Capitolo 12

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Era da tanto che non dormivo così bene. Ieri io e Federico siamo rimasti un bel po' sulla collina, in macchina e poi sul portone di casa mia.

Mi ha proposto di salire, ma ho pensato che era meglio di no. Nonostante questa nuova me, ho bisogno di un passetto ancora, prima del sesso. Lui devo dire che è stato un gentiluomo, ha capito e mi ha riaccompagnato a casa.

Stamattina mi sono svegliata con il suo buongiorno e la lista dei suoi turni per riuscire a incastrare un appuntamento.

Sto volando.

Punto.

* * * *

Mi rendo conto di avere un sorriso da ebete ma non me ne frega nulla. Che pensino quello che vogliono. Mi siedo alla mia scrivania, riprendo il lavoro da dove lo avevo lasciato, ma ho come la percezione che ci sia qualcosa che non va. Sento la segretaria e la responsabile del personale parlare fitto fitto, ma con quel tono non buono. Approfitto per andare in bagno e origlio per controllare che non sia successo qualcosa di grave.

«Un altro operatore ha mandato malattia, siamo sotto di due», è la voce della responsabile del personale.

«Fai rientrare qualcuno dal riposo», propone la direttrice.

«Già fatto. Entrati tutti i riposi possibili, ma non basta per coprire i turni. Sotto di uno possiamo gestirla, ma di due no».

«Scusate, non volevo origliare, ma ho sentito che vi manca personale. Se volete vi posso aiutare io», dico sull'onda del mio buon umore dato dagli ormoni. «Non ho tantissima esperienza, ma per un anno ho lavorato in una struttura molto simile a questa in Inghilterra. Oddio simile, no. Ho sbagliato. Era una struttura residenziale sociale, non sanitaria. Minori con diverse difficoltà. Ecco. Sono un po' arrugginita, ma dovrei riuscire ad aiutarvi a portare a casa la giornata, garantendo i numeri per poter tutelare i ragazzi, non far arrabbiare i colleghi o il sindacato.»

La responsabile del personale guarda la direttrice perplessa.

«Beh, peggio di così...la mettiamo nel nucleo dove ci sono le persone meno gravi affiancandola a qualche operatore esperto».

«Mah», prova a interromperla la responsabile del personale.

«Mah nulla, è già una nostra dipendente, quindi assicurata e soprattutto è già qui», poi si rivolge a me, «Rebecca stia attenta e si faccia spiegare tutto bene dalla collega che è in turno con lei. E anzi, la ringraziamo infinitamente per la sua disponibilità, giusto Tiziana?» Così la responsabile del personale mi offre uno dei suoi sorrisi amari. «Giusto» risponde.

Quando salgo le scale vengo presa da una morsa d'ansia. Chi cavolo me lo ha fatto fare, non potevo farmi gli affaracci miei e starmene zitta? Per fortuna Tiziana, nonostante io le sia notoriamente antipatica, è stata molto clemente con me. Mi ha messa in turno con Cecilia, che da subito mi ha aiutato a conoscere i ragazzi e devo dire che è stata una perfetta mentore per questo mio ritorno sul campo. Se così si può chiamare. Mi sento un pesce fuor d'acqua, perché non sono formata e il lavoro che facevo a Londra in realtà era totalmente diverso. Il piano di oggi è portarsi a casa la giornata senza fare danni e con Cecilia il turno sta passando senza grossi problemi. Anzi, abbiamo trasformato una piovosa giornata d'inverno in un pomeriggio di cucina collettiva.

Il giorno seguente l'emergenza non era rientrata e quindi Tiziana, di malavoglia, mi chiede la disponibilità per fare altri turni. Ho accettato con l'unico scopo di approfittarne per capire i reali bisogni della struttura, parlando con i colleghi in turno, scoprendo criticità che non avevo considerato. Dopo poche conversazioni nei ritagli di tempo, scopro che serve: diversificare le attività, migliorare i processi di comunicazione interna, rompere qualche dinamica disfunzionale, ma soprattutto trovare la strategia per valorizzare di più il lavoro del personale.

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