Capitolo 26

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Non può essere Jonathan quello che ha appena abbandonato l'ospedale dov'è ricoverata Kate. Non può essere lui quello che l'ha appena guardata attraverso la lastra di vetro. Chiunque sia, chissà cosa voleva; chissà da quanto tempo era lì, ad osservare in silenzio. Strano che un dottore o un'infermiera non se ne siano accorti...
<<Fred>> dice Kate.
<<Mh?>>
<<Per te è possibile che Jonathan sia venuto a trovarmi di nascosto?>>
Il ragazzo alza le sopracciglia.
<<Qui? Adesso?>> chiede, confuso e scettico.
<<Sì>> conferma lei, aspettandosi una risposta negativa. Invece, Fred fa spallucce.
<<Può darsi>>
<<Davvero?>>
<<Be', certo... magari per farti un altro video da vendere in giro per la scuola.>>
<<Non sei divertente>>
<<Non volevo esserlo; lo penso sul serio>>.
I giorni scorrono lenti, e Kate comincia a chiedersi sempre più frequentemente quando la dimetteranno; vuole tornare a casa e chiudersi in camera sua, a rimuginare su tutto ciò che è successo dal primo dialogo avuto con Jonathan fino ad ora.
<<Dobbiamo toglierti i punti>> annuncia un'infermiera un pomeriggio, entrando nella stanza mentre Kate guarda svogliatamente la TV. Non si è mai sentita così annoiata in vita sua.
<<D'accordo>> dice, stupendosi del fatto che per quel taglio fossero serviti dei punti; d'altronde, avendo la benda a coprirle il polso, non ha mai potuto vedere la ferita.
<<Nel frattempo>> continua la giovane donna <<verrà uno psichiatra a parlare con te>>
"Cosa?!" si chiede Kate, sconcertata.
<<Uno psichiatra? Sta scherzando!>>
<<L'ha chiesto tua madre.>>
<<Non lo voglio>>
<<Mi dispiace, tesoro, ma sei minorenne; non puoi decidere tu>>
<<Non posso scegliere con chi parlare e con chi no?>>
<<Non in questo tipo di situazioni, non ancora>>
La ragazza sbuffa, incredula; come ha potuto Lola chiamarle uno psichiatra senza prima parlargliene? Normalmente non prende decisioni tanto importanti senza consultarla per vedere se è d'accordo.
Qualche attimo più tardi, un uomo sulla quarantina fa capolino nella stanza, una ventiquattrore stretta in una mano, gli occhiali da vista quadrati appoggiati su un naso perfettamente dritto, i capelli scuri e gli occhi castani. Ha proprio l'aspetto del classico dottore.
<<Buongiorno>> dice, riferendosi sia all'infermiera che sta togliendo i punti a Kate, sia a Kate stessa.
<<Salve>> saluta cordialmente la donna, distogliendo subito lo sguardo che torna a concentrarsi sul polso della ragazza; quest'ultima, al contrario di lei, osserva il dottore senza rispondere al saluto. Non vuole parlare con uno psichiatra, non ha niente da dire.
L'uomo prende una sedia e l'avvicina al letto su cui è sdraiata Kate; dopodiché appoggia la valigetta sul pavimento e si accomoda, le gambe accavallate.
<<Immagino che tu sia Kate>> dice, conoscendo già la risposta.
"Perspicace" pensa la ragazza, alzando un sopracciglio. Il dottore si schiarisce la voce e si sistema gli occhiali, forse un po' in imbarazzo. Strano che dia segni di nervosismo, dato che gli psichiatri solitamente sono abituati ad adolescenti difficili che non vogliono parlare con loro, o addirittura che li aggrediscono verbalmente.
<<Bene, ehm>> farfuglia, estraendo un bloc-notes e una penna nera dalla ventiquattrore. <<Ti spiace se ti chiedo qualcosa di te? Per conoscerti>>
"Sì, mi spiace" pensa Kate, arrabbiata con sua madre; non parlerà. Non con lui. Non con un maledetto psichiatra.
<<Quanti anni hai?>> continua l'uomo, ignorando il suo silenzio.
A questo Kate può rispondere.
<<Sedici>>
<<Sedici. Fai la terza superiore?>>
La ragazza annuisce.
<<Come ti trovi a scuola?>>
Kate avverte una spiacevole fitta all'altezza dello stomaco; no, a questo non risponderà. Non risponderà a nient'altro.
Quando per la prima volta, dopo essere stata dimessa, la ragazza cena finalmente a casa sua, Lola sembra piuttosto arrabbiata.
<<Voglio che continui a parlare con quel tizio>> dice; Kate smette di mangiare.
<<Lo psichiatra?>>
<<Esatto. È per il tuo bene, mica per farti un dispetto>>
La ragazza non risponde.
<<Senti,>> continua sua madre, tentando di suonare più calma e razionale <<mi ha detto come ti sei posta con lui mentre eri in ospedale. Sei con me o contro di me? Pensi di ottenere qualcosa stando zitta e non rispondendo alle sue domande?>>
Ora sta quasi gridando. Kate si irrigidisce.
<<Non trovo giusto che tu non ne abbia parlato con me, prima di chiamarlo. Tutto qua>>
<<Questo non giustifica il modo in cui ti sei comportata!>>
<<Mamma...>> tenta di calmarla Fred, ma inutilmente; Lola alza una mano nella sua direzione, ordinandogli di tacere.
<<No!>> sbraita <<Non interrompere, Fred. Sto cercando di aiutare tua sorella dopo che ha cercato di uccidersi, è il minimo che parli con uno psichiatra! Sai che potevo anche farti rinchiudere?>>
La ragazza inorridisce, incredula; il solo pensiero di finire chiusa in un altro ospedale -stavolta fra i matti- le fa passare del tutto la poca fame che aveva. Mette giù la forchetta e resta ad occhi bassi, in attesa che la donna si tranquillizzi e smetta di urlarle contro; non succede spesso.
<<Ma non l'ho fatto,>> conclude Lola, più calma <<perché contavo sul tuo buon senso, contavo che ti saresti fatta aiutare. Si tratta soltanto di rispondere ad alcune domande e seguire le istruzioni del dottore, tutto qua, non ti sto chiedendo molto.>>
Kate alza lo sguardo e incontra quello della madre; sa che l'ha fatto per amore, ma avrebbe dovuto parlargliene prima di decidere per conto proprio. Tuttavia, oramai ha poca importanza; lo farà per lei, e per la sua famiglia.
Fortunatamente, per qualche giorno le è concesso di stare a casa a riposarsi; magari così si calmeranno un po' le acque con Jonathan e Will -e il resto del liceo- e, quando tornerà, metà della gente si sarà dimenticata di lei e del video.
Almeno Kate lo spera.
Altrimenti mollerà la scuola. Non può sopportare altri due anni di scherno e prese in giro, specialmente riguardanti un argomento così personale ed intimo come quello di Jonathan -nonché della prima volta in cui ha fatto sesso-.
Il cellulare della ragazza, ormai, tace da troppo tempo; quasi quasi pensa di buttarlo. D'altronde non se ne fa niente.
Una sera, mentre si rilassa in camera sua, Kate torna a pensare a Jonathan, chiedendosi che effetto le faccia adesso che è già passato un po' di tempo da quando lui le ha riso in faccia, confessandole che la loro storia era tutta una finta, uno scherzo, un gioco; si sente ancora ferita, ma non come all'inizio. Certo, pensarci le fa male, ma ora prova soprattutto rabbia; una fortissima rabbia nei confronti del ragazzo.
E conclude, stupita di se stessa, che se solo lui provasse a tornare e a chiederle perdono lei gli sputerebbe addosso.
Sì... forse, finalmente, ne avrebbe la forza.

L'inganno dell'apparenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora