35. Leggi infrante

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Pedro si tolse il cappotto pesante e lo appoggiò sulla sedia vicino al mio letto. Era ancora in divisa, doveva essere corso qui non appena terminato il suo turno in centrale.

Si mise seduto ma non parlò, mi osservò e basta. Io nel frattempo lottai con me stessa, avevo l'impulso di alzarmi, corrergli addosso e stringerlo forte a me. Mi era mancato così tanto... però ero sveglia solamente da poche ore e non avevo di certo le forze per fare tutto ciò. Mi limitai quindi a stringere la sua mano nella mia.

Quel contatto mi bastò per sentirmi sollevata.
«Temevo di averti persa» iniziò a parlare lui con un tono di voce diverso dal solito.

Abbassai lo sguardo arrossendo. Prima di trovarmi su un letto di ospedale, la situazione tra me e Pedro era cambiata drasticamente, ma ancora non mi ero abituata del tutto alle sue attenzioni.

«Non mi hai mai persa, sono sempre stata qui» lo rassicurai incominciando ad accarezzare con il pollice il dorso della sua mano. Lui si allungò verso di me per posarmi un caldo bacio sulla fronte e io sospirai sentendomi finalmente a casa.

Pedro aveva il potere di rendermi felice con pochi e piccoli gesti.

«Le cose in città sono cambiate dopo l'incidente a scuola. Siamo ancora cercando Erik Johnson ma di lui nessuna traccia al momento. Non è da escludersi l'ipotesi che si sia tolto la vita» mi avvisò e il mio corpo smise per un secondo di alimentarsi con l'ossigeno.

Ero ancora molto spaventata e il ricordo di lui era ancora vivido nella mia mente. Chissà dove si era nascosto così allungo per non essere ancora stato intercettato oppure, come pensavano gli agenti di polizia, si era veramente tolto la vita.

Pazzo com'era non era da escludere l'ipotesi. In caso contrario io speravo solo che morisse dentro una cella senza avere contatti con il mondo esterno.

Era il minimo per alleviare il mio dolore, ma soprattutto per alleviare il dolore di tutti i cittadini in città.

«Come... come è possibile? Dov'è finito? Lui non deve sapere che mi sono svegliata, farà di tutto per uccidermi...» incominciai a parlare senza sosta spaventata, era chiaro che Erik era per me una ferita ancora aperta.

Pedro mi strinse fra le braccia iniziando a cullarmi per calmarmi.

«Ascoltami bene Mel, io non permetterò mai a qualcuno di farti del male. L'ho permesso una volta, ma giuro davanti a Dio che non succederà più» mi rispose con voce decisa.

«E se lui venisse qui in ospedale? Sono per la maggior parte del tempo da sola...»  tentai di dire, ma venni immediatamente bloccata dalla sua voce ferma e calma.

«Mi sono accordato con i tuoi genitori. Di giorno ti terranno compagnia mentre di notte ci sarò io a sorvegliarti»

«Questo significa infrangere le regole dell'ospedale lo sai? Gli orari di visita sono permessi solo al pomeriggio»

«Non sto infrangendo le regole, le ho solo modificate un pochino. Uno dei tanti vantaggi nell'essere sceriffo della città» mi rispose con un sorriso sghembo che mi fece scoppiare a ridere.

Abbassai lo sguardo con ancora il sorriso in volto, iniziai a giocherellare con le dita e pensai che forse quello che provavo per Pedro era più che una piccola cotta.

«A che pensi?» mi chiese prendendomi il mento fra le dita, in modo da incrociare i nostri sguardi.

«A te e a tutto quello che stai facendo per me» sibilai a bassa voce imbarazzata. Era tutto così nuovo per me, non ero abituata ad esprimere le mie emozioni.

«Mel tu sei importante per me, farei di tutto per te» mi confessò e io non riuscì più a trattenermi, mi allungai verso di lui cercando di ignorare il dolore fisico e unì le mie labbra alle sue.

Erano calde, soffici, buone. Proprio come le ricordavo. Pedro posò la sua mano sulla mia guancia pronto per approfondire il bacio. Sentendolo sorridere sulle mie labbra mi uscì un sospiro di piacere mentre un miscuglio di emozioni s'impossessarono di me.

Ci staccammo in assenza di ossigeno, ma se fosse stato per me avrei continuato ad assaggiare le sue labbra fino allo sfinimento.

«Avanti ora prova a riposare un po'» disse Pedro rimboccandomi le coperte. «Io rimarrò qui a proteggerti» continuò lui questa volta alzandosi per andare a spegnere la luce.

Mi risistemai meglio nel letto sentendomi con il cuore più leggero. Mi addormentai senza problemi cullata dal respiro profondo di Pedro.
Il mio sonno però venne interrotto nel cuore della notte dalla suoneria del mio telefono.

Borbottai qualche imprecazione sotto voce perché mi ricordai che, a pochi passi da me c'era, Pedro che dormiva teneramente seduto sulla poltrona. Mi sentii quasi in colpa per quello. Sapevo che il giorno successivo avrebbe trascorso l'intera giornata in centrale e non era un bene dormire in una scomoda poltrona di un'ospedale.

Il telefono continuò a squillare. Chi diavolo mi chiamava alle due di mattina? Senza nemmeno guardare chi fosse accettai la chiamata.

«Pronto chi parla?» sussurrai con voce impastata dal sonno. Dall'altra parte del telefono non sentii nulla. Allontanai il telefono dall'orecchio per guardare se non fosse caduta la linea, ma non fu così. Riportai il telefono vicino all'orecchio un po' interdetta.

«Se ha qualcosa da dirmi si sbrighi perché non ho altro tempo da perdere» continuai a dire agitata.

In risposta sentii solo il respiro lento e regolare di colui che aveva fatto partire la chiamata. Corrucciai la fronte disorientata e impaurita. Possibile che nessuno parlava dall'altra parte del telefono?

«Chi sei?» domandai. In tutta risposta la chiamata si interruppe e subito capii di chi si trattasse. Poteva essere solo una persona capace di fare così.

La stanza prese a girare vorticosamente su sé stessa, sentii improvvisamente un forte dolore al petto e l'aria cominciò a scarseggiare nei polmoni. Avevo bisogno di aria perché a far partire quella chiamata non era stato uno sconosciuto.

«Mel... Mel che succede?» mi chiese Pedro ancora un po' assonnato. Mi accorsi solo in quel momento di star piangendo così talmente tanto forte che probabilmente ero riuscita a svegliare l'intero reparto ospedaliero.

«Ti prego non lasciarmi sola!» esclamai tra le lacrime mentre Pedro mi strinse nuovamente tra le sue braccia.

«Cosa è successo?» chiese all'armato.

«Mi ha chiamato Erik con un numero sconosciuto. È ancora vivo e sono sicura che farà di tutto per farmela pagare»

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