Capitolo 15

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Le infermiere mi svegliano per controllare la ferita e i punti.

«Buongiorno signorina, come si sente oggi?»

«Bene dai...un po' stanca, ma bene».

«Abbiamo dovuto cacciare il suo ragazzo dalla camera, perché adesso c'è il giro visite. Tipetto ostinato, però alla fine l'abbiamo vinta noi.» Mi sento stravolta, ma questa notizia mi riempie il cuore.

«Federico non è il mio ragazzo. Siamo usciti solo un paio di volte».

«No, no, non era Federico. Federico lo conosciamo bene, fa lo specializzando qui. Il ragazzo che diciamo noi è Neil, il barista», dice abbastanza sicura. «La vostra amica lo ha cacciato, perché era troppo agitato, ma lui poi è tornato all'alba con un vassoio di cornetti per tutti e ha cacciato lei».

«Cosa ha fatto Neil?», chiedo confusa.

Entra il dottore per il giro visite quindi adesso è il momento di capire cosa è successo. Pare che fosse qualcosa legato all'appendicite. Usa termini tecnici che non comprendo fino in fondo. Mi spiega alcuni dettagli dell'operazione e non si trattiene nel fare mille complimenti a Federico per l'assistenza in sala operatoria, mentre lui sorride orgoglioso a fianco del suo mentore.

Rimasti soli si avvicina baciandomi dolcemente la guancia

«Come stai?»

«Benino», rispondo sforzandomi di apparire serena. «Mi sento come se un tir avesse fatto manovra sopra di me».

«Immagino», risponde veloce «Mi hai fatto preoccupare, sei svenuta lì, in mezzo al ristorante. Per fortuna che eri con me e ho riconosciuto subito i sintomi. Appendicite. Poteva finire molto peggio. Pensa se fossi stata a casa da sola. Per fortuna siamo riusciti a potarti in sala in tempo»

«Grazie», la mia voce è un sibilino flebile.

«Non c'è di che», risponde con voce dolce che però velocemente si inasprisce. «Comunque non capisco come tu possa non aver sentito dei sintomi. Sarai stata un po' male prima, perché non me ne hai parlato? Adesso capisco perché eri così strana l'altra sera...» Parla a ruota di come io sia stata una persona incosciente nel non ascoltare il mio corpo. Parla, ma non lo ascolto. L'unica cosa che vorrei fare è solo riposare.

Chiudere gli occhi e riposare.

Dopo un tempo che mi sembra infinito, Federico finisce la sua predica, mi saluta e continua il suo giro di visite. Io mi giro a fatica su un fianco in modo da dare la schiena alla porta e invitare le persone a stare lontano, ma poco dopo ecco che rientra qualcuno. Sbuffo e mi nascondo sotto le lenzuola, un'ombra si inginocchia davanti a me silenziosa, cercando, in una maniera molto goffa, di capire se son sveglia.

Riconosco il suo buonissimo profumo.

«Ciao Neil», lo saluto abbassandomi il lenzuolo da davanti al viso.

«Buongiorno principessa», il suo sorriso irradia calore. «Stai ferma, io sono comodo anche seduto per terra, le infermiere dicono che potresti avere male se ti muovi troppo».

«Ti prego Neil alzati, non fare lo sciocco», e mentre mi giro sento una fitta che mi fa fare una smorfia poco carina.

«Vedi che ti fa male», dice alzandosi di scatto per aiutarmi.

«Grazie».

«Dovere principessa. Come stai?»

«Benino».

«Mi hai fatto preoccupare», dice sincero, «ti ho visto afflosciarti al ristorante e mi sono spaventato a morte»

«Quindi eri lì?», dico in un sussurro, «avevo sentito la tua voce, ma non ti ho visto e pensavo di avere le allucinazioni».

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