20. Lacrime salate

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Il cuore martellava mentre i suoi occhi vagavano sul mio corpo. Nonostante le temperature rigide di quella sera, io stavo prendendo fuoco sotto lo sguardo di Pedro. Gli occhi percorrevano un lungo tratto come una dolce carezza e per un attimo mi sentii bellissima.

Ero vicina a lui e con l'alcol che avevo in circolo gli presi il volto con le mani. Accarezzai la sua barba ispira mentre mi accorsi che Pedro era diventato rigido come una statua. Mi soffermai a guardare spudoratamente le labbra che tanto bramavo dal nostro primo incontro.

"Un solo assaggio" pensò la mia testa. "Prova a sentire la morbidezza delle sue labbra, il calore della sua lingua. Solo per un istante..." continuò a dire la mia mente.

Mi avvicinai e le mie labbra si appoggiarono sull'angolo della sua bocca. Sentii il suo sospiro rumoroso e si scostò velocemente da me.

«Non possiamo Mel, tutto questo è troppo perfino per me» mi disse scuotendo agitato la testa.
Il mio cuore si fece pesante e a stento riuscii a trattenere le lacrime.

«L'età è solo un numero Pedro!» biascicai.
«Solo nei romanzetti che ti ritrovi a leggere l'età è solo un numero» ribatté sprezzante, infastidito dal mio intervento. «E copriti, non puoi stare in intimo ti verrà un raffreddore con questo freddo!»

Scoppiai in una risata isterica e incrociai le braccia al petto.
«Certo certo, solo i libri che leggo io... ho visto che nella tua libreria c'è Jane Eyre. Inutile che ti ricordi quanti anni avevano di differenza Jane e il Rochester»

«È solo uno stupido libro Mel!»

«Se non mi vuoi potevi evitare di prendermi per il culo sin dall'inizio, io pensavo che provassi qualcosa per me» per poco non scoppiai a piangere e mi sedetti nel bordo del letto prima che le mie gambe mi abbandonassero.

«È troppo complicato Amelia, non possiamo e tutto questo non dovrà mai più ripetersi» concluse lui senza nemmeno guardarmi negli occhi.

Gli facevo così tanto schifo in quel momento?

Io non riuscì a dire nulla. Non volevo dire nulla. Volevo solo chiudere gli occhi e perdermi in un sonno profondo.

«Vai via» dissi guardando le punte dei miei piedi. Non volevo incontrare i suoi occhi grandi, non sarei riuscita a tenergli testa. Non ricevetti nessuna risposta, l'unica cosa che sentii furono i suoi passi allontanarsi dalla mia stanza.

Una volta sola, immersa nel buio le mie difese della mia mente si abbassarono e le preoccupazioni riempirono tutta la mia testa. Scoppiai in un pianto rumoroso. Non mi interessava affatto se Pedro riusciva a sentire il mio dolore.

Tra pianti e dolori la mia testa cedette al sonno. Fu una notte piuttosto movimentata. L'alcol che avevo in circolo non aiutava per niente la mia condizione. La mattina successiva mi alzai alle prime luci dell'alba e per fortuna Pedro era già andato a lavoro.

Quella settimana aveva il turno perfino nel weekend. Io ringrazia il cielo di non ritrovarmelo a circolare tra le stanze. Sola avevo modo di riflettere su quello che era accaduto.

Avevo paura di rivederlo. Era sicuramente incazzato e forse avrà avvisato anche i miei genitori.
Sperai tanto di no. Altrimenti loro non mi avrebbero fatto uscire per tre mesi, come minimo.

Accesi il telefono e venni inondata da messaggi di Stacy e Charlie.
"Scusami se sono scappata via, ma stava arrivando la polizia e ho reagito di istinto" aveva scritto Stacy.
"Tesoro dove sei finita? Non riuscivo più a trovarti!" aveva scritto Charlie.

Sbuffai infastidita. Mi avevano costretto ad andare a quella maledetta festa e poi mi avevano lasciata sola all'arrivo della polizia. Non si sono nemmeno degnate di aiutarmi. Quando il ragazzo ci avvisò dell'arrivo della polizia, entrammo subito in casa e cercammo di fuggire. Il problema era che avevo perso di vista tutti. Charlie, Erik, Axel erano come volati via e non ebbi il tempo di muovere un solo muscolo che mi ritrovai sparata in faccia la torcia dell'agente Cole.

Ero arrabbiata e delusa dal loro comportamento. Decisi di ignorare i messaggi, avevo altro per la testa di più importante.

Dovevo capire come mai avevo indosso questo orribile pigiama troppo largo. Capii ben presto che non era mio, il mio era stato messo nella cesta dei panni sporchi la sera prima. Avevo quindi in dosso il pigiama di Pedro.

Il respiro mi si mozzò al solo pensiero. Lui... lui mi aveva per caso svestita? Vista in intimo? L'idea dei suoi occhi sulla mia pelle scoperta mi riempirono di brividi piacevoli.

Non ricordavo nulla però. Sapevo solo che Pedro mi aveva scoperto ed era venuto a prendermi. Avevo immagini vaghe della serata ma niente di che. Il buio più assoluto.

Notai solo in quel momento un bicchiere pieno di acqua, un'aspirina e un post-it giallo in cui c'era scritto un messaggio lasciato dal padrone di casa.

"Con l'aspirina starai meglio per quando ritornerò e sarai pronta a spiegarmi perché sei scappata via nel cuore della notte"

Dovevo solo aspettare che Pedro rientrasse per affrontarlo, ma ero sicura che nemmeno le scuse sarebbero riuscite a controllare la sua ira.

Quando Pedro rincasò erano le otto passate di sera. Io avevo passato tutto il pomeriggio a mangiucchiarmi le unghie per l'agitazione e a camminare ininterrottamente per tutta la casa.

Sentendo il rumore della serratura mi presentai davanti alla porta d'ingresso con il magone alla gola. L'uomo dinanzi a me si tolte il cappello e il giubbotto fradici di pioggia senza degnarmi di uno sguardo.

Non disse nulla.
Non dissi nulla.

«Non essere arrabbiato con me ti prego» parlai per prima quando i suoi occhi rabbiosi incontrarono i miei.
«Non sono arrabbiato, sono deluso»

Era peggio di quanto pensassi...

«Lascia che ti spieghi quello che è succes...»
«Non voglio sentire nulla Amelia, ora prepara la valigia. Ho sentito i tuoi genitori qualche ora fa. A quest'ora saranno già atterrati» disse entrando in cucina per bere un bicchiere d'acqua.

No, no, no. Perché sta scappando da me? Perché si comporta in quel modo? Era davvero così tanto arrabbiato con me da non guardarmi nemmeno in faccia? La sola idea mi fece offuscare gli occhi. Cercai con tutta me stessa di non piangere, ma non ero immune alla sua indifferenza.

Io lo seguii e venni investita dal fumo della sigaretta che si era appena acceso.

«Ieri ho fatto qualcosa di sbagliato?» chiesi. Nella mia mente ritornarono ricordi confusi di noi due nella mia camera da letto, ma non riuscivo a ricordare ciò che ci eravamo detti.

«Più di una» rispose cercando di calmarsi assaporando la nicotina della sigaretta.

Per la prima volta in vita mia non mi sentii mai sbagliata come in quel momento. Mi ero resa ridicola ai suoi occhi, ero sicura che per lui ero solo una ragazzina sciocca, una scocciatura da badare come se fossi una bambina.
Piena di sensi di colpa uscii senza aggiungere altro e andai a preparare la mia valigia.

Finalmente sarei tornata a casa e chissà se  avrei rivisto ancora queste quadro mura.

Whiskey eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora