52. Audrey

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Dei rumori mi ridestano da un sonno agitato e pieno di incubi. Apro gli occhi e metto a fuoco il posto dove mi trovo: il salotto. Non la mia camera. Pian piano lo strato di confusione provato dal sonno inizia a sparire e gli eventi del giorno precedente mi tornarono alla mente con prepotenza.

Damon.

Mi tiro su a sedere e una coperta che la sera prima non avevo addosso, scivola a terra. Mi stiracchio e guardo nella direzione dei rumori. Micah è in cucina intento a prepararsi la colazione. Lo raggiungo anche se è mattina presto. Sono solo le sette e non ho lezione prima di mezzogiorno. Sono sicura che non riuscirei a dormire oltre.

Mi mette una tazza fra le mani. <<Ehi>>, dice regalandomi un sorriso. Lo leggo dai suoi occhi che vuole dirmi qualcosa altro ma poi ci ripensa e tace.

Mi siede sullo sgabello. <<Cosa?>>, chiedo.

<<Hai un aspetto terribile, sorellina>>, dice dandomi un buffetto leggero sulla guancia.

Lo scaccio via con uno schiaffetto. <<Grazie, fratellone>>. Quasi sorrido, ma non ho le forze per farlo. Ho dormito circa tre ore e mezza.

Si siede accanto a me, improvvisamente perso nei suoi pensieri. <<E' già uscito>>, mi informa fissando la tazza fra le sue mani.

Una pugnalata avrebbe fatto meno male. <<Ok>>.

<<Ti ha vista sul divano e ti ha messo lui la coperta addosso>>. Sospira. <<Io ero qui, al buio. Non mi ha visto ed è uscito a correre credo>>.

Un piccolissimo barlume di speranza si riaccende dentro di me. <<Cosa ha che non va?>>, chiedo ad alta voce. Il mio umore è a terra. Mi sento stanca e devastata dall'interno. Ho questo forte senso di malessere che mi stringe gli organi dall'interno. Mi sento prosciugata di tutte le energie.

Scuote la testa. <<Non lo so. È successo qualcosa dopo la partita>>.

Aggrotto le sopracciglia. <<Ha litigato con Adams?>>, domando. Tutti sanno che Damon e Asher si odiano.

Ci riflette. <<Non che io sappia. Asher non è venuto a cena con noi. È rimasto in albergo a leccarsi le ferite all'orgoglio. Non si sono visti>>.

<<Allora, cosa?>>.

Si stringe nelle spalle. <<Non lo so. Se solo riuscissimo a parlare con lui>>.

<<Non ha voluto dirmi niente ieri sera quando è tornato. È stato parecchio stronzo a dire il vero>>. Gli occhi spenti e vuoti di Damon di ieri notte tormentano ancora i miei pensieri. Non l'ho mai visto così. Mi sembrava quasi di non conoscerlo affatto.

<<Dagli un po' di tempo. Sono sicuro che non resisterà molto lontano da te>>.

Abbandono la tazza sopra il tavolo. <<Damon è molto chiuso. Non racconta mai niente di sé e le uniche poche cose che mi ha concesso del suo passato sono state difficili per lui da tirare fuori. Qualsiasi cosa lo tormenta, non ne parlerà>>. Ne sono sicura.

<<Lo metteremo alle strette. Cazzo, siamo i suoi migliori amici>>.

E io la sua ragazza. Solo che la mia sicurezza su questo vacilla. Dopo come mi ha trattata, siamo ancora una coppia? Mi vuole ancora nella sua vita?

Annuisco. <<Ok, possiamo provare>>.

Mentre i ragazzi si preparano per andare ad allenamento, io mi infilo in bagno e schiarisco i miei pensieri sotto una doccia calda. Spero Damon torni presto e che una notte di sonno lo abbiano reso disponibile a parlare con me.

Solo che questa brutta sensazione che sento crescere dentro non mi abbandona. Si intensifica man mano che le ore scorrono e Damon non torna a casa un'altra volta. Micah mi informa che non si è presentato agli allenamenti. Non ha nemmeno avvisato il coach.

Sparito.

A lezione non ascolto nemmeno una parola di quello che spiegano i professori. Scarabocchio nel foglio bianco per tutto il tempo e mi estraneo nel mio mondo. I miei amici non proferiscono parola e mi passano i loro appunti. Non mi chiedono cosa succede e gliene sono grata. Penso però che mi si legga in faccia, dalle miei occhiaie dallo sguardo perso per poi passare alla mia felpa oversize e i leggings. Credo abbiano perfino un piccolo buchino in una coscia. Non potrebbe fregarmene di meno. Il mio lato esteriore rispetta in pieno come mi sento dentro.

Incapace di seguire altre lezioni, decido di tornarmene a casa. Appena varco la soglia mi accoglie il silenzio. Salgo al piano di sopra e vedendo la porta chiusa di Damon, mi avvicino. Busso piano e non aspetto una risposta. Spalanco la porta e quando lo vedo, intento ad infilare un mucchio di cose in una viglia, mi blocco.

<<Damon>>, sussurro.

Si volta nella mia direzione in uno sguardo fugace, poi torna a guardare gli abiti messi alla rinfusa in valigia. <<Cosa vuoi?>>, domanda con voce dura.

Un brivido gelato mi scorre lungo la colonna vertebrale. Mi abbraccio sentendo il bisogno di confortarmi. <<Cosa stai facendo?>>. Non mi lascio intimorire dalla nube tempestosa che incombe sulla sua testa.

Se deve allontanarmi del tutto, deve farlo con tutte le sue energie.

<<Niente che ti riguardi>>, scatta.

Mi paralizzo. <<Davvero, Damon? Non mi riguarda? Io e te stiamo assieme, cazzo!>>, urlo trattenendo a stento la rabbia. <<Non puoi chiudermi fuori in questo modo!>>

<<Scommetti?>>, dice beffardo.

Mi avvicino e gli tolgo dalle mani un paio di magliette che sta infilando in valigia e le scaravento sul letto in preda ad una crisi isterica. <<No, Damon. Non ti puoi comportare così! Dimmi cosa ti succede>>.

Scuote la testa energicamente. <<No>>.

<<Damon>>, lo supplico.

Ringhia. <<Lasciami in pace, Audrey>>. Il nome pronunciato dalle sue labbra è una stilettata al mio cuore. Non mi chiama mai così, sempre e solo "fragolina".

<<Damon>>, ci riprovo. Alzo una mano per tentare di fermarlo.

Si scosta prima che possa toccarlo. Chiude la valigia ed esce dalla stanza. Lo seguo ma le mie gambe corte non riescono a stargli dietro. Prende la sua giacca e se la infila. Non mi guarda, nemmeno una volta.

<<Te ne vai?>>, domando. Mi risponde il silenzio. <<Damon, cazzo! Rispondi!>>.

Si gira e sfugge al mio sguardo. <<Non cercarmi e non chiamarmi. Ho bisogno di andarmene e basta. Non ti serve sapere altro>>. Esce dalla porta sbattendosi la porta alle spalle. Non provo nemmeno a seguirlo. Le mie gambe cedono sotto il mio peso e mi ritrovo seduta per terra.

Un'ora dopo è così che mi trova Micah. Si precipita da me e mi abbraccia. <<Cosa è successo, Dee? Dov'è? Lo ammazzo con le mie mani>>.

Scuoto la testa e non faccio a tempo a rispondere perché il mio telefono si mette a suonare. Rispondo senza guardare. <<Pronto?>>

<<Ehi sono Jules, la mamma di Damon. Possiamo parlare?>>.

QUALCUNO COME TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora