CAPITOLO 34

23 11 0
                                    




In queste ultime settimane non ho parlato con mia madre neanche per un secondo, non riuscivo a guardarla negli occhi senza rimuginare su tutto quello che mi ha nascosto sin dall'inizio. Adesso tutto ciò che riesco a riconoscere nel suo sguardo, sono le bugie che per gli altri è stata in grado di pronunciare. Merito di sapere ogni singolo dettaglio, merito di avere delle spiegazioni plausibili e non le solite ca****e da quattro soldi che tutti da mesi mi stanno ripetendo; ecco perché sono dinanzi alla porta di Jonathan, bussando incessantemente in attesa che si faccia vivo. K:- So che sei dentro. Continuo a bussare. K:- Non puoi continuare ad ignorarmi, dobbiamo parlare. La mia pazienza inizia a scendere di livello, il che non è un ottimo modo per iniziare la giornata, quando voglio riesco ad essere pericolosa. Mi affaccio alla finestra che dà sulla strada, tentando di sbirciare invano la presenza di una figura umana: purtroppo da qui la visuale è impossibilitata dalle tende. Decido, quindi, di provare ad accedere all'interno tramite una porta sul retro: la porta è semiaperta. In punta di piedi mi incammino verso il salone, caratterizzato da un divano accompagnato da un tavolino su cui sono sparpagliati numerosi fogli: sono delle lettere... l'indirizzo e il destinatario non sono ancora trascritti. Jonathan mi strappa la lettera dalle mani. J:-Perché sei venuta? K:- Dopo tutto quello che è successo, hai anche il coraggio di chiedermi perché sono qui? Jonathan abbassa lo sguardo. J:- Vattene. K:- Ci eravamo fatti una promessa: niente più segreti o bugie. J:- Sono solo delle stupide regole. K:- Solo delle stupide regole? Perché allora valgono solo per me e non per te? Jonathan resta in silenzio. K:- Voglio che tu sia sincero e questa volta davvero. J:- Ti ho già detto come stanno le cose. K:- Non mi hai detto tutto però. Sentenzio, senza tanti giri di parole che non porterebbero comunque a nulla. J:- Quello che ti ho detto è anche troppo. K:- Ti restano due mesi, ma contando queste settimane uno. Jonathan mi guarda perplesso con una punta di angoscia nei suoi occhi ormai lucidi. K:- Avresti dovuto dirmelo tu non terze persone , così come la mamma avrebbe dovuto avvertirmi di tutta questa situazione. Entrambi mi avete tenuta all'oscuro, non permettendomi così di poter aiutare con ogni mezzo possibile. J:- Ho supplicato io Alison di non dirti nulla. K:- Perché? J:- Volevo solo proteggerti da tutta questa merda. Sento la bile risalirmi in gola, mentre una parte del mio cuore continua a frantumarsi. K:- Chi protegge te da tutta questa merda invece? J:- A questo c'è già una soluzione. Jonathan prende i fogli dal tavolino e li ripone in un cassetto, chiudendolo poi con una chiave che custodisce gelosamente nella tasca dei suoi pantaloni. K:- Non volevo fare la ficcanaso prima... è solo che non credevo ti piacesse scrivere. J:- Neanche io lo credevo. K:- Dev'essere qualcuno di speciale. J:- Lo è. Vorrei che ritornasse a parlare con me, vorrei che questo muro di freddezza intorno a noi venisse abbattuto, vorrei che lui restasse qui per sempre. K:- Jonathan? Jonathan fa un segno di affermazione con il capo. K:- Posso restare qui stasera? J:- Non credo sia una buona idea Kyla. K:- Non riesco ancora a parlare con la mamma, i miei amici continuano ad assillarmi e io non mi sento ancora pronta a dare alcuna spiegazione. Jonathan continua a guardarmi, dandomi così l'impressione del suo disaccordo...K:- Dormiremo separatamente, non ti accorgerai nemmeno della mia presenza. Jonathan tira un enorme sospiro. J:- D'accordo... avvisa tua madre però. K:- Puoi farlo tu? Jonathan annuisce. K:- Grazie. Con il calare del sole la stanchezza inizia a farsi sentire: per tutto il pomeriggio Jonathan non ha fatto altro che ignorarmi, mantenendo sempre le giuste distanze. È stato ferito, ma ammetto di sentire la sua mancanza ogni giorno che passa: rivoglio il mio amico indietro. K:- Ti va un ghiacciolo? Jonathan soffoca una risata e io tiro un sospiro di sollievo. Sin da piccoli questo era il nostro modo di rimediare dopo ogni litigata: il ghiacciolo simboleggia il freddo che solitamente era una delle caratteristiche più comuni nel nostro rapporto, per cui l'unico modo per far sì che si trasformasse in calore era la pace. Perché raggiungere la meta da soli se hai la fortuna di avere qualcuno al tuo fianco che ti sorregge quando ti senti stanco e impotente? Non esiste un fiore senza petali, così come non esiste un libro senza copertina. J:- Potremmo cucinare qualcosa insieme... Un sorriso si stampa velocemente sul mio volto. K:- Pizza? J:- Che pizza sia allora. K:- Ti avverto... sono diventata anche più brava di te. J:- Vedremo. (facendomi un occhiolino) Iniziamo a prendere le ciotole e tutti gli strumenti necessari per fare l'impasto. Jonathan si dedica alla preparazione della salsa, mentre io alla forma. J:- Aggiungi un altro po' di farina, è troppo morbida. K:- Ci ho già pensato. J:- E poi attenta a come pigmenti l'impasto. K:- D'accordo. J:- Non aggiungere troppo olio. K:- Per l'amor del cielo, vuoi farlo tu? J:- Aspettavo questa domanda da un bel po'... K:- Va bene. Prendo un po' di farina e inizio a spalmargliela sulla faccia ormai bianca abbastanza da farlo sembrare un pupazzo di neve. J:- Grave errore il tuo. Jonathan ricambia e continuiamo fino a che uno dei due non si arrende. J:- Mi arrendo. ( alzando le mani) K:- Uno a zero. J:- Mi rifarò. Riprendiamo da dove avevamo interrotto, trascorrendo così il resto della serata a fare qualcosa di produttivo per entrambi. (canzone di riferimento A moment apart di ODESZA ) La pizza era incredibilmente buona: ancora fatico a credere come faccia ad essere opera anche del mio lavoro. Probabilmente se avessi fatto tutto da sola, sarebbe andata in modo diverso e non oso immaginare neanche il sapore che avrebbe avuto. Inizio a sentire la stanchezza accarezzarmi gli occhi, quindi prima di mettermi a letto decido di farmi una doccia. Jonathan è seduto sul divano, ma si gira non appena io faccio un passo verso la sua direzione. K:- Dovrei fare una doccia, ma non ho vestiti puliti. Jonathan preleva una felpa bianca dall'attaccapanni e me la porge. J:- Dovrebbe andarti un po' lunga, ma è l'unica che ho al momento. K:- E' tua? Jonathan annuisce. K:- Grazie. Mi incammino poi verso il bagno, chiudendo la porta alle mie spalle. La felpa è lunga abbastanza per coprire ogni centimetro del mio corpo e fortunatamente nella borsa ho sempre una culotte di riserva, nel caso in cui i miei ormoni dovessero impazzire e riservarmi delle improvvise sorprese: le brutte esperienze insegnano. Il profumo che inala la felpa invade le mie narici, facendomi perdere la cognizione della realtà. J:- Kyla è tutto okay? Apro la porta, fingendo che tutto questo non sia mai accaduto. K:- Ci metto un bel po' di solito. J:- Ho già preparato tutto. (indicandomi il divano con le coperte e i cuscini posizionati come se fosse un letto) K:- Tu dove dormirai? J:- C'è una camera di là. Se hai bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi. Faccio un cenno di affermazione con la testa. J:- Buonanotte. K:- Buonanotte. Ore 3:25: mi sveglio all'improvviso in preda alla paura, emanando goccioline di sudore ovunque come se avessi appena corso ad una maratona. Ho bisogno di acqua, quella mi farà bene e mi aiuterà a superare questo momento. J:- Tutto bene? K:- Tranquillo. J:- Ti ho sentito borbottare qualcosa e quindi ho deciso di controllare. K:- Scusami, non avrei dovuto svegliarti. Jonathan si avvicina, prendendomi entrambe le mani. J:- Stai tremando. K:- E' solo per lo spavento. J:- Da quanto tempo non prendi le medicine? K:- Una settimana o due. (alzando gli occhi al cielo e toccandomi la fronte) J:- E tua madre lo sa? K:- Quei farmaci mi hanno limitato in molte cose, ho smesso perché sono stanca di vivere dipendendo solo ed esclusivamente da essi. J:- Ma è per la tua salute. K:- Non se questo significa controllare costantemente la mia vita, sono e saranno sempre un limite per me. J:- Devi imparare prima a gestire gli attacchi, altrimenti tutto questo lavoro risulterà inutile. Jonathan ha perfettamente ragione, ma è come se stessi cercando di farmi del male da sola in qualche modo. Mi sento in colpa per la sua situazione e quindi sto trascurando me stessa: so che lui non vuole questo, ma la mia mente dice che è questa la cosa giusta da fare. J:- Prova a distenderti di nuovo e cerca di calmarti il più possibile, vedrai che andrà meglio. K:- Jonathan? J:- Sì? K:- Nonostante tutto, siamo amici vero? Una curva si forma sul suo viso. J:- Sempre. Ore 7:43: apro gli occhi e noto Jonathan dormire mentre è disteso a terra; il tutto mi riempie il cuore di gioia ma non appena noto l'orario, mi infilo velocemente le scarpe prestando attenzione a fare il minimo rumore possibile. Prendo un foglio di carta dalla mia rubrica e con una penna gli lascio un messaggio: "Grazie per esserti preso cura di me. Ps: la felpa te la ridarò non appena sarà possibile... Ky. " Inizio a correre a più non posso fino a quando non arrivo dinanzi alla scuola: fortunatamente la campanella non è ancora suonata, ma sono tutti alquanto agitati. Timotei, Meghan, Elijah, Ella e Morgan si avvicinano a me con un volto ansioso. K:- Che succede? T:- Sono arrivate le risposte dai college! È questo il momento in cui capisci se hai perso o se hai vinto tutto e io spero di aver vinto almeno in parte.

La scena si conclude con la canzone Midnight city di M83.

The strength to stay alive- La forza di restare in vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora