26 Dentro noi stessi

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Le note di un Alleluya sinfonica, si alzavano da un piccolo altoparlante appoggiato per terra mentre un prete, omaggiava con il suo sermone un giovane ragazzo brutalmente assassinato. Accanto a lui, al cimitero, con cappotto e sciarpa neri, vi era Kat Grant. Alcuni giorni prima la bella coroner, aveva ricevuto un messaggio da parte di Ryan, il poliziotto le aveva chiesto di occuparsi personalmente del funerale del giovane Aaron. Kat non avrebbe potuto farlo, secondo il protocollo, il ragazzo era uno sconosciuto non identificato, per Ryan però, quel ragazzo, era il migliore amico di Alex e tanto gli era bastato per addossarsi ogni spesa legata ai funerali. Aaron non si meritava una crematoio comune, la vita era già stata abbastanza bastarda con lui, la morte, sarebbe dovuta essere pacifica. Per terra, in una bara di legno scuro giaceva il corpo esanime del ragazzo e tutt'intorno, vi erano i sui amici, quelli che condividevano il suo stesso tetto e lo stesso stile di vita, erano in tutto cinque persone, tre maschi e due femmine. Se ne stavano in un angolo stretti tra di loro a commemorare il loro defunto amico. Ramona, che era stata avvisata da Eddie, portò Alex al cimitero. Lui non aveva capito dove la donna lo stesse portando ma, quando vide le lapidi, gli si riempirono gli occhi di lacrime. Stringendolo Mona lo accompagnò fino ai piedi della bara dove entrambi si arrestarono ad ascoltare la fine del sermone. Quando il prete finì disse:

- Vola giovane Aaron, adesso sei libero.

Alex cadde sulle ginocchia e nascose il viso con le mani. La terra bagnata lo stava sporcando, ma non gliene fregava niente. In quella bara sigillata, ci sarebbe dovuto essere il suo corpo e non quello dell'amico, quel pensiero lo riempiva di rabbia. Kat guardò il ragazzo e Mona, fece a quest'ultima un gesto con il capo e li lasciò. Gli amici di Aaron passarono accanto ad Alex e lo salutarono mettendogli una mano sulla spalla uno dopo l'altro mentre lui continuava a piangere convulso, si sentiva così dannatamente colpevole ed impotente allo stesso tempo che non capiva più niente. Ogni suo pensiero veniva offuscato dal risentimento e dalla disperazione. Ramona lo tirò su e gli strinse la mano.

- E' stato davvero un bel gesto quello di Ryan. – pronunciò la donna. A quelle parole Alex si voltò a guardarla.

- E' stato lui? Lui ha fatto questo? – lei sorridendogli gli fece segno di sì col capo bruno. Ryan, che incredibile iperbole era quell'uomo.

Le temperature si erano abbassate, eppure quel giovedì mattina, all'interno del commando di polizia di Seattle, pareva ci fossero oltre trenta gradi. Due agenti, si trovavano in uno dei corridoi, in piedi una di fronte l'altra. La prima, si era portata le braccia ai fianchi e si muoveva a destra e sinistra facendosi vibrare i folti capelli afro sulla testa. Dall'altra parte, la sua collega, bella al suo pari ma secca come un chiodo, aveva portato entrambe la braccia in avanti alzando il tono della voce di diverse ottave. La discussione si era fatta accesa e, come sempre, l'oggetto di questa, era proprio lui, il più bel poliziotto dalla testa di cazzo dell'ultimo millennio: Ryan Morris. In modo magistrale, Morris riusciva sempre a defilarsi dalle discussioni e, così aveva fatto anche quella mattina, lasciando le due colleghe sole a scannarsi. Tuttavia, quella discussione violenta, presto sfociò in qualcosa di assai peggiore, travolta da una furia cieca, la donna di colore, si fiondò sui capelli tinti di biondo dell'altra, iniziando a tirarli con forza. Questa iniziò a sbraitare e solo allora, un mucchio di colleghi, andarono a separarle. Tra di questi c'era anche lui, Jacob Ward. Scuoteva la testa guardando le due donne.

- Vi sembra il comportamento adeguato? – domandò loro – siete in una centrale di polizia per Dio! – le ammonì.

Lavinia Cooper, stretta nella sua gonna a tubino marrone scuro, raggiunse le due agenti che, nel frattempo, vedendola arrivare, avevano abbassato la testa. Il capo, si fermò davanti loro e con lo sguardo, faceva avanti e indietro dal viso di una all'altro.

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