mia pazzia. Cosa c'è di strano sul voler sapere come trattano il radicchio? Forse potevo evitare. Imbarazzata mi rinchiudo sopra il cellulare.

«Ciao», sento dire da un ragazzo che entra in pizzeria, ma non ci faccio troppo caso, presa dallo sbirciare le vite dei miei amici milanesi.

«Ciao», ripete dallo sgabello proprio di fronte al mio. La vicinanza mi incuriosisce e alzo lo sguardo.

«Salutavi me?» Chiedo curiosa guardandomi in giro.

«Sì». Mi sorride sincero. «Sei la ragazza che ho incontrato qualche mattina fa al bar. Pensavo fossi una turista e invece ri-eccoti».

«Eh sì, sono proprio io». Rispondo un po' scocciata, ricordando il suo atteggiamento di qualche giorno fa, e cerco di distogliere lo sguardo, ma qualcosa in lui me lo impedisce. Quegli occhi azzurri mi inchiodano, da così vicino, riesco a vedere delle pagliuzze dorate che sembrano quasi brillare. Se il suo atteggiamento cafone non lo seguisse si potrebbe considerare davvero un bel ragazzo: alto, fisico scolpito, capelli scuri spettinati, barbetta, sorriso e fossette. L'uomo perfetto per qualche pubblicità di intimo seducente, anche perché ha proprio quel classico atteggiamento da uomo suoi manifesti: trasuda testosterone, spavalderia e arroganza.

«Lavoro qui in zona». Cerco di chiudere in fretta.

«Lo so, sei la manager di Milano».

«Come fai a saperlo?» Ormai ha tutta la mia attenzione.

«Ho fatto due più due. Sergio, il tuo padrone di casa, mi ha detto che ha affittato ad una giovane, e bella, aggiungo io, ragazza di Milano».

«Sei sempre così marpione e sfacciato con tutte?»

«Secondo me ogni cosa che dico verrà usata contro di me e quindi mi astengo, se posso».

«Paraculo».

«Forse un po'», dice sorridendo e le fossette sono ancora più evidenti oggi. «Ma non vuoi sapere come so chi sei e cosa fai?»

«Secondo me, me lo dirai lo stesso».

«Infatti. Oltre che bella, sei anche sveglia. Proprio il mio tipo».

«Piantala, nessuno te lo ha mai detto che sei irritante?»

«Va bene. Allora Sergio mi ha detto che ha un'inquilina di Milano e che fa la manager per la Fondazione Viridis. Ti ho vista al bar e ho avuto il sospetto, ma quando ho chiesto a Manuela lei aveva la bocca cucita». Grazie al cielo che c'è Manuela, penso. «Adesso che ti ho rivista ho collegato che sei tu. L'unica cosa che non so è come ti chiami?»

Per fortuna a interrompere quella conversazione imbarazzante ci pensa la cameriera: «Cotto a parte», dice veloce. «Il radicchio è cotto a parte», ma appena vede il ragazzo sullo sgabello difronte diventa rossa come un peperone.

«Ciao Neil», dice timidamente.

«Perfetto, allora una radicchio speck e taleggio, per cortesia», cerco di farla tornare sul pianeta terra.

«Altro? Qualcosa da bere mentre aspetti».

«Due birre», si intromette nella conversazione il belloccio.

«No grazie, io non la voglio».

«Allora dì a Claudia cosa vuoi, offro io».

«Non voglio niente», ribatto scontrosa.

«Dai non fare la preziosa».

«Una birra», dico scocciata, «ma sappi che ho accettato solo perché sapevo che altrimenti avresti insistito fino allo sfinimento».

«Sono così prevedibile?»

«Abbastanza. Belloccio, pieno di te, arrogante...»

«Solo belloccio?» Mi interrompe.

«È l'unica cosa che hai sentito?»

«Il resto lo ho ignorato, e ti scuso, non mi conosci» ammicca palesemente.

Non conosco questo ragazzo, ma già mi sfinisce.

«Quindi lavoro...e come sta andando? Come ti trovi qui in collina? La vita non è proprio come a Milano».

«Diciamo che è tranquilla».

«Se ti annoi posso aiutarti», dice malizioso.

«Non mi annoio, conosco già Manuela, la ragazza del bar qui di fronte, poi ho conosciuto anche qualche collega», mento. «Non mi serve conoscere tante altre persone, mi fermo poco». Cerco in ogni modo di troncare questa assurda conversazione, ma lui non capisce l'antifona.

«Oltre al lavoro cosa fai?» Continua insistente.

«Beh, credo siano affari miei».

«Sto cercando di fare due chiacchiere mentre aspettiamo le pizze, non serve essere scorbutici», mi rimprovera. Effettivamente mi sto comportando un po' da stronza, ma è così fastidioso che mi viene istintivo, non lo faccio nemmeno apposta.

Per qualche minuto cala il silenzio, ma lui non demorde.

«Quindi che fai quando non lavori?»

I cazzi miei vorrei rispondere, ma visto che neanche le rispostacce lo fermano improvviso una finta cortesia. «Vado a corre ed esploro la zona, hai qualche suggerimento da darmi per passare il tempo?» Lo accontento, ma mi accorgo subito di aver sbagliato con l'accostamento delle parole. La sua risatina è la prova che la mia gaffe non è passata inosservata e gli ho fornito sul piatto una battuta molto facile, ma stranamente si censura e risponde in maniera civile.

«Ti sorprenderà, ma qui ci divertiamo un sacco... basta solo conoscere le persone giuste».

«Io conosco Manuela», rispondo velocemente.

«Oh allora...» ride. «Non fraintendermi, le voglio un sacco di bene, ma insomma, Manuela è tranquilla, diciamo. Se vuoi un po' più di movimento avrei un paio di altre persone da suggerirti».

«E tu sei una di queste, immagino», mi ritrovo a rispondere sorridendo.

Finalmente la cameriera torna con delle pizze e chiude la nostra conversazione che iniziava a prendere una piega che so già non mi sarebbe piaciuta.

«Neil, le tue pizze». Gli sorride porgendogli 5 cartoni di pizza.

«Grazie Claudia», le risponde mandandola in brodo di giuggiole con uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Che nervi! Ha visto che effetto ha su quella giovane ragazza, non potrebbe risparmiarselo e non darle false speranze? È proprio uno stronzo. Poi si gira veloce verso di me.

«Beh Rebecca, noi le mangiamo al bar, dove ci siamo incontrati l'atro giorno - se vuoi un po' di compagnia passa».

E se ne esce senza aspettare una risposta, lasciando me allibita e la giovane cameriera con lo sguardo ancora sognante.

Ma come faceva a sapere il mio nome? Io non glielo ho mai detto. 

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