Capitolo 28

225 11 0
                                    

Ma non trova nulla. Non un pezzo di plastica leggermente affilato, non una lametta usata buttata nel cestino, niente di niente. Non ha neanche un mazzo di chiavi a portata di mano. Kate lancia un ringhio di frustrazione e si graffia le braccia, fino a farsi uscire il sangue; il dolore le provoca una sensazione bella e brutta insieme. È come se fosse sia giusto che sbagliato. Continua a graffiarsi finché non ne ha abbastanza... finché non ricomincia a pensare lucidamente.
"Che diavolo sto facendo a me stessa?" si chiede, sconvolta, pensando con orrore a cosa sarebbe potuto accadere se solo avesse avuto un arnese più tagliente e pericoloso a disposizione; probabilmente sarebbe riuscita ad ammazzarsi, stavolta. Di certo ci avrebbe provato.
Alza le mani davanti al viso e si guarda le unghie: alcune sono leggermente rosse di sangue, altre hanno ancora incastrata la pelle che Kate ha raschiato via con tanta rabbia. Si sente un animale, una bestia; una pazza.
"Forse mamma doveva farmi rinchiudere sul serio. Sarei stata meglio" pensa, la rabbia che minaccia di rifarsi viva.
Dopo qualche minuto extra di riflessione, il tempo necessario per calmarsi un po', la ragazza si alza e apre la porta del gabinetto, ancora asciugandosi le lacrime con i palmi delle mani, sperando di non trovare nessuno fuori ad aspettarla silenziosamente. Caccia un urlo quando vede un ragazzo appoggiato al muro vicino all'uscita; Christian. Dunque non se n'era andato davvero...
<<Che ci fai ancora qui?>> chiede Kate, acida, mentre si avvia verso un lavandino per sciacquarsi il viso e bere un sorso d'acqua. Il ragazzo fa spallucce. Sembra davvero il vecchio Jonathan, a Kate quasi fa impressione.
<<Mi dispiaceva per te>>
<<Devi lasciarmi in pace>> ripete lei, chiudendo il rubinetto; dopodiché si reca a grandi passi verso l'uscita del bagno, ma un forte braccio le sbarra la strada, costringendola a fermarsi per non andarci a sbattere contro.
<<Io non conosco i tuoi problemi, né capisco il motivo per cui gli altri ti trattano così, ma non mi stupisco che tu non abbia amici; hai un pessimo carattere>>
<<E tu chi sei per giudicarmi?>>
<<L'unico fra i tanti che sta provando ad aiutarti>>
Kate esita.
<<Scusa, ma non mi interessa>>
<<Vuoi dirmi che non ti serve aiuto?>>
<<No, non mi serve. Ora sposta il braccio, per piacere>>
Il ragazzo obbedisce, senza staccarle gli occhi di dosso.
<<Tanto non sarai diverso da tutti gli altri>> aggiunge, andandosene definitivamente.
La rabbia e la delusione accompagnano Kate per tutta la giornata, durante ogni singola ora di lezione. Uscita dal bagno, si era convinta a prendere la bici e andarsene di nuovo al parco, ma non voleva fare la figura della codarda, così ha deciso di affrontare la mattinata fregandosene dei bisbigli sempre presenti alle sue spalle e delle dita puntate costantemente contro di lei. Mentre in classe, all'ultimo corso, non fanno che arrivarle palline di carta masticate e messaggi di minaccia, Kate, disgustata, si sforza di pensare a Fred; lui la difenderebbe, se fosse lì con lei, altrimenti le direbbe "la vita va avanti". La ragazza annuisce fra sé e sé, concordando quella frase... eppure non ne è così sicura. Sono le persone intorno a te a fare la tua felicità, perciò se queste non fanno che renderti ogni giornata un inferno, come puoi essere felice? Questo è il ragionamento di Kate.
"E se quelle stesse persone sparissero? Starei meglio?" si chiede, trovando la risposta piuttosto ovvia. "Dunque non è vero che sono loro a determinare la mia felicità" conclude, più sotto forma di quesito che di affermazione convinta.
Dopo scuola, la bici di Kate la porta automaticamente in un posto in cui non pensava avrebbe messo mai più piede: casa di Jonathan. Scende dalla sella e raggiunge la porta di entrata, il giornalino scolastico stretto in una mano e l'altra, a pugno, che batte sul legno duro con una rabbia ed un coraggio inaspettati. Mentre aspetta, la ragazza si chiede che fine abbia fatto la polizia. E l'indagine che quell'agente le aveva promesso?
<<Che ci fai qui?>>
La domanda di Jonathan è più sorpresa che infastidita. Kate, per tutta risposta, gli sventola il giornalino davanti, sbattendoglielo sul petto e costringendolo a tenerlo per non farlo cadere. Il ragazzo guarda il libriccino colorato, dopodiché sposta gli occhi di nuovo su Kate, senza capire.
<<Deve essere stato divertente raccontare all'intera scuola come mi sono tagliata le vene>>
A questo punto, Jonathan sembra realizzare; tuttavia, non pare affatto divertito.
<<È stata un'idea di Will>> si giustifica, serio.
<<Ah, certo. È sempre un'idea di Will. E tu sei il cagnolino che esegue i suoi ordini, giusto?>>
Il ragazzo tace, interdetto.
<<Non so chi di voi due sia peggio.>>
<<Kate...>>
<<No>>
La ragazza esita, facendo un passo indietro sulla veranda.
<<Mi disgusti>> dice infine, la faccia schifata; dopodiché alza i tacchi e lo lascia solo, ancora con il giornalino fra le mani.
Quando Kate raggiunge la bici, gli occhi umidi di lacrime e il cuore spezzato, si volta per vedere se Jonathan è ancora lì fermo; tuttavia, la porta è chiusa.
Qualcun altro, inaspettatamente, spunta da un angolo della casa, capelli neri spettinati e occhi trasparenti. Quegli occhi sono così penetranti che Kate quasi fatica a muoversi; è come se la ipnotizzassero, la costringessero a stare ferma, immobile... immobile a fissarli, come loro fissano lei. Fin troppo spesso, ultimamente.
Christian fa qualche passo avanti, lanciando uno sguardo preoccupato alla porta appena chiusa da Jonathan -probabilmente per assicurarsi che lui non sia ancora lì-, poi riprende a guardare Kate, la quale non sa come reagire a quella visita così inattesa.
<<Ancora tu?>>
<<Cosa accidenti credevi di fare?>>
<<Cosa...?>>
<<Andando a trovare Jonathan>>
<<Non ti riguarda>>
<<Continui solo a farti del male così>>
<<E tu che ne puoi sapere?>>
<<Ne so più di quanto credi, Kate>>
<<Come sai il mio nome? Anzi, non mi importa, solo smettila di seguirmi, mi stai dando sui nervi>>
<<E tu smettila di comportarti da bambina, o ti farai sempre più male>>
<<Non mi servono lezioni di vita da te>>
<<Ah, no?>> chiede il ragazzo, scettico, un sopracciglio alzato. Kate si arrabbia ancora di più.
<<Non trattarmi con sufficienza. So badare a me stessa>>
<<Infatti vedo come questa visita a Jonathan ti abbia provocato un bel sorriso sulla faccia. Non hai gli occhi lucidi, per niente...>>
La ragazza si affretta ad asciugarsi le lacrime che le bagnano gli occhi.
<<Non è il modo giusto di affrontare una situazione del genere, lo capisci?>>
Kate esita, dopodiché monta in sella e volta le spalle a Christian.
<<Sparisci>>
Detto questo, comincia a pedalare via da lui.
<<Voglio solo aiutarti>> le grida dietro il ragazzo, in un ultimo tentativo di farla fermare; ma Kate va avanti, determinata a non dare anche lui l'ennesima possibilità di prendersi gioco di lei e dei suoi sentimenti. Se questo succedesse ancora una volta, perderebbe per sempre la ragione.
Perciò accelera, accelera sempre di più, diretta verso l'unico posto in cui qualcuno sa amarla davvero: casa sua.

L'inganno dell'apparenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora