CAPITOLO 31

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Giunte a casa la mamma non mi rivolge una parola, eppure dovrei essere io al suo posto. Forse crede che sia colpa sua, che non avrei dovuto nemmeno trovarmi lì, che non si sia resa conto della mia assenza perché troppo impegnata nelle conversazioni... K:- Mamma. Fisso i suoi occhi lucidi e non posso non notare la collera sul suo volto. M:- Andiamo a dormire, è tardi. Sentenzia, posando poi le chiavi sul tavolo. K:- Non è stata colpa tua. M:- Non ho voglia di parlarne stasera; pensiamoci domani a mente lucida. ( con un filo di voce) Annuisco in segno di approvazione e mi dirigo in camera, abbandonandomi poi ad un sonno profondo. La sveglia del telefono è puntuale come un orologio svizzero il che mi fa pensare che devo sbrigarmi se non voglio arrivare tardi. I lividi di ieri sera fanno male e sarà difficile nasconderli da occhi indiscreti dato che riempiono completamente il mio corpo. Nonostante il caldo che la primavera inizia a far arrivare, indosso una maglia a maniche lunghe nera, dei cargo larghi neri e delle semplici converse bianche. Lascio i capelli sciolti, ricoprendo con un po' di fondotinta il taglio che mi sono procurata con le mie stesse unghie mentre tentavo di fuggire. Infine, metto gli occhiali da sole così da nascondere gli occhi rossi che mi hanno accompagnato per tutta la notte. Non voglio che nessuno sappia niente, non voglio che si preoccupino per me, non adesso che hanno altro a cui pensare. Le risposte dai vari college dovrebbero arrivare tra una settimana; ieri ho inviato la domanda anche alla Boston University: mi sono resa conto che non ho nulla da perdere e aprirsi più strade non può fare che del bene. La mamma è andata a lavoro e alla vista di questa cucina vuota mi sale un senso di angoscia: presto andrò via e la mamma resterà da sola. Non riesco a immaginare una nuova vita senza lei al mio fianco, mi ha visto crescere in questa cittadina, mi ha visto cadere ma anche rialzarmi e ora mi vedrà andare via, lasciare questo posto per sempre e rincorrere i miei obiettivi nei quali ho sempre creduto fin dall'inizio. Mi mancherà questo posto, ma più di tutto mi mancheranno le persone con le quali ho legato sin da subito e alle quali tengo più di ogni altra cosa. Chiudo la porta alle mie spalle, lasciando cadere una lacrima sulla mia guancia. In prossimità del cortile della scuola c'è una folla di persone intente a guardare attentamente sui propri cellulari. Timotei e gli altri si avvicinano a me non appena mi notano. K:- Che succede? M:- Non stai morendo di caldo? Ci saranno trenta gradi all'ombra. In Florida le temperature elevate si percepiscono anche con venti gradi. Deglutisco a fatica. K:- Non vorrei prendere di nuovo il raffreddore. ( simulando un finto tono nasale) T:- Devi guardare assolutamente questo video. Timotei mi passa il suo telefono, invitandomi ad osservare: Dave picchia quell'uomo che mi ha violentata mentre urla parole piene d'odio. La paura pian piano inizia ad assalirmi e man mano che vado avanti nel vedere il video, prego con tutta me stessa che la mia figura non venga messa in primo piano. E:- L'ha ridotto veramente male. Fortunatamente il video finisce prima che possa intervenire io per calmare le acque. Grazie al cielo. Tiro un sospiro di sollievo. ELLA:- Credo che abbia accusato quell'uomo di abuso sessuale. MORGAN:- La vittima però non è stata inquadrata. Rimango in silenzio. M:- Forse il video è stato tagliato. K:- Che importanza ha? (alzando il tono della voce) T:- Non volevamo mica offendere. K:-E' solo che non ha alcun senso conoscere il volto della vittima, quell'uomo è già fortunato abbastanza che non sia finito dietro le sbarre. ELLA:- Non credevo che Dave potesse arrivare a tanto; insomma deve esserci dell'altro... MORGAN:- Di certo se non lo avessero fermato, avrebbe potuto davvero ucciderlo. K:- Di certo quell'uomo è un pezzo di merda. M:- Parli del diavolo e spuntano le corna... Meghan indica in direzione della posizione di Dave. Ha le braccia conserte mentre con la schiena è appoggiato vicino al suo armadietto. Tutti gli occhi sono puntati su di lui, ma lui li ha puntati su di me: uno sguardo glaciale che mi procura uno strano brivido lungo la schiena. D:- Che avete da guardare? Non ne avete avuto già abbastanza? Volete che vi firmi un autografo? Non so se per paura o per devozione, ma la folla distoglie subito lo sguardo ritornando alle proprie abitudini. Io invece lascio i miei occhi fissi sui suoi; ha esagerato ma lo ha fatto per me. "Nessuno ha il diritto di toccarti Kyla" quelle parole mi rimbombano nelle orecchie da quando sono state pronunciate; lui sa quello che mi è accaduto in passato e ha cercato di proteggermi nel migliore dei modi. Ha cercato di rendere giustizia a quella bambina troppo piccola e troppo fragile per poter essere rotta nuovamente. La campanella che segnala l'inizio delle lezioni, mi riporta alla realtà. Entro in aula e con la testa chinata verso il basso, mi siedo al mio posto: le mani mi tremano ma cerco di calmare la mia ansia tentando di pensarci il meno possibile. Inspiro ed espiro lentamente, facendo fuoriuscire l'anidride carbonica e rilasciando l'ossigeno nei miei polmoni. Ripeto queste mosse per un paio di minuti, fino a quando non noto che il respiro continua a farsi nuovamente regolare. In mensa non metto la bocca su nulla: lo stomaco mi si è chiuso, probabilmente a causa di tutta la tensione che mi si è riversata addosso. T:- Sei sicura di non voler assaggiare questo panino? K:- Non ho fame davvero. M:- Perché non togli gli occhiali? Sapevo che a scuola non si potessero tenere... K:- Ho chiesto il permesso al professor Armstrong che solo per oggi mi ha dato questo privilegio. L'allergia mi sta uccidendo. E:- Non sapevo avessi questo tipo di problemi. K:- Già... ( facendo spallucce) ELLA:- Che ne dite se domani andassimo a mare? K:- A breve ci sarà la corsa primaverile... sicuramente l'allenatore avrà da ridire. MORGAN:- Cercheremo di convincerlo in qualche modo... ( fissandomi) K:- Dovrei manipolarlo? Sapete che odio farlo. M:- E' per una giusta causa. E:- Godiamoci un po' questo sole, non sappiamo cosa ci attenderà domani. T:- E poi si tratta di una giornata soltanto. Mi rassegno. K:- Va bene. (alzando gli occhi al cielo) Tutti mi abbracciano e io ricambio sorridendo. T:- Sei la migliore migliore amica di sempre. M:- Concordo. (addentando una carota) ELLA:- Bene, vi invio gli orari stasera sul tardi. K:- Perfetto, io andrò a parlare con l'allenatore non appena sarà possibile. E:- Ti direi dopo che sono finite le lezioni, solitamente allena in quella fascia oraria. K:- Grazie Elijah. Terminate le lezioni, mi dirigo verso il campo: non c'è un'anima viva quindi decido di ritornare indietro e inizio a cercare il suo ufficio. Non credevo che la scuola potesse rivelarsi una sorta di labirinto poiché sono circa quindici minuti che girovago senza una meta precisa, ritornando bene o male sempre allo stesso punto. Dopo una ventina di minuti riesco a trovare l'ufficio, busso anche se la porta è leggermente socchiusa ma non udendo risposta, entro per controllare che sia tutto al proprio posto. K:- C'è qualcuno? Silenzio tombale. K:- Ho trovato la porta socchiusa e sono entrata, spero non sia un problema. Cammino in punta di piedi sentendo un rumore d'acqua farsi sempre più assordante. Arrivo in una sorta di spogliatoio: non credevo che i professori avessero una specie di cabina doccia. Ritorno indietro sui miei passi, ma all'improvviso intravedo con la coda dell'occhio una figura imponente uscire dalla doccia. Quello non è affatto l'allenatore: non so cosa fare. Sarò forse entrata nella stanza sbagliata? Per evitare di essere catturata in flagrante, decido di nascondermi dietro al muro. Il cuore mi batte all'impazzata e l'adrenalina inizia a crescere sempre di più. Se mi scoprissero probabilmente mi darebbero una di quelle punizioni severe ma giuste, ma io non voglio e non oso immaginarlo. Chiudo gli occhi, in attesa e forse nella speranza che tutto questo finisca al più presto. D:- Kyla? Sussulto dallo spavento: Dave è per metà nudo, mentre l'altra metà è coperta da un asciugamano che gli avvolge la vita. I capelli bagnati gli ricadono leggermente sulla fronte, emanando delle goccioline d'acqua da tutti i pori e scendendo velocemente in prossimità del pavimento. Le mie guance iniziano ad arrossire, ma per fortuna lui non può notarlo dato che il trucco maschera tutto. K:- Dave... D:- Che ci fai qui? K:- Potrei farti la stessa domanda. D:- Una delle docce era rotta, quindi l'allenatore mi ha permesso di usare la sua. K:- E da quando l'allenatore ha una cabina doccia nel suo ufficio? D:- I vantaggi dell'insegnamento. K:- Capisco. Sai dove posso trovarlo? D:- In questo momento è insieme a quelli della mia squadra. K:- Perfetto. D:- Nello spogliatoio dei maschi. K:- Vuol dire che aspetterò fuori. D:- Non te lo consiglio. K:- E perché mai? D:- Le ragazze non possono avvicinarsi in quell'area. Se ti dovessero vedere, inizierebbero a comportarsi da idioti. K:- Perché forse sono degli idioti. Dave ride sotto i baffi. D:- Glielo dirò io. K:- Cosa? D:- Perché sei venuta? K:- Avevo da chiedere un permesso per domani. D:- Lo riferirò io all'allenatore. K:- Non credo sia possibile. D:- Tranquilla, fidati di me. La calma nella sua voce, il modo in cui gesticola e il suo sguardo mi infondono fiducia quindi faccio un segno di affermazione con il capo e mi dirigo verso l'uscita ma non appena sto per varcare la soglia, sento delle mani appoggiarsi sulle mie spalle. Mi giro e noto Dave intento a sistemarmi una ciocca di capelli. Sento lo stomaco andarmi in subbuglio e questo di certo non è un buon segno. D:- Non devi nascondere questi tagli. Dave mi sfila gli occhiali, passando poi un dito sopra la ferita ancora aperta. D:- Fa male? Annuisco. Mi prende poi delicatamente il braccio e mi rialza la manica della maglietta. D:- Non devi nascondere nemmeno questi lividi. Con il suo tocco riesco a sentire gli ematomi penetrare nella più eterna e invisibile profondità. D:- Non dovresti vergognarti di queste cicatrici. Dave mi accarezza dolcemente la pelle, facendo passare le sue morbide dita lungo il mio braccio. Una lacrima bagna la mia guancia destra. K:- Non... non voglio che vedano la mia sofferenza. Non è giusto. D:- E' invece giusto che tu prenda anche la sofferenza degli altri? K:- E' diverso. D:- Non è diverso. K:- Sono io a chiedere che il dolore degli altri sia condiviso con me così che tutto possa sembrare più leggero, ma quando si tratta di me è completamente l'opposto. Perché devo incasinare gli altri con i miei problemi? D:- Tu ti preoccupi troppo per le persone Kyla. Devi imparare ad amarti di più. Una fitta al cuore inizia a farsi sentire: so che quello che sta dicendo è vero, ma non riesco ad accettarlo. Sto provando a farlo da tempo, ma è tutto alquanto difficile. K:- E se lo volessi, ma non ci riuscissi pur provandoci in continuazione? D:- Vorrebbe dire che non ci stai provando abbastanza. Abbasso lo sguardo e rimango in silenzio, Dave copia i miei stessi movimenti avvicinando la sua fronte alla mia. Tutto questo fa ritornare la mia mente al momento in cui mi raccontò per la prima volta della sua famiglia e io promisi di conservare il suo segreto nel mio cuore, una nostalgia strana ma al contempo stupenda. D:- Sei sempre bellissima. Con o senza questi lividi. Una curva si forma sulle mie labbra. Dave con una mano afferra il mio mento, avvicinando la sua bocca alla mia. Sento il cuore in gola, il respiro farsi sempre più affannoso, le mani raggiungere una sudorazione eccessiva e diventare sempre più rossa dalla vergogna e dall'emozione. Le nostre labbra si incontrano all'unisono fino a formare una dolce e rilassante melodia. La vibrazione del telefono mi fa sobbalzare. Notifica messaggio da J:- Ti posso chiamare? Fammi sapere se alla fine hai deciso di inviare la domanda anche alla Boston University. Sono sicuro che ce la farai. ( faccina sorridente) Un senso di colpa inizia ad assalirmi: è Jonathan con cui dovrei stare in questo momento, non Dave. E' Jonathan che avrebbe dovuto toccare le mie labbra e non Dave. Mollo la presa e mi allontano con forza. D:- Che ti prende? K:- Non avremmo dovuto farlo. Dave mi guarda in segno di confusione, stampando poi un sorriso sul suo volto. K:- Abbiamo commesso un errore. D:- Perchè parli per entrambi? K:- Perché tu sei fidanzato con Vanessa e io ho una situazione simile con Jonathan. D:- Vanessa non è mai stata la mia ragazza. K:- Non mi interessano i dettagli della tua vita sessuale. Dave serra la mandibola e i pugni: è sicuramente arrabbiato in questo momento, ma avrebbe dovuto calcolarlo. K:- Per il bene di entrambi, facciamo finta che questo bacio non sia mai avvenuto. D:- Aspetta... K:- Era solo un momento di cedimento, mi hai colta vulnerabile e affamata di attenzioni. Tra me e te è finita da tempo. Lascio la stanza sentendomi una codarda: dapprima per aver mentito a me stessa e poi per aver mentito a Dave. Non credevo che lui potesse farmi ancora lo stesso effetto: l'ho sottovalutato e ora mi trovo nella confusione più totale. Spero che questa lezione ti sia da insegnamento: mai giocare con i propri sentimenti Kyla.

La scena si conclude con la canzone I'm a mess di Bebe Rexha.

The strength to stay alive- La forza di restare in vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora