38. Guardare ma non toccare

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Il suono della prima campanella solitamente era un avvertimento per recarsi subito nelle rispettive aule. Quella mattina però gli studenti dovevano recarsi in palestra prima delle lezioni giornaliere.

Tornare a scuola, non era stato affatto semplice.  Per giorni avevo riflettuto e mi ero chiesta come sarebbe stato il mio rientro. La nottata precedente l'avevo passata in bianco, la mia mente non smetteva di vagare in pensieri negativi e incessanti. Mi ero fatta forza e a passo terribilmente lento ero entrata a scuola. La voglia di lottare contro i miei mostri era più forte. Erik era rimasto nella mia mente per troppo tempo, non volevo che continuasse ad avere tutto quel potere su di me.

Dovevo lasciarlo andare e lui doveva lasciare andare me.

Guardavo il volto di studenti sorridenti e mi chiesi se quello che avevo passato io, era stato lo stesso anche per loro, perché li sembrava non fosse mai accaduto nulla. Mentre nella mia mente riuscivo a ricordare perfettamente tutto quello che era successo. A passo pesante mi recai insieme a Stacy e Charlie nella palestra scolastica. Quella mattina si sarebbe tenuta un'assemblea di istituto per dare il benvenuto a tutti gli studenti della scuola e per riflettere sulla tragedia che era accaduta ormai un mese prima.

Presi posto tra le due ragazze che continuavano a parlare e attesi silenziosa l'inizio dell'assemblea. Per trascorrere il tempo giocherellai con l'anello che portavo sull'indice sinistro.

«Uno, due, tre... prova. Ci siamo tutti? Perfetto allora possiamo iniziare» parlò il preside portando immediatamente tutta l'attenzione degli studenti su di sé. Si trovava al centro della palestra, dava le spalle a tutti i professori seduti a schiera. Notai che aveva il braccio destro fasciato. Anche il preside non ne era uscito indenne dall'incidente.

«Cari ragazze e ragazzi, ho riflettuto molto su come affrontare questo argomento spinoso e per alcuni delicato...» iniziò a parlare, ma la mia attenzione calò immediatamente quando Charlie mi diede un colpetto con il suo ginocchio contro la mia gamba.

«Rilassati. So che questo argomento è come una ferita aperta, ma il monologo del preside non durerà per più di cinque minuti»
Smisi di giocherellare con l'anello e alzai le spalle al cielo. «Non vorrei nemmeno essere in questa scuola, eppure sono qui»

«Allora cambiamo argomento» sussurrò Stacy inserendosi nella conversazione.

Charlie si illuminò all'istante: «Hai comprato il vestito per il tuo compleanno?»

Scossi la testa in segno di no. Non l'avrei fatto. Pensavo di guardare cosa avevo dentro l'armadio, infondo ciò che sarebbe contato quella sera era la mia presenza.

«Come no, il tuo compleanno è fra cinque giorni!» esclamò Stacy quasi ferita nell'animo. La mia amica aveva uno spiccato talento per la moda e l'arte.
«No amica qua dobbiamo rimediare, appena usciamo da qui andiamo a comprare un bel vestito per la serata» disse Charlie.
Stacy s'imbronciò all'istante. «Non posso, devo badare i bambini della signora Colbert oggi»

La mia attenzione venne di nuovo catturata dal preside. Ecco, sembrava aver finito finalmente.

«Un ultima cosa ragazzi...» disse il preside iniziando a puntare lo sguardo su tutta la tribuna dove gli studenti erano seduti. «Se qualcuno avvista Erik Johnson o qualcuno di molto simile è pregato di avvisare la polizia»

In palestra il silenzio tombale venne spazzato via dal vociferare di studenti.
Io ingoiai a fatica la saliva sentendo pronunciare a d'alta voce il nome di Erik. Charlie capì immediatamente il mio disagio e mi strinse forte la mano. Dovevo uscire da quel posto.

Erik non era ancora stato trovato, ecco perché mi sentivo ancora in pericolo e perennemente sotto osservazione. Pensavo seriamente che non sarei mai ritornata come un tempo se non avessi chiuso in un cassetto i miei fantasmi del passato. Erik era uno dei miei fantasmi ancora vagante, doveva solo essere trovato e rinchiuso in una cella vuota e gelida.

Pedro non mi aveva più parlato delle indagini, forse perché non voleva spaventarmi o forse perché si trattava di segreto professionale. Una cosa era certa però, non smettevano di cercare Erik Johnson e Pedro non si sarebbe mai fermato.

«Ora con calma, ordine e silenzio potete tornare nelle vostre aule. Vi auguro una buona giornata a tutti» ci salutò e si fermò a parlare con alcuni docenti.

Il resto della giornata trascorse senza troppi intoppi. Dopo le insistenti richieste di Charlie, andai con lei a prendere il mio vestito del compleanno. Arrivate al centro commerciale, vagammo in lungo e in largo in cerca di quel maledetto vestito. Pensavo che la scelta di un abito fosse semplice, ma in verità era tutto il contrario!

Avevo provato abiti di ogni genere e colore, ma o erano troppo corti, o troppo scollati, o troppo esuberanti, oppure non c'erano le taglie. Alla fine il mio occhio venne colpito da un bellissimo vestito di seta lungo, semplice ed elegante. Era quello giusto e così lo comprai. Finalmente avevo posto fine a quella sofferenza. Ero talmente pigra da non voler nemmeno provare i vestiti!

«Aspettami qui, vado a prendere le sigarette» mi avvisò Charlie che scomparve alle mie spalle in pochi secondi. Proprio di fronte alla tabaccheria vidi un negozio di indumenti intimi. Ammirai la bellezza dell'intimo di pizzo lilla in esposizione, immaginando come sarebbe potuto stare indosso a me. Per poco non mi derisi da sola, mi sembravo così stupida a voler desiderare quel completo perché ero convinta che non mi sarebbe mai stato bene indosso.

«Entriamo avanti!» disse Charlie prendendomi a braccetto. Per poco non mi spaventai!

«Cosa? No!» esclamai granando gli occhi dall'imbarazzo. Mi maledissi da sola, perché mi ero messa a guardare questa vetrina? Era meglio se guardavo la vetrina del negozio affianco...

«Andiamo» sghignazzò dandomi delle leggere spallate scherzose. Stavo iniziando seriamente ad odiare la mia migliore amica.  «Dovrai comprare un bel completino sexy. Immagino che quella sera tu e Pedro festeggerete a modo vostro...» continuò con fare allusivo. Forse troppo allusivo, tanto da farmi sentire a disagio.

Arrossii violentemente. «Che stai blaterando?»

Chiarlie mi guardò con la nocca aperta in una grande O di stupore. «Mi vuoi dire che tu e Pedro non avete ancora fatto sesso?»

Scossi la testa per negare. C'erano state diverse occasioni, ma alla fine non eravamo mai andati oltre a semplici baci. Pedro era sempre così rispettoso nei miei confronti che a volte aveva quasi paura di sfiorare la mia pelle sotto la maglietta. Ogni volta lo rassicuravo che andava tutto bene, lui poteva fare di me quello che voleva.

«No, Pedro è così rispettoso con me» le risposi. «Chapeau Pedro» disse e io scoppiai a ridere.

«Noi entriamo lo stesso e prendiamo quel bellissimo completino lilla. Faremo una sorpresa a Pedro, in ogni caso, se non può toccare almeno gli è concesso guardare?» chiese con un sorriso a trentadue denti e io non potei far altro che scoppiare a ridere.

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