58. Damon

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Restiamo a letto per tutta la mattina a sonnecchiare. Ammetto che è la prima volta in una settimana che riesco a dormire otto ore senza svegliarmi sudato e in preda agli incubi. Audrey mi fa bene. Mette a tacere le voci nella mia testa e mi regala una calma che non ho mai provato.

Allontanarla è stata una mossa da vero stronzo confuso, ma ho smesso di scappare. Trattarla male. Non se lo merita. Amo Audrey con tutto il cuore e ho bisogno di lei accanto a me.

Audrey mi accarezza una guancia. <<Ehi, dove sei finito?>>, chiede esitando. So che ha paura a fare domande. Non vuole che scatti o che la chiuda fuori.

<<Da nessuna parte. Sono qui>>. Le stampo un bacio al centro della fronte. <<Mi dispiace davvero per gli ultimi giorni>>.

<<Ti sei pentito?>>.

Aggrotto le sopracciglia. <<Di cosa?>>.

Si allontana ma non va molto distante perché le mie braccia che la circondano non glielo permettono. <<Di quello che mi hai detto prima di andare in trasferta. È per questo che mi hai chiuso fuori? Ti è scappato e non lo pensi?>>.

La nebbia di confusione inizia a diradarsi dalla mia mente. <<No, fragolina. Non è quello. I miei sentimenti per te non sono cambiati, anzi. Sono sempre più forti>>.

Annuisce, ma non compare nessun sorriso sul suo bellissimo viso. So che non capisce ma non sono ancora pronto a parlarne. Si allontana e si mette a sedere. <<Dovrei mettermi a studiare. Prossima settimana ho un test>>.

Mi metto a sedere anche io. <<Dovresti tornare>>. Mi rivolge subito un'occhiataccia. <<Non perché non ti voglio qui, ma perché stai perdendo le lezioni e giorni al lavoro per i miei capricci>>.

<<Anche tu, la tua squadra ha bisogno di te>>.

Sento una fitta al petto. <<Lo so, tornerò. I playoff cominciano fra una settimana e mezza. Ho tempo>>.

<<I ragazzi sono tutti arrabbiati con te. Hai abbandonato tutti>>.

Abbasso la testa e mi guardo le gambe. Scappare senza avvisare è stata una pessima scelta. Ne pagherò le conseguenze quando tornerò. Per ora, ho altre cose per la testa. <<Non era mia intenzione far arrabbiare o preoccupare nessuno. Dovevo andarmene>>.

<<I ragazzi ti vogliono bene. Siete come fratelli. Si aspettavano almeno un messaggio>>.

Guardo fuori dalla finestra. <<Non accendo il telefono da una settimana>>. Per paura di non trovare nemmeno un messaggio suo. Eppure è lei qui. Qualcosa dovrà pur significare.

Il suono di un messaggio interrompe la conversazione. Audrey prende il telefono e dopo aver letto rapidamente, gira lo schermo verso di me.

JULES: Se vedi Damon, digli che suo padre vuole vederlo nel suo ufficio.

Mi si blocca il respiro in gola. Mio padre ha ricevuto notizie da parte dell'investigatore. Merda, devo andare subito. Mi levo le lenzuola di dosso e mi infilo rapidamente le scarpe. Mi fermo solo quando ho la mano nella maniglia. <<Ci vediamo a cena?>>, chiedo. <<Solo io e te>>.

<<Va bene>>, acconsente. Il tono della sua voce è così triste.

Sospiro e mi blocco. La osservo e mi si stringe il cuore. Anche se involontariamente, continuo a ferirla. Faccio il giro del letto e appena sono di fronte a lei, le prendo il mento fra le dita e la costringo a guardarmi. Ha gli occhi lievemente lucidi. <<Ti prometto che ti spiegherò tutto. Ho solo bisogno di tempo>>.

Si aggrappa al colletto della mia maglietta. <<Mi tradisci?>>.

Spalanco gli occhi per lo stupore. <<Cosa? No! Ma come ti viene in mente?>>.

Alza le spalle. <<Non lo so, è l'unica cosa a cui riesco a pensare>>.

Le stampo un bacio casto sulle labbra. <<No, per me esisti solo tu, Audrey. Solo tu>>.

Accenna un sorrisino. <<D'accordo. Ora vai>>.

Mentre esco, la guardo ancora una volta. <<Ne riparleremo. A cena, questa sera. Fatti trovare al bancone del bar alle otto>>. Non aspetto la risposta e mi precipito in ufficio, da mio padre.

Busso. <<Entra>>.

Prendo un lungo respiro e poi abbasso la maniglia. <<Mamma ha detto che volevi vedermi. Che succede?>>.

Mio padre ha un'espressione seria. Non sembrano buone notizie. <<Ho ricevuto una mail con delle foto da parte dell'investigatore. Credo che dovresti sapere>>.

Mi siedo. Ho le gambe che non reggono. <<Che succede?>>.

<<Ho chiesto all'investigatore di andare a fondo. Di scavare e trovare tutti i particolari della sua vita. L'ho fatta seguire giorno e notte>>.

<<Ok, questo già lo sapevo>>.

<<Abita in una casetta appena fuori dal centro con Aaron Keller, suo marito. Sono sposati da due anni e si sono conosciuti al supermercato quattro anni prima. Lei si è disintossicata due volte ed è sobria da più di dieci anni. Frequenta gruppi di sostegno e lavora in una piccola libreria nel suo paese. Non è più la stessa donna che ti ha messo al mondo>>.

Digerisco le nuove informazioni e mi sento di nuovo quel bambino abbandonato. Affamato, impaurito e arrabbiato con la sua mamma. Se lei sta bene e ha ripreso in mano la sua vita, perché non si è mai interessata di cercarmi? O sapere se ero sopravvissuto all'incubo in cui mi ha fatto vivere? Niente, per tutti questi anni, non ha mai pensato a me. Neanche. Una. Volta.

<<Non mi interessa. Per me è morta quella notte>>.

Mio padre sospira. <<C'è un'ultima cosa che devi sapere>>. Gira il computer e mi si blocca il fiato in gola. Ci sono diverse foto che ritraggono la mia madre biologica in una sua giornata. Fuori casa, al lavoro, mentre beve un caffè. Rivederla è un pugno allo stomaco.

Mi viene da vomitare. È troppo da reggere ma allo stesso tempo non riesco a smettere di guardare.

Scorro le immagini e aggrotto le sopracciglia. Ci sono un paio di foto che la ritraggono entrare ed uscire dall'ospedale. <<E' malata?>>.

Mio padre scuote la testa. <<E' incinta. Aspetta un figlio. Tuo fratello>>.

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Buonasera, lo so è tardi per un aggiornamento, ma avevo 5 minuti di tempo! Cercherò di aggiornare di più, promesso! Aspetto sempre i vostri commenti di fine capitolo! Vi adoro

QUALCUNO COME TEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora