32 Uguali diversi

230 7 0
                                    


Alexander pietrificato dalla paura, si era rinchiuso in camera sua, aveva il respiro affannato ed il cuore che pareva volesse uscirgli dal petto tanto era impazzito. Con il sudore che gli pelava la fronte, attaccò un orecchio alla massiccia porta. Quando udì il timbro familiare e rassicurante di Ryan, corse al piano inferiore dove lo trovò intento in una conversazione piuttosto importante con i suoi colleghi. Il giovane scosso da quanto successo, non badò ai presenti, in quel preciso istante vide soltanto Ryan, lui che era diventato il suo posto sicuro. Si fiondò tra le sue braccia stringendolo forte a se. Il poliziotto dapprima restò immobile poi, lentamente, allungò un braccio e ricambiò l'abbraccio. Ad Alex non importava dei suoi vestiti zuppi e puzzolenti, a lui importava solo che Ryan fosse lì, che stava bene, che entrambi fossero al sicuro. Quando l'abbraccio si sciolse, i due si videro gli occhi dei presenti addosso, se Mona aveva uno sguardo comprensivo e materno, Ward era il perfetto ritratto dello schifo, bevve il caffè che gli aveva versato la collega solo alcuni minuti prima e si voltò altrove. L'agente Morris, si era accorto immediatamente di quei graffi sulla guancia destra del ragazzo, aveva avvertito la sua ansia e la sua paura. Non ci volevano di certo i super poteri per capire cosa gli fosse successo. Gli occhi di neve del giovane parevano implorare aiuto, Morris gli sfioro il viso là dove Brigitte Harris aveva lasciato la sua firma. Alex si ritrasse appena, aveva dimenticato che era stato graffiato, non si era neppure guardato allo specchio cotto com'era. Ryan lo allontanò piano e mettendogli una mano sotto al mento gli alzò il viso. Con il polpastrello, percosse piano quei segni. Lui si fece indietro, tirò su col naso e cercò di scomparire stringendosi su se stesso. Il poliziotto si domandava se si rendesse conto o meno di essere alto quasi due metri. Ma Alex era fatto così, quando qualcosa lo terrorizzava, lui si accartocciava come a voler sparire. Con le mani iniziò a giocare con l'orlo della felpa che aveva indosso, abbassando il capo pronunciò piano:

- Ti devo parlare.

L'agente sospirò, ma nessuno se ne rese conto, nessuno si rese conto del terrore che in quel momento si stava cibando delle sue viscere, se non fosse stato così bravo a mentire persino a se stesso, chiunque si sarebbe reso conto di quanto tenesse a quel ragazzo. Invece lui era sempre così fermo e apparentemente pacato che pareva senza emozioni.

- Che cosa hai fatto? – gli domandò allora lì, davanti a tutti. Alex in quel preciso istante, si sentì sprofondare.

- Io...

- Oh porca merda! – esclamò Ward alzandosi di scatto dal divano dove era seduto fino a poco prima. Mostrò il cellulare a Ryan che lesse muto senza cambiare espressione.

- Cosa? – gli domandò Ramona incuriosita.

- C'è stato un omicidio appena qualche ora fa. Qualcuno ha fatto fuori la moglie di Harris, guarda. – la informò Jacob mostrando l'avviso della polizia sul suo cellulare. Ryan nel frattempo, aveva gli occhi puntati su Alex. Avvicinandolo sigillò le sue labbra a quelle di lui lasciandolo di stucco. Anche Ramona e Jacob si sorpresero di quel gesto spontaneo quanto inaspettato, Ward tossì e poi si allontanò, Mona invece, dopo aver detto chissà che in spagnolo, aveva tracannato il suo caffè. Distaccatosi da quelle labbra carnose e così invitanti, Ryan ci sussurrò sopra:

- Non dire una parola. Sei stato al club non è così? – alzò i suoi occhi azzurri sui suoi – Ne parleremo in un altro momento ma per adesso, non una parola, mi hai capito? Lascia fare a me.

In bilico tra due mondi nettamente opposti, Ryan si sentiva completamente ovattato. Da una parte vi erano orchi che si nutrivano insaziabilmente di innocenti, nell'altro, vi era Alex. Mentre la sua mente vagava in chissà quale pensiero, Jacob, che stava parlando con la coroner, lo guardava con la coda dell'occhio. Fermo come un tronco, pareva voler mettere radici impassibile, a braccia conserte, osservava lo scolo ormai libero dai cadaveri. Lui ed il suo collega Ward, erano tornati sul posto per volere del commissario Lavinia Cooper, grazie al cielo prima però, era riuscito a darsi una ripulita. Da lì a poco, anche Thompson e l'FBI li avrebbe raggiunti. Nonostante fosse quasi l'alba ed il buio della notte via via schiariva, Morris fissava un punto nel vuoto rivedendo nella sua mente le immagini di quella giornata che, come quadri di Dalì si scioglievano deformando le figure. Il posto era pieno di polizia, erano stai chiamati i RIS e la bella Kat Grant, aveva dovuto portare dei colleghi che l'aiutassero vista la quantità di corpi decomposti. Era stato accertato che vi erano cinque persone, i due uomini, erano stati terribilmente mutilati, le ragazze invece, esternamente erano integre, eccezione fatta per il deterioramento dei tessuti. Seppur non avessero subito ancora alcuna autopsia, Morris studiò i loro corpi putrefatti e puzzolenti da vicino. Ward restò stupito da come l'espressione del collega, non cambiasse neppure di una virgola, non muoveva la bocca e nessun muscolo del viso, era tirato come di cera, ebbe un brivido quando nella sua testa prese forma il pensiero che per Ryan vedere un cadavere non era niente. Con lavoro che facevano, anche lui era stato costretto ad abituarcisi, ma vedendo delle ragazzine, inevitabilmente la sua empatia veniva fuori. Chiunque provasse dei sentimenti si sarebbe sentito scosso a quelle terribili visioni, chiunque meno che Ryan Morris. Non era normale si disse Jacob. Quando lo raggiunse lui lo aveva già sentito arrivare:

Run to another lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora