Capitolo 55

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L'ora scorre lenta e piena di pensieri fantasiosi; cosa potrà mai dirle quel bel visino del ragazzo con cui, per la prima volta nella sua vita, ha parlato prima, facendosi avanti con una spavalderia tanto atipica per una come Kate? Forse, finalmente, ha imparato ad infischiarsene di cosa pensa la gente di lei, se la crede sfacciata, brutta, sfigata o quant'altro. Lei è Kate, ha la sua vita, il suo migliore amico (oramai divenuto qualcosa di più), il suo ragazzo dall'identità attualmente sospetta e una famiglia sincera e dolce che la ama e si prende cura di lei più di chiunque altro al mondo e che lei si rende conto, il più delle volte, di non ricambiare a dovere. Punto. Lei è questo, e ne è felice. Più o meno. Ultimamente, le sue emozioni sono come una montagna russa vertiginosa ed irregolare, la quale talvolta la fa salire tanto in alto da toccare il cielo, talvolta la fa precipitare ad una velocità tale da toglierle del tutto il respiro e strapparle via con violenza le lacrime dagli occhi.
Invece di ascoltare il professore e la sua noiosa lezione, anonima come tutte le altre, Kate pensa a tutte queste cose e, in particolare, riflette su come sia cambiata la sua vita da quando Jonathan le ha chiesto in prestito, quello che sembrava tantissimo tempo addietro, il famigerato libro di storia. Da lì sono accaduti una serie di eventi concatenati l'uno all'altro che hanno completamente rovesciato la sua vita, l'hanno variata del tutto rispetto a com'era prima: si è innamorata sul serio, ha fatto l'amore per la prima volta con il suo unico lui ed è stato magico, ha vissuto un mare di avventure che mai, mai più scorderà; poi qualcosa è cambiato. Jonathan l'ha tradita, si è rivelato un falso, stupido approfittatore e manipolatore, d'accordo con il bullo Will fin dall'inizio, che non ha fatto altro che prendere in giro la povera illusa Kate; infine, dopo un lungo periodo buio, pareva essersi rimesso a posto, essersi pentito di tutto quanto, della sofferenza che le aveva causato, e affermava di non poter vivere senza di lei, che l'amore che aveva sviluppato durante quello che doveva essere un semplice scherzo era reale, un fuoriprogramma magari, ma reale quanto la vita stessa. E Kate gli aveva creduto, dopo un po'. Così tutto è ricominciato, più bello che mai. Nel frattempo, però, è spuntato Christian, l'eroe del momento, fragile, sincero, angelico e puro; e omosessuale. Completamente dell'altra sponda. Kate, in un primo istante, se ne è invaghita, ma quando ha saputo di questo suo aspetto, in un pomeriggio ricco di confessioni sui loro punti comuni -l'autolesionismo, le esperienze di solitudine e bullismo, eccetera-, ha cambiato totalmente punto di vista ed egli è diventato, col tempo, il suo migliore amico -com'è, all'incirca, tutt'ora-. La sua vita, insomma, ha preso una piega tanto avventurosa e piena di esperienze nuove quanto inaspettata. Fino a qualche mese fa, avrebbe giurato sulla sua stessa vita che nulla di questo sarebbe mai potuto succederle. E invece, eccola qua, consumata giorno e notte da sogni ed incubi riguardanti la moltitudine di persone meravigliose che le hanno improvvisamente invaso la vita, ingannandola sì, ma anche facendola sentire dannatamente speciale. Ora dubita che perfino la barbie bionda, ex fidanzata del belloccio Will, abbia mai provato le sensazioni che ha attraversato, sta attraversando e attraverserà Kate nel corso del tempo.
La cosa che va a rompere tutto questo, la cosa "intrusa", è la stranezza che ultimamente ha riempito le sue giornate. Eventi inspiegabili, come le telefonate misteriose in cui Christian passa ad essere Will e viceversa, gli incubi che sembrano realtà, gli scherzi fatti apparentemente solo per escludere il bullo dalle loro vite, Jonathan con un altro nome, Fred che si comporta in modo alquanto insolito, la casa vuota del suo ragazzo, il bacio con il suo migliore amico, fino a quel momento, indiscutibilmente gay, in concomitanza con la verità/bugia di Jonathan riguardo al bacio dato precedentemente ad un'altra ragazza... e tanto altro. E' quasi come se i tre ragazzi -Jonathan, Christian e Will-, pur non avendo nulla a che spartire l'uno con l'altro, si stiano confondendo fra loro nella testa di Kate. E questo non fa che incasinarle la mente.
Le bugie di Jonathan, di sicuro, non aiutano. Ora lei deve scoprire se Fred è stato sincero oppure no, ed eventualmente riaffrontare da capo quel presunto bugiardo dell'amore della sua vita.
"Una cosa alla volta, Kate, o finirai per impazzire davvero" si dice per calmarsi, dando circa un'occhiata per ogni secondo che passa all'orologio appeso in classe. La lancetta più lunga e sottile che scandisce i secondi sembra fermarsi spesso; figuriamoci quella dei minuti. Il tempo, in sostanza, non passa più, e Kate si sente sempre più nervosa ed impaziente.
Quando finalmente suona la campanella, senza esitazione, la ragazza afferra le proprie cose e corre spedita verso gli armadietti per depositarvele e recarsi immediatamente in sala pranzo, dove spera di trovare il ragazzo che dovrà spiegarle tutto. Lui sarà la chiave in grado di aprire la porta della verità e svelarla una volta per tutte. Se Jonathan le ha mentito, in fondo, non ci sarà nulla di strano; è già successo prima. Tuttavia, stavolta, non sa se potrà mai perdonargli una menzogna così grande. Se, invece, dovesse scoprire che è stato Fred e dirle una bugia tanto grossa, si sentirà talmente delusa da lui che non saprà neppure come affrontare la cosa.
Ma ci penserà quando saprà chi incolpare.
Una volta chiuso l'armadietto grigio e imbrattato di scritte oscene -presenti fin dalla prima superiore e ormai secche, incrostate e perciò incancellabili-, Kate spinge con forza la porta di vetro che dà sulla mensa scolastica. L'odore di cibi misti scadenti, sebbene fin troppo familiare, le provoca un senso di nausea e disagio, probabilmente perché già di suo ha paura della conversazione che sta per affrontare -oppure ha paura di non trovare nessuno e, quindi, di non poterla affrontare affatto-, ma, nonostante questo, avanza fra i tavoli già colmi di studenti, attenta a non incrociare sguardi poco rassicuranti che non appartengano al misterioso ragazzo -ancora anonimo- che sta cercando. In effetti, ora che ci pensa, avrebbe potuto chiedergli almeno il nome, così adesso saprebbe chi sta cercando, chi vuole trovare, e magari potrebbe farselo indicare da qualcuno. Qualcuno che non la guardi con sdegno e disprezzo, come la maggior parte dei compagni sta facendo in questo istante...
Ad un tratto, Kate si ferma esattamente in mezzo alla sala e, invece di camminare in mezzo ai tavoli con la costante paura che qualcuno le faccia lo sgambetto, inizia a scrutare ogni angolo della mensa, la speranza dapprima viva in lei che piano piano comincia a scemare.
"Non abbandonarmi, non abbandonarmi..." incita la speranza come fosse una persona dentro di sé.
"Kate, non arrenderti".
Cerca, cerca e cerca ancora. Gira gli occhi da una parte all'altra, da destra a sinistra e poi da vicino a lontano, si volta indietro e guarda addirittura attraverso il vetro, nel corridoio, sperando ardentemente di vederlo passare e potergli correre dietro. Impreca mentalmente contro la gente che non è di parola e fa dietrofront, decisa a scovarlo da un'altra parte.
Girerebbe l'intero liceo da cima a fondo, pur di riuscirci.
Improvvisamente, qualcuno batte delicatamente contro la sua schiena. Kate si volta e capisce subito che a toccarla è stato l'angolo di un vassoio. Un vassoio tenuto da...
<<Ehi...>>
...Christian. L'ultima persona che Kate vorrebbe vedere in questo istante. L'ultima che le occorre. Si sente un'egoista a pensarla così, ma non può proprio farne a meno; la questione dell'identità di Jonathan la consuma a tal punto da far addirittura passare in secondo piano il povero dolce Christian, insieme a tutte le sue ambiguità e, soprattutto, insieme al bacio che hanno condiviso soltanto il giorno prima, peraltro per volere della stessa Kate.
La ragazza, senza volerlo davvero, sbuffa e si volta a cercare il ragazzo scomparso, ignorando completamente il suo migliore amico.
<<Kate?>> la chiama lui, il tono di voce chiaramente confuso <<Va tutto bene?>>
<<Ahà.>> risponde lei, schiva.
<<Perché penso che tu mi stia ignorando?>>
<<Forse perché sto cercando una persona. E la cosa è piuttosto urgente>>
Kate si rende conto improvvisamente di star dando un'immagine di sé non molto carina, perciò decide di cambiare atteggiamento, nonostante il nervosismo e l'ansia che la stanno divorando ogni secondo di più. Si gira a guardare Christian negli occhi, gli mette una mano sulla spalla e gli dà un dolce bacio sulla guancia. Un paio di ragazzo seduti ad un tavolo accanto a dove sono loro fischia e grida qualcosa di sconcio nella loro direzione, ma nessuno dei due ci fa caso.
<<Scusa se mi comporto da stronza>> dice Kate a Christian, continuando nel frattempo a sperare che il ragazzo che ha chiamato Jonathan Caleb appaia dal nulla e le spieghi tutto quanto, togliendole ogni dubbio.
Christian sorride.
<<Ora sì che ti riconosco. Chi stai cercando? Sembra importante>>
<<Lo è infatti. Sto cercando un tizio, devo sapere una cosa da lui>>
<<Ah. Che cosa?>>
<<Nulla, una stupidaggine.>>
<<Non sembra proprio. Non mi hai appena confermato che si tratta di una cosa urgente?>>
<<Sì, è urgente che io lo trovi, ma la cosa di cui dobbiamo parlare è stupida>>
Christian, confuso, annuisce.
<<D'accordo...>>
Kate sa di averlo disorientato e riempito di dubbi, ma non sa proprio come spiegarglielo -non che lo voglia fare, inoltre-.
<<Senti, è complicato>> dice allora, sperando che questo sia sufficiente a levarselo dai piedi almeno per il momento. Ha bisogno di risolvere questa brutta situazione prima di riprendere a concentrarsi su di lui.
"Un problema alla volta" si ripete mentalmente, scandendo bene ogni singola parola nella sua testa.
<<Caleb. Caleb!>> ode Kate dietro di lei. Una voce che le sembra di riconoscere...
Si volta e capisce il perché: è Will ad aver gridato quel nome orrendo, inascoltabile, ostile, nemico. Si sente contorcere le budella alla sola vista di quel volto da bambolotto scolpito nella plastica o nella porcellana. Finto. Brutto. Sentirgli pronunciare quella parola non fa che peggiorare una sensazione di suo già impossibile da reggere.
<<Caleb, amico mio!>> continua il bullo, aprendo le braccia. Aprendo le braccia... verso chi?
Kate si volta nuovamente, stavolta verso la direzione opposta, e vede avvicinarsi...
Scuote freneticamente la testa, sconvolta.
"Non è possibile... non di nuovo, no!" urla dentro di sé, la rabbia e le lacrime fattesi ormai incontrollabili.
Will accoglie in una stretta tipicamente maschile uno strafottente, perfido, sorridente Jonathan.
O forse lo si dovrebbe chiamare Caleb?

L'inganno dell'apparenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora