7. Qualcosa di speciale

531 31 10
                                    

-

Sentii il rombo del suo pick up e capii che Pedro era tornato a casa. Guardai l'orologio della cucina, mi accorsi che erano le 19 e il sole era in procinto di tramontare.

Quel giorno mi ero annoiata a morte. Ero sola in una casa che non era la mia.

Non sapevo se potevo accendere la televisione in salotto, se potevo stendermi sul divano o rubare uno dei libri che teneva ordinatamente riposto nella piccola libreria in salotto.

Non pensavo che lui fosse un lettore. Ero rimasta stupita nel vedere i grandi classici e i grandi scrittori tra quegli scaffali. L'idea che lui avesse la passione per la letteratura mi affascinò. Ero così curiosa di sapere quale fosse il suo autore preferito, il suo genere preferito, il libro che l'avesse emozionato di più e quale libro avesse odiato.

«Mel sono tornano!» mi avvisò lui e sentii la porta chiudersi improvvisamente. Io rimasi in cucina a giocare con le lunghe maniche della mia maglietta. Ero agitata perché non sapevo come avrebbe preso ciò che avevo combinato.

Attesi sempre più in tensione sentendo i passi farsi sempre più pesanti e rumorosi. Si stava avvicinando alla cucina. Si affacciò dalla porta e guardò stupito la tavola apparecchiata. Io sorrisi e lui entrò per guardare meglio.

«Hai fatto tutto questo da sola?»

Annuii semplicemente, non riuscendo a parlare. Quindi la mia sorpresa gli era piaciuta o no? Bella domanda Amelia, bella domanda...

«Quella zuppa sembra deliziosa! Vado un secondo in bagno e ti raggiungo»

Una volta allontanato feci un sospiro di sollievo, l'aveva presa bene quindi. Di nascosto assaggiai un po' della zuppa magica di pollo che mi aveva insegnato mamma. Alzai gli occhi al cielo concentrandomi sul sapore: il sale c'era, pepe? Quando bastava.

Sentii un profumo inconfondibile riempire tutta la stanza e così capii che era ritornato Pedro.

«Ho pensato che preparare la cena di oggi fosse il minimo, visto che mi ospiti per tutta la settimana» iniziai a conversare toccandomi il collo con fare agitato. Osservai l'uomo prendere un po' di zuppa e assaggiarla.

«Non c'è di che. La zuppa è davvero molto buona, io sono una frana a cucinare» disse con bocca piena di zuppa.

Quella scena mi fece ridere.

«Ti sei annoiata a stare sola tutto il giorno?» mi chiese ritornando di nuovo serio.

Scossi energicamente la testa. Non volevo ammettere di essermi annoiata a morte, mi sentivo troppo in colpa ad ammetterlo.
Però stare sola per diverse ore non mi stancava mai. Amavo la solitudine perché mi permetteva di essere in contatto con me stessa.

«Per me, la solitudine è come un rifugio. Quando sono sola, posso davvero essere me stessa, senza dover indossare maschere o preoccuparmi di cosa pensano gli altri» ammisi con calma.

Pedro annuì lentamente, riflettendo su ciò che avevo detto in precedenza. «Capisco, ma per molte persone la solitudine è una prigione, un luogo in cui si sentono abbandonati e persi»

«Ma perché?» chiesi, fortemente interessata. Più parlavo con Pedro e più volevo conoscerlo. «Non capisco perché la solitudine debba essere vista sempre in modo negativo...»

«La tua visione è molto matura per la tua età. Ma non tutti hanno la forza di affrontare la solitudine in modo costruttivo. Molti la temono perché li costringe a confrontarsi con le proprie paure e insicurezze»

«Tu non hai paura?» chiesi, inclinando leggermente la testa.

Pedro si fece silenzioso, meditando su cosa rispondere, poi iniziò a parlare in tono più profondo.

«La paura è inevitabile, Amelia. Anche io ho avuto momenti in cui la solitudine sembrava un abisso senza fine. Era strettamente connessa con la malinconia, un'ombra che mi seguiva ovunque andassi. Con il tempo, ho imparato a trasformarla in una fonte di forza. Ho capito che non dovevo farmi schiacciare dalle paure»

Io ero tesa come una corda di violino. In quel l'esatto momento mi accorsi di quanta sofferenza portasse nel cuore quell'uomo. Cosa gli era successo in passato? Perché si era trasferito qui? Da cosa stava fuggendo?

«È meglio se apro una bottiglia di vino» disse improvvisamente alzandosi. Io sobbalzai sentendo il rumore della sua sedia strisciare contro il pavimento.

«Com'è andata la giornata in centrale?» gli chiesi per cercare di cambiare argomento.

Poteva sembrare una domanda banale? Si, ma io non riuscivo a portare avanti una conversazione o iniziarne una nuova con le persone che mi piacevano. Ero terribile ad approcciare con un ragazzo, figuriamoci con un uomo fatto e finito!

Stappò la bottiglia e si versò un po' di liquido nel bicchiere. «Normale, forse un po' noiosa del solito. Abbiamo ricevuto una chiamata strana di una certa Rosie Pie, diceva di avere problemi con la televisione»

Scoppiai in una sonora risata. La vecchia Rosie Pie mi faceva morire, era la più anziana della città contava nel 102 anni. Era ancora una donna agile e mentalmente lucida, ma era una frana con la tecnologia.

«Rosie è la donna più dolce del pianeta, le dirò di chiamare me la prossima volta così non disturberà voi poliziotti»

«Questo non posso negarlo, ma alla fine è stato divertente sistemarle la televisione. Poi mi ha offerto un pezzo di pane appena sfornato...»

«Rosie allora ti ha preso sotto la sua ala!» esclamai sorridendo.

Lui sorrise sotto i baffi, continuando a sorseggiare il suo bicchiere di vino. Devo dire che quella bibita mi invogliava a sentirne un po', così la osservai con insistenza. Pedro capì al volo e mi porse il calice.

«Assaggialo se vuoi. Un solo sorso però, non di più. Non voglio farti ubriacare sotto la mia tutela»

Sogghignai. «Cosa direbbero i cittadini?»

«Meglio che non lo sappiano» disse con un ghigno e un tono sicuro.

Io presi in mano il bicchiere che era già a metà. Mi bloccai immediatamente. Avrei dovuto bere nello stesso bicchiere di Pedro, poggiare le labbra dove le aveva appoggiate lui. L'idea stranamente mi eccitò. Volevo sentire che sapore avessero le sue labbra fin quando non si fossero consumate del tutto.

«Che fai non assaggi?» la voce di Pedro mi riportò con i piedi per terra. Era stato un bene riportare l'attenzione sul momento. Più passavo del tempo con Pedro e più le mie stupide fantasie da ragazzina aumentavano sempre di più e diventavano sempre peggiori.

Poggiai le mie labbra nello stesso punto in cui si erano poggiate le sue poco tempo prima. C'era una piccola probabilità che lui se ne fosse accorto, meglio così. Lui mantenne fisso gli occhi su di me mentre io assaggiai un lungo sorso. Quel vino era buono, molto meglio di quelli che comprava mamma al supermercato.

«È buono»

«Vero? Lo produce mia sorella insieme al marito, loro hanno una piccola ditta nelle campagne»

«Forte! Ho sempre voluto abitare in campagna, la vita di città è spesso caotica!»

«Si, sono stato diversi giorni da mia sorella e li c'è la quiete che tanto cerchi»

«Dai un giorno mi presenterai tua sorella così mi porterai in campagna» ribattei scherzosamente.

«Potrei anche pensarci»

Era serio. Care lettrici potevo giurare che fosse serio. Non c'era nessuna punta di ironia in quella frase, nessun sorrisetto sghembo o strano luccichio negli occhi che poteva fregare la serietà di quella frase.

«Davvero?» chiesi e i miei occhi si illuminarono immediatamente. Chissà se sarebbe mai successo un giorno. Dubitavo... ma sperare non costava nulla a nessuno!

«Davvero davvero. Ora però è meglio se sistemiamo la cucina, si sta facendo tardi e domani prima di andare in centrale devo portarti a scuola»

Whiskey eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora