21. Sensazione famigliare

445 28 7
                                    

-

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

-

Finalmente ero tornata a casa mia, nella mia camera e nella mia tranquillità. Tranquillità per modo di dire poiché mamma era come un tornado. Dava ordini come una bacchettona. "Amelia fai la lavatrice, Amelia spolvera la tua camera, Amelia vai a sistemare il giardino sul retro perché l'erba è cresciuta troppo!"

Io dovevo per forza stare agli ordini, altrimenti chi gestiva più mia madre arrabbiata? Assolutamente nessuno, nemmeno mio padre che per tutto il tempo se ne stava seduto nel suo studio a leggere il giornale. Quando finalmente avevo terminato l'infinità di lavori che mamma mi aveva dato, mi chiusi nella mia stanza e nella mia testa ritornò un solo pensiero che riusciva a farmi evadere dalla vita monotona che stavo conducendo: Pedro.

Pedro che però era troppo indaffarato con il lavoro. Pedro che era troppo preso tra i suoi pensieri turbolenti per pensare a me. Pedro che era troppo grande per volere qualcosa da me.

Pedro che era inspiegabilmente cambiato da quel venerdì sera. Nella mia testa cercavo di ricorsteuire la realtà dei fatti, ma l'alcol aveva azzerato i miei ricordi. Questo mi fece paura, l'idea di non avere nessun ricordo di diverse ore mi spaventava terribilmente.

Ero arrivata però ad un bivio. Dimenticavo e andavo avanti oppure potevo andare da Pedro e cercare spiegazioni. Poteva sembrare la via più semplice scegliere la prima opzione, ma io non avevo mai amato le strade semplici. Per quanto semplici potevano essere.

E poi l'idea di sentire di nuovo il calore della sua voce, di guardare il sorriso luminoso che emanavano i suoi occhi, mi faceva sentire una strana scarica di adrenalina.

La felicità che provavo stando vicino a lui era terribilmente spaventosa e bella allo stesso tempo. Provavo timore perché avevo sempre voluto essere una ragazza emotivamente indipendente, ambivo a trovare la felicità stando da sola.

Senza rifletterci uscii su due piedi di casa. Fortunatamente ero sola quel giorno a casa, altrimenti i miei mi avrebbero sottoposta al classico interrogatorio dei genitori.

"Dove vai? Con chi esci? Perché esci a quest'ora?"

A quell'ora sicuramente Pedro doveva trovarsi in centrale per lavoro. Pregai con tutta me stessa che fosse nel suo ufficio e non in giro per la città.

«Ciao Lu avrei bisogno di parlare con il signor Pascal» dissi alla segretaria. Era una vecchia signora ancora arzilla e mentalmente lucida. Si chiamava Lucy e di andare in pensione non ne voleva proprio sapere! Tutti la conoscevano in città per la sua abilità nel preparare le lasagne, infatti la donna era di origini italiane da parte della madre.

«Piccola Amely da quanto tempo non ti vedo? Sei diventata una giovane donna! Se cerchi Pedro lo trovi nel suo ufficio, terza porta a destra»

La salutai con un sorriso a trentadue denti e andai verso l'ufficio di Pedro. Più avanzavo e più il mio cuore batteva, il respiro si faceva tremante. Bussai debolmente e non appena ricevetti una risposta entrai.

L'uomo era seduto alla scrivania, ad illuminare il suo volto era la piccola lampada appoggiata su di essa. Attesi che Pedro alzasse la testa e accorgersi della mia presenza.

Quando alzò la testa per fissarmi si bloccò di colpo, paralizzato alla mia vista lasciò andare un mucchio di fascicoli e si alzò venendomi in contro.

«Che cosa ci fai tu qui?» disse duramente senza nemmeno fissarmi. Il tono, lo sguardo, l'atteggiamento così distante mi ferivano e non ne comprendevo il motivo.

«Sono venuta a chiedere spiegazioni»
«Che genere di spiegazioni?» disse dandomi le spalle e fissare un punto lontano fuori dalla finestra. Stava per caso cercando di ignorarmi?
Presi coraggio e mi posizionai davanti a lui, la nostra vicinanza mi provocò un improvviso calore.
Guardai i suoi occhi senza riuscire a scorgere particolari emoziono, ma intravidi uno strano luccichio che mi riportò a una sensazione famigliare.

Il battito del cuore per poco non cessò quando ripresi a ricordare gli avvertimenti di quel venerdì. Eravamo nella stessa posizione, stessa vicinanza, stessi cuori che battevano all'unisono.

«So che lo volevi anche tu» sussurrai cercando di non abbassare lo sguardo. Fissai l'uomo portarsi una mano in volto con fare agitato. Sapevo cosa stava pensando, che il desiderio che provavamo entrambi era sbagliato.

«Tu, tu capisci quanto sia tremendamente sbagliato provare così tanta attrazione per una ragazzina?»

Abbassai lo sguardo non riuscendo ad incontrare i suoi grandi occhioni scuri.

«Rispondi» disse lui duramente.

«Non vedo quale sia il problema» risposi scrollando le spalle. In realtà lo sapevo, lo sapevo benissimo ma non volevo pensarci. Avevo già troppi problemi a cui pensare e tra questi non era nella lista quello di un piacere proibito.

«Vedi? Questo è il problema, tu prendi tutto per gioco. Qui se scoprissero che provo qualcosa per te mi guarderebbero schifati e cambierebbero strada piuttosto che incontrarmi!»

«Hai paura di ciò che pensa la gente, tu invece cosa pensi?» lo sfidai avvicinandomi ancora di più al suo corpo.

«Non mi freghi in questo modo Mel, ricordati che sono nato molto prima di te»

Ingoiai rumorosamente la saliva. Non mi aspettavo una risposta del genere.

«Ti prego Pedro...» lo supplicai sentendo i nostri respiri unirsi. Ero così vicina alle sue labbra che ero quasi in grado di sfiorarle. Avrei tanto voluto assaggiarle, morderle, succhiarle fin quando non si sarebbero consumate.

Lui non si allontanò da me, ma sembrò riflettere sulle mie parole. Ti prego, Pedro, ascolta il tuo cuore! Avrei tanto voluto dirglielo ma là mia voce sembrava bloccata dall'emozione.

«Esci immediatamente dal mio ufficio, devo lavorare» sibilò improvvisamente trafiggendo così il mio cuore con mille frecce.

«No aspetta ti prego parliamone...»

«Mel non rendere questo più difficile di quello che è». Lui poggiò delicatamente una mano sulla mia schiena e con leggera pressione mi spinse verso la porta d'uscita, cercai di porre resistenza ma lui era più forte di me. Non poteva fuggire, non poteva comportarsi in quel modo. Sapevo che lui provava qualcosa per me, doveva essere pronto ad affrontarlo con me.

Fuori dall'ufficio ad aspettare c'era Nancy Murphy, nella sua forma più smagliante, nel suo completo elegante salutò Pedro con un sorriso. Sorriso che scomparse dal suo volto nel vedermi con lui.

«Ho interrotto qualcosa Pedro?» chiese Nancy mentre tra le mani teneva la sua costosissima borsa di Prada.
«No, assolutamente. Se aspetti due minuti prendo le mie cose e sono subito da te»

Subito capii che avevano un appuntamento in serata. Per fortuna che il signorino doveva lavorare... era solo una scusa per farmi andare via.

Mi sentii profondamente delusa e presa in giro. A che gioco stava giocando Pedro? Per qual motivo si comportava così? Una spiegazione c'era, non potevamo stare insieme. Eravamo troppo diversi, il divario di età era troppo grande, nessuno avrebbe approvato. Persino lui reprimeva con disgusto i suoi sentimenti.

«Oh capisco... vado via allora» dissi e senza aggiungere altro scappai.

Whiskey eyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora