Penso che una delle più grandi contraddizioni della vita sia: il dolore fa bene. Dal dolore può nascere qualcosa di buono, qualcosa di nuovo, qualcosa che ci aiuti a crescere, capire, migliorare. È una delle cose che mi ha sempre fatto scervellare di più, perché... come può scaturire un qualcosa di positivo da qualcosa di spiacevole o addirittura orrendo? Perché talvolta è necessario soffrire per imparare una lezione o diventare persone più mature? Perché non possiamo imparare senza ferirci? Perché devono essere le cicatrici che portiamo addosso a ricordarci di non ripetere gli stessi errori o che siamo sopravvissuti ad una battaglia e ne siamo usciti vincitori? Se si vince, si dovrebbero conferire medaglie e riconoscimenti, non segni indelebili nel corpo e nell'anima.
Per non parlare poi delle domande martellanti che mi sorgono nel momento in cui la sofferenza sembra venire inflitta gratuitamente, quando non c'è colpa, non c'è errore, o quando sono le colpe degli altri a ricadere su di noi.Che senso ha tutto questo? Quando neppure dal dolore riusciamo a cavare qualcosa di utile, a quel punto sembra tutto vano, persino le cicatrici che accumuliamo appaiono prive di significato, anzi, ci dicono solo che la vita è ingiusta e punitiva, rischiando così di non farci neppure maturare, bensì di lasciarci talmente danneggiati da non riuscire a trovare uno scopo per andare avanti.
Quante volte mi sono interrogato sul significato intrinseco del dolore durante i miei anni adolescenziali, di studio universitario e di lavoro come psicologo! E quante volte mi sono chiesto se davvero mi sia servito soffrire o mi abbia solo reso una persona più detestabile. E quello che hanno patito i miei genitori? A cosa è servito infliggere tutte quelle pene a persone così buone come loro? La malattia di mia madre, i problemi di lavoro di mio padre, le difficoltà economiche nonostante tutti gli sforzi, i ricoveri ospedalieri... potrei andare avanti e stilare una lista senza fine.
E se i miei genitori hanno sempre cercato di reagire e rialzarsi ogni volta che venivano presi a schiaffi dalla vita, ho però anche incontrato centinaia di persone e pazienti che avevano forti stati d'ansia, depressione, nichilismo e disamore verso la vita e senza neppure aver avuto esperienze particolarmente traumatiche, ma solo perché si sentivano... soli, abbandonati da tutto e tutti, chi dalla famiglia, chi dagli amori, chi dalla fede.
Per un motivo o per l'altro, alla fine non è così azzardato affermare che tutti siamo vittime della vita. Tutti viviamo nella speranza di scorgere un raggio di luce nel buio dell'anima o nell'avvilente e desolante squallore del mondo di cui facciamo parte, ma la verità è che spesso, purtroppo, quel raggio non arriva e rimane solo un miraggio.
Anch'io per tanto tempo sono rimasto prigioniero nel mio buio personale, finché un giorno ha fatto breccia un raggio di luce, che risponde al nome di Andromeda. Ho iniziato a pensare che forse il mio miraggio non fosse tale e mi sono lasciato scaldare, cullare, coccolare da quel tepore che cresceva nel mio cuore. Ora invece rischia di svanire tutto, di evaporare come acqua nel deserto, se tutto questo dovesse evolversi per il peggio. Come posso impedire che lei svanisca e che per giunta lo faccia prima del tempo? Questa lotta fra Bene e Male, fra il Demone senza nome e una delle Creature Divine più maestose che abbia mai visto dove ci porterà? Come finirà? Cosa succede se a vincere è l'Anima Nera sulla scacchiera metaforica di cui siamo pedine inconsapevoli?
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La Ragazza delle Falene (Junho)
Paranormal[Urban Fantasy/Paranormal Romance] Lee Junho è un giovane psicologo con una dedizione spasmodica al lavoro; pieno di contraddizioni e di predica bene e razzola malissimo; vive di notte e lavora di giorno. Il suo studio è la sua casa, un piccolo app...